CONTRO LA LETTURA-Per una pedagogia del semianalfabetismo. Parte seconda
San Benedetto del Tronto | Ecco la seconda puntata del saggio realizzato dall'eccentrico Paolo Parigi. La prima parte, pubblicata la scorsa settimana, ha attirato l'attenzione di circa 5mila lettori de "ilQuotidiano.it".
di Paolo Parigi

Jean-Jacques Rousseau
Odio i libri, perché insegnano a parlare di ciò che non si sa.
(Jean Jacques Rousseau, Emilio)
La lettura è una droga che mina e distrugge la volontà. Il librodipendente, o drogato di lettura (Reading-Addicted) non vuole smettere, e questo grave difetto di volontà rende difficilissimo, talvolta impossibile, liberarsi da questa subdola dipendenza. Essa ha temibili ricadute sul fisico, sulla mente e sulle facoltà sociali dell'individuo.
Il reading-addicted, interpellato in merito alla sua dipendenza, fornirà lo stesso alibi preconfezionato di ogni altro menomato nella volontà: "posso smettere quando voglio". Ma si tratta, come tutti sappiamo, di una flebile menzogna. Liberarsi dalle proprie catene mentali è molto più facile per il fumatore, l'alcolizzato, persino per il tossicodipendente chimico che non per un lettore. Il percorso di disintossicazione da questo tipo di dipendenza, come abbiamo già detto, è il più difficile di tutti, e quello che statisticamente ha meno probabilità di successo.
Questo dipende, a nostro avviso, non solo dalla natura particolarmente virulenta dei sintomi, ma purtroppo anche dall'aura di generica tolleranza, se non indulgenza, che tutt'oggi - benché le evidenze scientifiche in contrario siano inequivocabili - avvolge i librodipendenti, visti dalla maggioranza dei sani come bislacchi anticonformisti sempre un po' persi tra le nuvole, docili e inoffensivi. Lo stesso tipo di indulgenza riservata, per intenderci, ad atteggiamenti culturali quali l'evasione fiscale, il maschilismo, la cinefilia e la cinofilia.
Va evidenziato, inoltre, un altro fattore che rende la lettura la più micidiale fra le dipendenze da sostanze psicotrope: essa è l'unico tipo di droga che colpisce anche i bambini, a partire dai cinque-sei anni, talvolta anche prima, senza che i malaccorti genitori facciano nulla per prevenirlo.
In realtà né i genitori né la maggior parte dei docenti di scuola primaria sono professionalmente attrezzati a riscontrare né a prevenire l'insorgere di questo tipo di dipendenza nei bambini che apprendono i rudimenti dell'alfabeto, compitando con fatica il loro nome e cognome. Questa fase della didattica, la prima alfabetizzazione, è proprio una delle più a rischio; è il momento in cui troppo spesso la situazione sfugge di mano agli adulti che, invece di tenere sotto controllo la capacità di decodificare un testo scritto, in modo che non vada oltre lo stretto indispensabile, lasciano le eccitabili menti in formazione dei bambini delle elementari libere di scorrazzare liberamente fra ogni tipo di carta stampata.
Immaginate che un farmacista lasci i propri figli di cinque-sei anni liberi di gironzolare per il negozio, aprire i cassetti, ingoiare ogni tipo di pallina o capsula di cui possa venir loro voglia. Figuratevi un armiere che conceda alla prole che si affaccia alla porta d'uscita dall'infanzia di giocare a guardie e ladri nel proprio magazzino, fra coltelli da caccia, munizioni, archi da competizione e balestre. Non vi fa inorridire il solo pensiero? Eppure, non avviene regolarmente che i genitori s'inteneriscano, o s'inorgogliscano addirittura, udendo il proprio bimbetto o bimbetta leggere la storiellina che la maestra ha loro assegnato?
Quei bambini giocano sull'orlo dell'abisso, e i loro genitori troppo spesso, invece di portarli in salvo, li spingono in avanti!
