La donna tra famiglia e lavoro
| ROMA Presentati i risultati della ricerca sulla condizione della donna nella Regione Lazio.
Sono stati presentati a Roma i risultati della ricerca "La donna: inquietudini, risorse e prospettive, un'indagine sulla condizione della donna nella Regione Lazio" a cura dell'Istituto di Studi Superiori sulla Donna dell'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, in collaborazione con l'Osservatorio Permanente sulle Famiglie della Regione Lazio.
Si tratta della prima di una serie di ricerche che l'Istituto di Studi Superiori sulla Donna dell'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum dedicherà alla condizione della donna nelle varie regioni d'Italia. Questa serie di studi ha tra le sue finalità l'esplorazione della "risorsa femminile", per riflettere su professionalità e competenze adeguate alla promozione delle donne e della famiglia.Tra le varie aree tematiche della ricerca c'è l'attenzione sul rapporto tra donna e società attraverso la percezione che la donna ha di sé stessa e del suo specifico contributo per il miglioramento della società. Sul tema della parità, una percentuale abbastanza alta ritiene che questa parità sia stata raggiunta soltanto in parte. A sostenere questa convinzione sono il 59% delle donne tra i 18 e i 33 anni.
Le donne dai 34 e i 49 anni ritiene invece che non sia reale neanche in parte la parità tra i sessi (25%). Nell'analizzare il modello femminile proposto dalla televisione si è riscontrato che solo lo 0,4% delle donne del campione si sente identificata con il modello proposto. Il 30,7% del campione dichiara di non essersi mai posto la domanda. Un dato significativo che ci parla della passività di fronte ai modelli culturali proposti dai mezzi di comunicazione di massa. Nell'ambito "donne, lavoro e famiglia" dall'indagine emerge che risulta ancora difficile conciliare i tempi di vita lavorativa e familiare. Tra la stragrande maggioranza delle donne più giovani del campione si riscontra una stabile percezione dell'importanza del lavoro in relazione all'identità ed una marcata aspirazione a fare carriera.
Il lavoro appare sempre più come una fonte di realizzazione personale nonostante le difficoltà (doppia fatica, maschilismo dell'ambiente lavorativo). In relazione al tema della tutela della maternità nel posto di lavoro, l'indagine evidenzia una maggiore tutela delle lavoratrici tra le dipendenti/impiegate del settore pubblico. Risulta dall'indagine che questa categoria di lavoratrici è quella che non ha riscontrato particolari difficoltà nel rientrare a lavoro a seguito di una gravidanza (42,4%).
Dall'indagine emerge che nessuna donna tra le dipendenti/impiegate e le libere professioniste dichiari di non voler riprendere a lavorare dopo la maternità. Le donne del campione che non hanno scelto di rientrare al lavoro dopo la maternità costituiscono il 26,7% del campione (casalinghe). Rileviamo, però, che tra le casalinghe stesse una buona percentuale non ha potuto riprendere (o cominciare) a lavorare dopo la maternità a causa di difficoltà incontrate nel mercato del lavoro o per il tipo di lavoro, ed anche per il poco sostegno da parte dei familiari.
Particolarmente significativi sono i dati relativi alle lavoratrici atipiche cioè coloro che hanno contratti di lavoro precari (lavoro interinale, co-co-co, part time, ecc.). Sono le donne che hanno maggiormente trovato difficoltà nel riprendere a lavorare dopo la gravidanza. Se solo il5% attribuisce tali difficoltà al mancato sostegno da parte dei familiari, il 40% riferisce un'esperienza di difficoltà proprio a causa del tipo di lavoro o del mercato di lavoro.
I dati relativi alle lavoratrici atipiche pongono seri interrogativi alle politiche socio economiche attuali in Italia. Infatti, le donne con questo tipo di contratti "flessibili" rappresentano il 36,1% delle donne che lavorano in piena età fertile (le donne più giovani del campione, tra i 18 e i 33 anni). Si osserva così che se da una parte le politiche sociali tentano di sostenere la genitorialità affinché il tasso di natalità aumenti, dall'altra le politiche economiche spingono per una maggiore flessibilità, che però è quella che maggiormente rende difficile il rientro al lavoro dopo la maternità.
Inoltre dal questionario emerge che, sebbene possa definirsi confortante quel 78,8% del campione che dichiara di non aver subito alcuna forma di discriminazione, il 21,2% di donne che lavorano o hanno lavorato dopo la maternità e che riferiscono di essere state oggetto di atteggiamenti e comportamenti discriminati sul posto di lavoro a motivo della loro condizione di madre, rilancia la necessità di un intervento sulle culture organizzative che sono probabilmente ancora influenzate da atteggiamenti maschilisti.
La stragrande maggioranza del campione (57%) ritiene che la tutela istituzionale che più potrebbe venire incontro alle esigenze delle madri che lavorano corrisponde ad una maggiore flessibilità degli orari lavorativi. Di seguito vengono indicate: maggiori garanzie e possibilità di rientrare a lavoro dopo la maternità, maggiori sostegni economici alle famiglie, la possibilità di usufruire di nidi e asili più vicini ai luoghi di lavoro dei genitori ed infine maggiore flessibilità degli orari scolastici.
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19/01/2004
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