Para ogni assalto e vince. Non entra nel merito, non recita la fotocopia del libro, come vorrebbero conduttori incalzanti, politici presenzialisti vicini di tavolo, interroganti giornalisti che abusivamente gli danno del tu (!).

Brilla istintiva sintonia solo con la brava insegnante di Legnano-provincia-di-Milano che lo ringrazia per averla "aiutata" ad insegnare geografia a studenti che oggi non vogliono ascoltare nulla.

Grande Mo. Neanche si agita, con di fronte una platea che non vuol capire che lui, anzichè incensarsi per commerciar libri ( quanti ne abbiamo visti! ), preferisce raccontare grandi piccole storie con vocaboli primordiali e potenti, che ti scuotono. Svicola, evocando l'ultimo guizzo di Nureyev dall'ospedale, o l'abbraccio polveroso al sapore di vino con Mossud.

Potrebbe farci sentire il paradiso rovente dell'Afghanistan, l'annichilimento disperato dell'Aral, le musiche perse dei Danubi, le disperazioni ramificate del suo delta...
Invece gli chiedono di dighe, di riserve d'acqua e petrolio, di "scelte giuste" (a lui che non è un politico), di come si diventa giornalisti di successo.

Oppure perchè nel libro "manca la Senna" e di chi veramente sono le scarpe sull'argine di Budapest - forse ti sei sbagliato... -
Lui sorride ma non ci casca. Affettuosa disperazione intorno. Grande Mo.
Come chiedere di computer ad uno che usa l'Olivetti. Infatti.
Però ti fa contento, ti promette di studiare l'informatica, i nuovi linguaggi, per diventare giornalista moderno, brillante e televisivo.
Dolce bugia. Grande Mo.