Intervista con Silvia Ballestra, considerata tra le migliori scrittrici italiane
Grottammare | I ricordi della sua infanzia, il legame con le Marche e gli scrittori preferiti, tutti marchigiani. E' da poco uscito il suo ultimo, sorprendente romanzo " La seconda Dora" pubblicato da Rizzoli.
di Tiziana Capocasa

Alcuni momenti dell'intervista con Silvia Balestra
Abbiamo lasciato la scrittrice Silvia Ballestra, l'estate scorsa, che presentava il suo libro "Tutto su mia nonna" Einaudi- Stile Libero, ora ci parla del suo nuovo straordinario romanzo "La seconda Dora" Rizzoli.
L'incontro avviene lungo viale Marino, davanti all'ex albergo Moderno costruito dal suo bisnonno per i primi facoltosi villeggianti, durante la Belle Epoque. Anche se vive a Milano, questa è la sua casa. Qui trova la concentrazione per scrivere, qui trascorre le vacanze, nella grande casa sull'Adriatico, un "posto pieno di misteri, con le porte da cui affiorano i numeri delle stanze del grande hotel, nonostante le diverse mani di vernice".
Un luogo magico che intriga molto la scrittrice, curiosa di conoscere i destini di quanti vi hanno soggiornato. Ancora una vicenda al femminile la sua ultima fatica, un romanzo storico ambientato negli anni Trenta, che ha come protagonista una maestra ebrea Dora Levi , costretta a rinunciare alla propria identità per sfuggire alla persecuzione antisemita. Il romanzo è dedicato a Joyce che non è lo scrittore dublinese, ma la moglie di Emilio Lussu, partigiana, voce storica delle Marche che ha tradotto e divulgato la poesia dei perseguitati, il turco Hikmet, l'angolano Neto. E alla sua maestra, che non è la protagonista del libro, come Silvia tiene a sottolineare.
-Protagonista del suo ultimo romanzo ancora una donna, dopo Nina della "Signorina N.N." e nonna Fernanda?
<In questi anni mi sto guardando attorno e racconto storie di persone molto anziane , Joyce è stata la prima e si trattava di un'intervista, poi mia nonna, adesso Dora Levi che non è la mia insegnante. Da un po' ho iniziato a riflettere sul mestiere della maestra, ho una sorella che fa questo lavoro ed anche una zia. E' uno dei lavori che le donne hanno esercitato di più. I più grandi pedagoghi, i maestri famosi però sono uomini, non è una contraddizione? Basta entrare nelle scuole per rendersi conto che le maestre sono tutte donne. E' una figura bistrattata, non esistono romanzi sulla maestra, l'unica immagine è quella della maestrina dalla penna rossa. Volevo riabilitarla, perché il periodo che ricordo più con piacere è quello delle elementari. Erano gli anni '70, periodo di grandi ricerche , scoperte ed innovazioni pedagogiche. Che poi non ci sono più state >
-Nel libro si sofferma sull'etimologia della parola educare, ex ducere, cioè portar fuori . Non imporre o travasare, ma proprio portar fuori. Non è la maieutica di Socrate, l'arte della levatrice?
<Non a caso c'è l'accostamento maestra /levatrice nel mio libro, in realtà i mestieri delle donne sono quelli: la levatrice, la maestra. Occuparsi dei bambini, accoglierli da piccoli e accompagnarli nella crescita. Funzione molto importante>.
-L'ultimo libro inizia con la descrizione di un paesaggio delle Marche, non riesce a staccarsi dalla provincia?
<Si, è la campagna della Valdaso; la storia si svolge nelle colline del fermano, luoghi che conosco bene perché vi ho trascorso la mia infanzia. E' un paesaggio straordinario, in giro per l'Italia sono in molti ad ammetterlo>.
-Perché la dedica a Joyce Lussu?
