Sergio Rizzo ha presentato a San Benedetto del Tronto “02.02.2020. La notte che uscimmo dall'euro”
San Benedetto del Tronto | Venerdì 23 novembre, presso l'hotel Calabresi di San Benedetto del Tronto, il giornalista e scrittore Sergio Rizzo ha presentato il suo ultimo libro dal titolo “02.02.2020. La notte che uscimmo dall'euro”.
di Elvira Apone

Sergio Rizzo con Alberto De Angelis, Gian Luca Gregori e Mimmo Minuto
Venerdì 23 novembre, presso la sala Smeraldo dell'hotel Calabresi di San Benedetto del Tronto, il giornalista e scrittore Sergio Rizzo ha presentato il libro “02.02.2020”. La notte che uscimmo dall'euro”. L’incontro, organizzato dall'associazione culturale “I luoghi della scrittura”, dalla libreria La Bibliofila e dal Rotary club di San Benedetto del Tronto, è stato introdotto dal presidente del Rotary club, Alberto De Angelis, e ha registrato una forte affluenza di pubblico. Ha dialogato con l'autore il professore Gian Luca Gregori.
Si tratta di un libro che apre scenari e considerazioni che ci toccano tutti molto da vicino, perché riguardano la nostra vita economica, sociale e politica; un testo che offre innumerevoli spunti di riflessione su argomenti di estrema attualità, pur essendo stato scritto come un romanzo, un romanzo che, come ha osservato il professor Gregori, “si legge tutto d’un fiato, avvincente, ironico, pieno di trovate geniali, ma anche amaro”. Un libro che si interroga, con apparente leggerezza, sul nostro futuro di cittadini europei, presagendo un possibile destino disastroso allo scopo, però, di scongiurarlo ed esorcizzarlo. La stessa data del titolo è palindroma e, come ha dichiarato l'autore, “porta con sé suggestioni”, oltre a corrispondere a una domenica, che è generalmente il giorno della settimana delle grandi catastrofi economiche e finanziarie. Un romanzo che, quindi, vuole essere “sia una critica all'attuale sistema europeo sia un monito”. Il presagio di un'eventuale uscita dall'euro, come ha spiegato Sergio Rizzo, appare funesto non tanto perché implicherebbe la rinuncia alla moneta unica, quanto piuttosto perché significherebbe uscire dall'Unione Europea, con tutte le conseguenze negative che questa decisione comporterebbe, cioè dazi doganali, impossibilità di accedere ai fondi europei, svalutazione dei prezzi, disoccupazione, limiti alle esportazioni, diminuzione degli investimenti, aumento della povertà. L’intreccio di interessi commerciali ed economici che lega i paesi europei è ormai talmente grande che spezzarlo sarebbe molto doloroso seppure, come sempre Rizzo ha ricordato, l’Unione Europea non sia nata per ragioni economiche, ma per motivi puramente politici, cioè per garantire ai suoi cittadini quelle condizioni di pace che, di fatti, sono state mantenute per settanta anni.
Da dove nasce, dunque, questa eventualità di poter uscire dell’euro e di ritornare alla lira nazionale? Per quanto sia solo un'ipotesi a cui l’autore sembra alludere con scetticismo e con il sorriso sulle labbra, egli stesso ha puntualizzato che questo suo timore, a cui non vuole credere, nasce da un'effettiva sfiducia maturata dai cittadini europei nei confronti dell'Europa, percepita sempre più distante da loro, una distanza accentuata non solo da una propaganda anti europea, ma dovuta soprattutto alla miopia di molti governanti che, non comprendendo le ragioni di questa mancanza di fiducia, non aiutano i propri cittadini a colmare questa sempre più crescente distanza. Un'adeguata educazione, volta al superamento delle divisioni e delle differenze, basata, dunque, sui principi fondamentali che hanno dato vita all’Unione Europea, una rinnovata politica che punta allo sviluppo del lavoro, del libero commercio e di un alto livello di istruzione, nonché la possibilità di eleggere direttamente i propri rappresentanti in Europa sembrano essere le soluzioni più plausibili per scongiurare il pericolo di una crisi di dimensioni colossali.
Disastro annunciato o immaginato? Sogno o previsione? Incubo o realtà? Non esiste una risposta certa, ma soltanto la speranza che l’Italia non corra il rischio di entrare in un tunnel da cui, poi, sarebbe ancora più difficile uscire.
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25/11/2018
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