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Ma voi i polli li mangiate ancora?

Ascoli Piceno | La sindrome da influenza aviaria è giunta anche ad Ascoli

di Anna Laura Biagini

La sindrome da influenza aviaria è giunta anche nella nostra città. Una psicosi che ha investito per ora, solo l’Italia, ma sufficiente a trascinare il settore dell’allevamento avicolo, all’orlo del fallimento. L'arrivo del virus in Italia, ha amplificato gli effetti di una tendenza già iniziata dalla scorsa estate, che in questi ultimi 2 giorni, ha registrato un calo dei consumi del 70%. Il dato è della Fedagri-Confcooperative, ente che raduna le aziende più rappresentative del settore avicolo.

Dati allarmanti anche quelli della Confederazione italiana agricoltori (Cia), che segnala una perdita giornaliera per le aziende, di 6 milioni di euro. Per un totale fin’ora, di 650 milioni di euro persi, con effetti devastanti nel settore. Non sembrano bastare le conferme di sicurezza degli allevamenti italiani, dove i controlli sono sempre rigidi. Tra cui in particolare l’invito della stessa Cia, a consumare i polli made in Piceno, sicuri e garantiti.

Ma la diffidenza cresce. I più danneggiati sono gli allevamenti rurali e biologici, che costituiscono più del 10% della produzione di pollame in Italia e che ora rischiano di chiudere entro breve tempo. Intanto per l'intera occupazione del settore, in cui sono impiegate 180.000 persone, è inevitabile un tragico dimezzamento del personale, dopo le prime 30.000 persone in cassa integrazione a gennaio. Si attendono in tanto risposte dall’Unione Europea, affinché vengano sbloccate le misure a sostegno del comparto.

I dati indicano che in Italia il prezzo delle carni avicole, è sceso da 1,5 a 0,90 euro. Eppure 8 italiani su 10 ne evitano l’acquisto. Una indagine ad Ascoli, svolta consultando commercianti e consumatori, conferma i dati, ma con strane risposte tra i secondi, che evidenziano una conoscenza confusa della situazione. Su 10 consumatori intervistati, tutti hanno modificato le proprie abitudini alimentari, ma verso strade diverse. C’è chi evita di consumare qualsiasi tipo di pollame, chi acquista solo uova e carne non allevata a terra, chi molto sventatamente, continua a fidarsi solo di polli acquistati da allevatori di fiducia, nelle campagne limitrofe.

“Inutile spiegare ai clienti”, confida un macellaio del centro, “che sono più pericolosi gli animali allevati senza controlli. Sono all’aperto e il più attento contadino, non potrà mai ad essere sicuro dei propri polli”. Ma lui ed altri colleghi interpellati, confermano tutti un calo di vendite del 50% in pochi giorni, già avvenuto seppur lieve, dall’inizio dell’epidemia. “Compro solo polli italiani certificati”, racconta un altro commerciante, “ma le vendite sono minime da mesi. La vendita al dettaglio non ne risentirà, ma mi dispiace per gli allevatori, che stanno subendo un duro colpo”.

Tranquillo anche un terzo macellaio, che ricorda sorridendo il 1997, “quando ci fu la mucca pazza, poi si ammalarono i maiali, di nuovo i polli alla diossina. La gente non capisce, che non basta eliminare un prodotto per un periodo, per evitare le malattie, ma conducendo una vita sana sempre. Non sono certo i nostri prodotti italiani ad essere pericolosi”. La paura quindi è ingiustificata, tanto più che le carni nostrane sono tracciabili grazie alle etichette Made in Italy, vanto della nostra sicurezza alimentare in tutta l’Unione Europea. Basterà stare attenti a poche precauzioni come non toccare volatili morti, tenere coperti eventuali allevamenti casalinghi, cuocere bene carne e uova perché il virus non sopravvive ad alte temperature.

La Commissione Ue non ritiene nemmeno necessario per ora imporre a livello europeo, un bando della caccia sui territori nazionali e lascia agli Stati membri, anche la scelta delle zone a rischio, in cui limitare o impedire i contatti tra il pollame vivo e gli uccelli selvatici. I veterinari Ue consigliano tuttavia ai cacciatori il rispetto misure di igiene mentre toccano la selvaggina, specie se a contatto con uccelli migratori. Qualche consiglio anche per i turisti, Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) ha incluso la Turchia nella lista di paesi nei quali si consiglia ai viaggiatori di agire con cautela e che comprende anche il Vietnam, la Tailandia, la Cambogia, l'Indonesia, il Laos, la Cina, il Kazakihstan, la Mongolia e il territorio della Federazione russa ad est dei Monti Urali.

16/02/2006





        
  



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