Beati quei bambini che vengono allevati in ambienti salubri e al riparo dalle tentazioni, senza libri né giornalini. Essi potranno godere di uno sviluppo psicofisico armonioso e naturale. Dopo una mattinata trascorsa in giochi e scherzi fra compagni, essi avranno a disposizione la scelta fra giocare a pallone sui marciapiedi o guardare la televisione, cioè le due attività che rappresentano quanto di più formativo e salubre la nostra progredita civiltà occidentale abbia saputo concepire in termini di pedagogia dell'età evolutiva.
Come tutti sanno, l'insegnamento principale che i genitori sono tenuti a dare ai propri figli consiste nell'esempio. Bambini che vedono regolarmente i propri genitori con giornali, riviste o libri fra le mani, sono tristemente condannati a sviluppare lo stesso tipo di dipendenza in tempi brevissimi. E ciò che per il sistema nervoso già completamente formato di un adulto è relativamente innocuo, è pernicioso per la mente in formazione di una persona di cinque o sei anni. Coloro che si mostrano ai bambini nell'atto di leggere andrebbero sanzionati per legge, e in maniera assai più severa quegli incoscienti che lasciano la carta stampata a disposizione dei minori. Nei casi più gravi, a nostro avviso, andrebbe sospesa la patria potestà, e i bambini andrebbero inseriti in famiglie affidatarie dalle abitudini più sane e virtuose.
Sia chiaro che in queste pagine noi non abbiamo intenzione di fomentare quella parte retriva e disinformata dell'opinione pubblica che fa ricadere ogni tipo di devianza sociale sull'insufficiente efficacia della scuola pubblica, o sull'incompetenza professionale dei suoi operatori. Queste argomentazioni superficiali e un po' becere, a nostro avviso, non dovrebbero mai lasciare il recinto ben circoscritto delle conversazioni da bar, al pari del gossip sulle abitudini sessuali degli uomini politici e dei dibattiti sugli arbitri di calcio.
Questo breve saggio nasce da un lavoro di documentazione durato decenni, e le nostre argomentazioni hanno alle spalle delle competenze scientifiche specifiche. In base ad esse possiamo sostenere che per fortuna la scuola, o quel che ne resta, si batte costantemente per sradicare la piaga della librodipendenza, attraverso una ben collaudata psicologia degli opposti. Insistendo cioè non sulla pericolosità della lettura, ma al contrario predicando i suoi presunti benefici, e al tempo stesso rendendola un'attività mortificante, gravosa e arida, attraverso tecniche sofisticate che, almeno per alcuni anni, terranno i giovani lontani dal vizio facendolo passare per una virtù.
Ma non sempre queste tecniche risultano efficaci, soprattutto se i giovani hanno acquisito questa dipendenza in età post-infantile. Nei portatori sani, la dipendenza conclamata si manifesta spesso non appena termina il ciclo della scuola superiore, quando cioè il giovane adulto non è più sotto il controllo diretto di educatori o figure di riferimento che possano tenerlo lontano dal pericolo.
La tesi di questo trattato è che la lettura sia una pratica riprovevole che modifica a livello profondissimo il nostro corpo, il nostro cervello e il nostro modo di rapportarci con gli altri, la nostra visione della realtà, le nostre aspirazioni e i nostri sogni, rendendoci individui asociali, estraniati, incerti, di fatto inutili per la società e per il mercato. Attraverso l'analisi di alcuni casi reali, cercheremo nei prossimi capitoli di mostrare in tutto il suo orrore le conseguenze di questa dipendenza (RA, o reading-addiction), attraverso le esperienze reali di alcuni pochissimi fortunati che sono riusciti a guarire, attraverso l'aiuto di specialisti e soprattutto dei loro cari, che non li hanno abbandonati nel loro arduo percorso di disintossicazione.
È nostro auspicio che questo saggio porti ad una presa di coscienza collettiva della colpevole ignavia di una civiltà che trascura questa diffusissima piaga sociale. È tempo di finirla con l'indifferenza, con la complicità, con le sottovalutazioni. L'indulgenza è una superficialità criminale. Basta oramai nascondersi dietro ad un indice: la lettura è un veleno mortale.
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27/08/2011
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