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Aspettando l'8 marzo

San Benedetto del Tronto | La libertà delle donne tra diritti, sconfitte e moda.

di Antonella Roncarolo

L’editoriale di Laura Ripani “Lo stupro della suprema corte” pubblicato su questo giornale, riassume, con stile giornalistico asciutto ed efficace, lo sdegno che ha pervaso tutta la popolazione civile, me compresa, sull’ennesima assurda presa di posizione della corte di cassazione in tema di stupro.

Ma poiché tutti i politici, dalla Mussolini, alla Turco passando per la Prestigiacomo , si sono indignati e con loro i giornalisti e le giornaliste di ogni testata italiana, vorrei, come mi capita spesso in quest’ultimo periodo (chissà perché, forse con il passare degli anni si diventa più sospettosi e meno ottimisti), scrivere qualche parola fuori dal coro.

Qualche anno fa Gabriella Ceneri organizzò a San Benedetto un incontro con una scrittrice e giornalista milanese per la presentazione di un libro sulla pedofilia. In un pomeriggio freddo e piovoso, molti esperti di questo drammatico fenomeno espressero la loro opinione sull’argomento, ma una frase, detta da una psicologa che si occupa del recupero di bambini violentati, non la dimenticherò mai: “Quando le mamme portano al mare le loro bambine piccole con il costumino a tanga che fa tanto moda, sappiano che c’è sicuramente da qualche parte un uomo che le sta guardando con pessime intenzioni”.

Questa frase mi è tornata prepotentemente alla memoria quando la scorsa estate, mentre armavo il windsurf dietro lo chalet al mare, ho scorto due anziani signori nascosti che fissavano, da dietro le cabine, due ragazzine, potevano avere al massimo dieci anni, con i suddetti costumi prendere il sole.

Naturalmente al mio: “Andate via, fate solo schifo”, hanno risposto con altrettanta violenza verbale come c’è da aspettarsi da simili personaggi.

Ancora, da qualche anno, e cioè da quando la moda impone alle mie alunne quattordicenni, pantaloni a vita bassa e magliette corte, obbligo in classe di indossare maglioni o giubbotti, (anche se spesso sono più corti delle magliette).

So di fare spesso la figura della bigotta, me lo dicono anche le alunne. La mia preoccupazione non sono gli sguardi dei ragazzi ( che comunque non mancano), ma quelli degli adulti.

In una squallida vicenda di molestie sessuali da parte di un insegnante verso un’allieva, la ragazza in questione era una di quelle che non riuscivo a far coprire e, durante ogni lezione, tutta la classe doveva assistere allo spettacolo del suo tanga bene in mostra fuori dai pantaloni a vita bassissima.

Con questo non voglio assolutamente giustificare l’insegnante che si è permesso di molestarla, violando ogni codice etico della sua professione e la moralità del suo essere uomo, ma sono certa che certi atteggiamenti provocatori da parte delle giovani donne, anche se fatti con la massima innocenza per seguire una stupida moda, siano oltre modo pericolosi e che, soprattutto in giovane età, sia difficilissimo se non impossibile risanare le ferite di una molestia sessuale o, ancora peggio di uno stupro.

In prossimità dell’8 marzo, prima che la retorica “italiota” rappresenti di nuovo la donna come splendida ed insostituibile icona, cerchiamo di riflettere su noi stesse come facenti parte di un’umanità libera e pensante.

Con queste mie parole non voglio privare le nuove generazioni ( e, ohimè, anche le vecchie) di mostrare i propri ombelichi e i propri seni più o meno sodi alla gente.

Penso piuttosto che la libertà si ottenga facendo valere i propri diritti, conquistandone di nuovi e stando ben attente a non dover rinunciare a quelli già acquisiti.

Mi riferisco naturalmente alle legge 184 sull’aborto che sta ricevendo colpi bassi da molte postazioni, ma questa, come ha già detto qualcuno, è un’altra storia.

21/02/2006





        
  



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