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"Il naufragio della pesca"

San Benedetto del Tronto | "Invito a leggere questa riflessione di una giovanissima, che dovrebbe essere presa come traccia fondamentale per far capire cosa è stata la pesca per il territorio e quale solco fondamentale per la cultura ci ha consegnato". Il Direttore

di Alice Galasso

"Prichiò"

Prichiò dipinge un peschereccio con su scritto "Soddisfazione". Tanta ne doveva provare il marinaio quando, sfinito da un'interminabile giornata di lavoro, faceva ritorno al focolare! Di certo noi "persone comuni" non possiamo immaginare questa sensazione indicibile che sa di passato, di giorni ormai troppo lontani.

"A mezzanotte dovevamo essere tutti pronti per partire - racconta un pescatore locale in pensione da anni - praticamente non riposavamo ma anche se c'erano delle cuccette a bordo, ma erano troppo piccole e scomode. Poi c'era troppo da fare. Dovevamo gettare di continuo le lampare a mare, soprattutto se c'era pesce in abbondanza, poi lo pulivamo nella baia e solo alle sette di sera rientravamo al molo. Ma non finiva lì.. appena attraccavamo, ci dovevamo mettere in fila per scaricare le cassette a terra. Erano pesanti, facevano dai quindici ai quaranta chili, e me le passavano velocemente. Dovevo stare attento altrimenti avrei rallentato il lavoro. Alla fine, poi, a seconda del nostro ruolo a bordo o di come avevamo lavorato, ricevevamo la "muccigna" che è come una mancia per il cameriere. Per noi era una cassetta di pescato. Di solito la rivendevamo a buon prezzo così ci guadagnavamo qualcosa. Qualche lira in più da portare a casa faceva sempre comodo".

Dura è la vita del pescatore! Si potrebbe paragonarlo ad un supereroe per il suo coraggio e la sua forza. Gli anni passati hanno lasciato scolpiti sui suoi lineamenti i segni di una vita tra sacrifici e fatiche. E' con questa che ha acquisito una certa saggezza: ci vuole maestria ed esperienza per domare il mare.

In uno scenario dei primi del Novecento potevano scorgersi nelle modeste abitazioni marinare le donne intrecciare e strecciare corde e fili, cucire e scucire vele per guadagnarsi da vivere in attesa del ritorno dei loro mariti. Erano queste le principali "attività economiche" locali. Solo successivamente, nei lontani anni '60 e '70, le prime grandi flotte iniziarono a dar mostra di se mentre si preparavano a solcare il Mar Mediterrano e poi anche l'Oceano Atlantico. Da lavoro di sussistenza la pesca si trasformò in un settore portante dell'economia e cominciò ad oltrepassare lo stretto di Gibilterra.

"All'ombra dell'ultimo sole s'era assopito un pescatore e aveva un solco lungo il viso come una specie di sorriso..." cantava il maestro De André. Prendiamo l'immagine di quel vecchio addormentato e riportiamola alla nostra realtà locale. Può benissimo rappresentare il sonno profondo in cui è caduta la pesca tradizionale. Purtroppo come ogni antico mestiere vittima del progresso è stata accantonata sia per motivi economici - come l'elevato costo dei carburanti - sia per malavoglia - ormai è praticata solo da extracomunitari sottopagati -.

Ma cosa ne pensano i giovani? Molti ignorano la sua scomparsa perché è stata messa nel dimenticatoio anche dalle generazioni precedenti; altri - una piccola minoranza - ne sono incuriositi visto che hanno la fortuna di possedere genitori o nonni che ne sono stati partecipi. Dovremmo mobilitarci per far rinascere questa vecchia pratica - e tante altre magari- visti i tempi di crisi.. Costituirebbe un'opportunità di lavoro in più per tutti, soprattutto per i ragazzi.

E' da questi che dovrebbe partire la sua riscoperta, insegnandola attraverso scuole con esperti o corsi specifici di apprendistato come la vecchia IAL, sostituita oggi dal nautico all'IPSIA che però non ha la stessa valenza. Ma non possiamo nemmeno dimenticare l'influenza che questa ha esercitato sulla nostra cultura: ha ispirato artisti, scrittori, poeti da ogni parte, ne è diventata la musa.

Forse dovremmo imparare a custodire con orgoglio il ricco patrimonio che ci è stato lasciato!

26/03/2013





        
  



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