La scuola del sentimento
San Benedetto del Tronto | Vittorio Gennari "Blues"
di

VITTORIO GENNARI
Blues
Da anni il jazz degli eccellenti strumentisti italiani non teme confronti con i migliori musicisti del genere che il ‘900 americano ha regalato al mondo ma è curioso e alquanto incredibile che non emerga mai uno dei nomi più alti del panorama nazionale, quel Vittorio Gennari, marchigiano doc, che superata la bella e importante soglia degli 80 anni, continua a regalarci perle preziosissime con le sue incisioni. E' vero, dopo anni trascorsi in balera e locali da ballo a far intenerire tutti con le sue straordinarie versioni di "Besame mucho" e "Blue moon" o con le sue "Romolina" e "Lorenzo" ha iniziato in età matura a incidere dischi e oggi, dopo lavori esaltanti come "The sound", "Melodies" e "Italian songs" eccolo approdare alla purezza estatica delle origini e incide "Blues", un vero e proprio omaggio ai monumenti sacri del jazz.
La sensazione di grandezza si ha sin dalle prime note affidate al vibrafono di un sempre straordinario Daniele Di Gregorio (che sarebbe un concerto di Paolo Conte senza la quadratura illuminata e la visione completa d'insieme di questo grandissimo marchigiano!) che pattina sulle lamelle del suono più puro di "Blues in the closet" del contrabbassista Oscar Pettiford sulle quali si inserisce il sax alto e liquido di Gennari in un dialogo stretto e frenetico che riprende subito dopo in "Blue seven", cinematografico sonoro di un film immaginario di Marcel Carné che rende omaggio al suo coetaneo Sonny Rollins, capitale interprete nonché maestro di hard bop. Gli scatti nervosi del brano si acquetano presto in una morbidissima composizione del pianista della formazione, Roberto Bachi (autore anche di "Another blues") che, in "Ammore" parafrasa, nella nebbia di una pellicola in bianco e nero, il Gershwin di "Ain't necessarily so" che fa il paio con la grandezza dell'Oliver Nelson di "Stolen moments" sussurrato dall'intimo vibrafono di De Gregorio.
Si respira aria di grandezza e di storia in questo piccolo compendio di jazz che è "Blues" fatto sì di standards ma personalizzato al punto tale da risultare riscritto alla perfezione da chi ha trascorso un'intera vita tra le note e i solchi polverosi di questo genere. La formazione che affianca Gennari è ampiamente rodata e davvero eccellente con Joe Pagnini alla batteria e Massimiliano Tonelli al contrabbasso. Quest'ultimo si esalta in un altro brano di rilevantissimo spessore come "Mr. P.C." di John Coltrane che l'autore aveva dedicato al maestro Paul Chambers. Sax, basso e pianoforte sono un tutt'uno che spacca il cuore e penetra in profondo. C'è anche un altro omaggio ed è quello che Sonny Rollins fa al batterista Philly Joe Jones ripreso qui da "Blues for Philly Joe".
Tutto il lavoro è un interscambio di sensazioni forti tra tutti i musicisti, dagli scatti nervosi del Dizzy Gillespie di "Birk's works" alla sinuosità del Mercer Ellington di "Things ain't what they used to be" per arrivare alla chiusura e alla calma amorosa di Paul Desmond che rende omaggio, in un eterno film in bianco e nero, a Audrey Hepburn in "Audrey".
Questo è un disco che dovrebbe essere trasmesso, sottolineato, studiato, filtrato, ascoltato e metabolizzato. Un grande capolavoro di forma e di sentimento.
Voto 9/10
http://www.youtube.com/watch?v=QSRehS-4sNw
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19/01/2014
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