<Perché è un libro diverso dagli altri, è un romanzo storico che nasce sulla scia di alcune indicazioni lasciate da Joyce. A parte Scarpette Rosse, la sua poesia più famosa dedicata ai bambini di Buchenwald inserita su tutti i sussidiari, la prima volta che ho sentito parlare di lei è stato a scuola, proprio dalla mia maestra. Eppoi perchè a casa di Joyce si parlava di Novecento, della storia che lei aveva vissuto da protagonista, per il suo fare storia nel Piceno. Si circondava di insegnanti come Olimpia Gobbi e Luigi Rossi che si occupano di storia locale, ricordo anche Mimmo Franzinelli, uno dei giovani storici più quotati che continua a fare ricerca, a pubblicare e a vincere premi>.
-E' stato importante l'incontro con lei?
< Si, soprattutto per il pensiero sulle donne. L'attenzione verso l'universo femminile deriva da Joyce, dai suoi libri autobiografici ma anche da quelli sulle Sibille, antiche depositarie del sapere, dell'educazione. E della saggezza>.
- C'era anche una parentela con Joyce?
<Si, un legame tra le famiglie Salvatori e Graziani-Ballestra. Comune anche la radice anglosassone, ma non con Margaret Collier, la nonna materna di Joyce, autrice di " La nostra casa sull' Adriatico" straordinario libro sulle abitudini ed usi del popolo marchigiano. Ci voleva un' inglese per descriverli!>
-Sempre critica nei confronti dell'attuale editoria "monnezzone"?
<Guardavo le classifiche dei libri venduti, straziante! Adesso c'è Moccia, con i suoi libri per ragazzini, scritti senza cura. Quando escono quelli di Claudio Piersanti, che tra l'altro è un marchigiano e che varrebbe la pena leggere, nessuno se ne accorge. Adesso vanno i fenomeni da un milione di copie tipo Melissa P oppure i thriller, i "giallazzi" americani; un esempio è Jeffrey Deaver . Per carità lo leggo anch'io, quando sto male. Così come mi capita di mangiare da Mc Donald, ma il ristorante è un' altra cosa. Come la letteratura!>
-Quali sono gli autori che preferisce?
<Quelli locali, aspetto con curiosità il nuovo romanzo di Luigi Di Ruscio, un anziano poeta di Fermo che vive in Norvegia. Di lui sa tutto lo scrittore fermano, Angelo Ferracuti>.
-Dall'esordio, nel 1991, con "Compleanno dell'Iguana" ha scritto 15 libri; come fa a mantenere la media di una pubblicazione all'anno?
<Si è vero, a volte anche due all'anno, quando non ci sono pause. Spero di poter rallentare!>
-Cambia spesso editore?
<E' vero in passato ho pubblicato con Baldini e Castoldi, Feltrinelli. Con Einaudi è stato un blitz; gli ultimi miei quattro romanzi sono usciti con Rizzoli ed anche i prossimi>.
-Con Mondadori?
<Mai, no grazie!>
-Si sta appassionando alla pittura del Tarpato, il Ligabue dell'Adriatico?
<Mi piace il suo sguardo sul mondo, sulla realtà, che non è semplicemente naif, è visionario, surrealista. Spero si faccia presto un Museo sul Tarpato, sarebbe una risorsa per Grottammare!>
-Possiede qualche sua opera?
<Di recente ho comperato uno quadro a cui era molto legato, a detta della sorella Anna. Riporta la dedica " A Lupo ti sarò sempre fedele", mi è piaciuto subito perché c'è il suo cane che rappresenta una specie di doppia firma>.
- Non sarebbe ora che le assegnassero il premio "Grottammarese dell'anno" ?
<Quest'anno ci speravo! Mi auguro di vivere abbastanza a lungo per poterlo ritirare. Chissà tra 20 anni!
Le foto sono di Adriano Cellini
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09/05/2006


Alcuni momenti dell'intervista con Silvia Balestra

Alcuni momenti dell'intervista con Silvia Balestra

Silvia Ballestra
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