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TV:Mezzo secolo del Telegiornale

| "Sono passati cinquant'anni, e sembra ieri".

di Tonino Armata

Insieme al compleanno della Rai dovremmo celebrare anche i cinquant'anni del telegiornale.
Il telegiornale era a Milano (me lo ricordo come fosse ieri - abitavo vicino ai navigli di Porta Ticinese), in un locale vicino a Viale Sempione, preso in affitto da un negozio di abbigliamento. Ed erano gli annunciatori a leggere le notizie.

Però siamo un po' in ritardo, perché il telegiornale compie, a essere precisi, 51 anni, tre mesi e 24 giorni. Il mezzo secolo lo ha superato da più di un anno, anche se nessuno ha stappato lo spumante: il primo tg sperimentale, diretto da Vittorio Veltroni, andò, infatti, in onda alle 21 del 10 settembre 1952, ovvero sedici mesi prima che la Rai cominciasse la sua programmazione regolare. Quella sera, il telegiornale mostrò ai telespettatori (pochissimi) le immagini della regata storica di Venezia, dei funerali del conte Sforza, della campagna elettorale negli Stati Uniti, di una corrida portoghese e del Gran Premio di Monza.

Anche il Tg1 che nacque subito dopo insieme ai programmi ufficiali era un telegiornale molto diverso da quelli di oggi. Il conduttore era uno speaker, il quale aveva il compito di dare autorevolezza alle notizie con una dizione perfetta, un tono neutro e un timbro secco che vestisse di ufficialità ogni evento. I servizi filmati erano rari, i collegamenti in diretta inesistenti, le interviste in studio impensabili. Erano gli anni in cui il prontuario della censura vietava di chiamare gli onorevoli "membri" del Parlamento e proibiva di evocare dibattiti "in seno" alla maggioranza, ma era anche il tempo delle veline (non più dattiloscritte dal Minculpop ma dettate al telefono da piazza del Gesù o dalla presidenza del Consiglio).

 I democristiani si resero subito conto dell'importanza della tv come strumento di comunicazione e persuasione di massa (anche se il Giornale Radio riuscì a mantenere fino al 1956 il primato dell'audience). E già allora gli alleati della Democrazia Cristiana chiesero che al telegiornale andasse un direttore autorevole, indipendente, il quale non prendesse ordini dal partito di maggioranza relativa. Così fu nominato Enzo Biagi (dopo me lo trovai come direttore di Epoca), il quale però restò in sella meno di un anno (la Dc non gli perdonò un reportage di Ugo Gregoretti sulle raccomandazioni di un deputato democristiano). Una parentesi lampo, prima dell'avvento definitivo dei direttori filogovernativi.

Il telegiornale unico democristiano si è sdoppiato con la nascita del Tg2 (subito in quota socialista), poi è arrivato il Tg3 affidato all'opposizione comunista, quindi i telegiornali Mediaset con tutte le sfumature delle opinioni berluskoniane. Mentre in Gran Bretagna si consolidava con la Bbc un modello di tv pubblica indipendente dal potere politico, fino al punto di sfidare Blair sulla guerra in Iraq, i nostri telegiornali non sono mai riusciti ad affrancarsi dal dominio della politica. Nonostante le anchorwoman, le dirette via satellite e le doppie conduzioni stile Nbc sono sempre rimasti, nello spirito, quello che era il telegiornale unico ai tempi di Rumor, di Tambroni e soprattutto di Fanfani: la voce del potere. Ecco un caso in cui una vecchia frase fatta riconquista il sapore della verità: sono passati cinquant'anni, e sembra ieri.

17/01/2004





        
  



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