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Due o tre cose sulla fiaba popolare

San Benedetto del Tronto | Le fiabe popolari si pongono come fondamento della sua personalità, così come le radici che penetrano il suolo sono vita e sostegno dell'albero.

di Antonio De Signoribus*

I personaggi della fiaba popolare sono figure senza corpo, senza un vero ambiente che li circondi; manca in loro ogni rapporto con il mondo passato e futuro, insomma con il tempo. Certamente ci sono persone giovani o anziane, ma non ci sono uomini che invecchiano e nemmeno gli esseri ultraterreni subiscono questo processo.

Questa insensibilità della fiaba al trascorrere del tempo ci è noto soprattutto dalla fiaba di "Rosaspina" dei Grimm, in cui la protagonista, e con lei tutto il seguito, si sveglia dopo cento anni ancora così giovane e bella come un tempo. I fratelli Grimm, poi, non hanno saputo resistere alla tentazione di rendere questo fenomeno ancor più evidente ricorrendo ad alcuni dettagli: "...E a quel bacio Rosaspina aprì gli occhi, si svegliò e lo guardò tutto ridente. Allora scesero insieme; e il re, la regina e tutta la corte si svegliarono e si guardarono l'un l'altro stupefatti.

E i cavalli in cortile si alzarono e si scrollarono; i cani da caccia saltarono scodinzolando; i colombi sul tetto trassero la testina di sotto l'ala, si guardarono intorno e volarono nei campi; le mosche ripresero a strisciar sulle pareti; il fuoco in cucina si ravvivò, divampò, continuò a cuocere il pranzo; l'arrosto ricominciò a sfrigolare; e il cuoco diede allo sguattero uno schiaffo che gli strappò un urlo, e la serva finì di spennare il pollo...".

Insomma, nella fiaba, all'eroe salvatore non passa nel modo più assoluto per la testa di notare qualcosa di sorpassato nelle vesti, nell'architettura, o nel modo di parlare. E la vita riprende dopo cento anni come se niente fosse perché la fiaba rinuncia ad una struttura in profondità sia spaziale che temporale. Anche il bambino, insensibile al trascorrere del tempo, come nella fiaba, la percorre, in lungo e in largo, facendo lavorare la sua fantasia.

"La fiaba, infatti-scrive il grande psicanalista Bruno Bettelheim- ha un tipo di svolgimento che si conforma al modo in cui un bambino pensa e percepisce il mondo; per questo la fiaba è così convincente per lui. Egli può trarre molto più conforto da una fiaba che non da una manovra consolatoria basata su un ragionamento e su punti di vista adulti...".

Essere adulti, significa, infatti "essere adulterati da spiegazioni razionali e disprezzare gli aspetti infantili che si trovano nelle fiabe-dice James Hillman-. L'adulto e il bambino sono ormai posti l'un contro l'altro: l'infanzia significa meraviglia, fantasia, creatività e spontaneità, mentre la condizione adulta significa la perdita di queste facoltà".

Secondo Hillman, dunque, il primo compito che ci attende è quello di lavorare per rendere di nuovo completo l'adulto (l'insegnante, i genitori, i nonni) allo scopo di ridare all'immaginazione quella posizione di primaria importanza nella coscienza di ognuno di noi, indipendentemente dall'età. Come ha spiegato, poi, Piaget, il pensiero del bambino è animistico fino all'età della pubertà. Per via di questo pensiero non solo l'animale sente e pensa come noi, ma perfino i sassi sono vivi; perciò essere trasformato in sasso significa semplicemente che l'essere deve restare muto e immobile per un certo tempo.

Insomma, le fiabe popolari si pongono come fondamento della sua personalità, così come le radici che penetrano il suolo sono vita e sostegno dell'albero. Esse, infatti, gli forniscono la chiave per accedere al mondo della realtà oggettiva, senza entrare in confusione a tutto scapito del suo equilibrio affettivo-emotivo e delle sue future possibilità di socializzazione logica.

Soltanto nelle fiabe, attraverso la catarsi che esse operano nell'animo del bambino si risolvono i problemi interiori universali dell'infanzia e si portano a livello conscio le pressioni profonde che sono in conflitto con l'Io. In altre parole, per dirla ancora con Bettelheim, proprio questo è il messaggio che le fiabe comunicano al bambino in forme molteplici: "che una lotta contro le avversità della vita è inevitabile, è una parte intrinseca dell'esistenza umana, che soltanto chi non si ritrae intimorito ma affronta risolutamente avversità inaspettate e spesso immeritate può superare tutti gli ostacoli e alla fine uscire vittorioso".

*scrittore e antropologo

24/11/2007





        
  



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