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Condono dei tributi locali

| Dopo il comune di Acquasanta, anche quello di Fermo adotta la possibilità di offrire ai cittadini il c.d. “condono” per i tributi locali di sua competenza.

Dando concreta attuazione alla delega contenuta nella legge c.d. "Finanziaria 2003" e in forza alla particolare autonomia regolamentare riconosciuta ai Comuni dal nuovo Titolo V della Costituzione, le amministrazioni di Fermo e Acquasanta sono le prime della nostra provincia ad aver deliberato il c.d. "condono" dei tributi locali di loro competenza, al fine di consentire ai propri cittadini di poter sanare taluni obblighi fiscali non assolti negli anni passati.

Non volendo entrare nel merito delle singole decisioni adottate dai Comuni citati, sembra tuttavia opportuno fare alcune considerazioni generali in merito alla c.d. "politica dei condoni".

Premesso che, a livello comunale, i tributi eventualmente interessati dalla sanatoria sono soprattutto l'I.C.I., la tassa sui rifiuti (TARSU) e l'imposta di pubblicità, deve osservarsi che il ventaglio di possibilità offerto dalla norma statale a ciascun ente territoriale si presenta decisamente ampio, posto che essa ammette che gli stessi possano consentire di sanare qualsiasi tipo di incombenza cui il contribuente si sia sottratto nei periodi d'imposta dei quali sono ancora pendenti i termini per l'accertamento (generalmente, dal 1998 in poi).

Di regola, il "condono locale" ben potrebbe riguardare le inadempienze commesse con riferimento tanto alla presentazione della dichiarazione, quanto all'omesso o infedele versamento; d'altro canto, detta sanatoria potrebbe altresì prevedere la riduzione (non anche l'azzeramento) dell'ammontare delle imposte e delle tasse loro dovute, l'esclusione o la riduzione dei relativi interessi e sanzioni, nonché la chiusura del contenzioso già esistente in sede di commissioni tributarie.

La Finanziaria 2003 non contiene, poi, termini di scadenza circa l'attivabilità del condono da parte degli enti locali, per cui i suddetti Comuni ben avrebbero potuto avvalersi di questa possibilità anche nel lungo termine. Per inciso, la "fretta" con la quale le amministrazioni comunali di Fermo e Acquasanta hanno deliberato una siffatta misura sembra, dunque, ricondursi alla stringente necessità degli stessi di "fare cassa", in modo tale da destinare le risorse che - presumibilmente - verranno reperite attraverso i condoni ad altri obiettivi di politica sociale ed economica.

In tal senso, la politica dei condoni è sostenibile. Ma qual è l'altra faccia della medaglia?

Chi segue un minimo la politica o anche, semplicemente, i fatti economici nazionali sa bene che le misure una tantum contenute nella Finanziaria appena approvata dal Parlamento si giustificano non soltanto dalla difficile situazione economica mondiale e, di conseguenza, nell'incombente necessità dello Stato di aumentare le proprie entrate al fine di contenere il disavanzo di bilancio, ma anche dall'oggettiva difficoltà degli organi accertatori statali di verificare le singole posizioni dei contribuenti. Statisticamente, ogni anno il Fisco riesce a controllare non più di 3 dichiarazioni ogni 100 presentate; in altri termini, chiunque evade le imposte in Italia ha soltanto il 3% di probabilità di essere preso! I motivi sono molteplici, ma la situazione è sostanzialmente questa.

A livello locale, tuttavia, i tributi sono profondamente diversi da quelli erariali.

Un qualsiasi Comune ottiene - di regola - il 70% (circa) delle proprie entrate da imposte strettamente connesse alle risultanze catastali. L'ICI, ad esempio, è sicuramente più difficile da evadere dell'IRPEF o dell'IVA, visto che le posizioni di ciascun immobile sono registrate nel catasto (urbano o terreni) e, di conseguenza, sono facilmente rinvenibili dagli uffici preposti all'attività di controllo. Analogo è il discorso della TARSU, visto che - in attesa che entri in vigore la c.d. "tariffa" -, si tratta ancora di una tassa che si paga in relazione ai metri quadrati di superficie dell'abitazione posseduta; dato anche questo facilmente reperibile dal catasto.

Di conseguenza: a cosa servirebbe il condono per questi tributi? A sanare i bilanci comunali, oppure a precludere agli uffici comunali più organizzati di poter riprendere a tassazione gli evasori fiscali, permettendo in tal modo a chi ha fatto il furbo di sbeffeggiare l'onesto cittadino?

D'altronde, aderire ad un partito politico vuol dire condividerne i valori, non di certo seguire - acriticamente - tutti i provvedimenti che vengono decisi ai livelli più alti. Soprattutto se, come questo, prestano il fianco a critiche anche giustificate. In tal senso, non può ignorarsi che ogni amministrazione dello Stato, sia essa centrale, regionale o comunale, presenti problematiche del tutto peculiari, con proprie entrate e proprie uscite e, soprattutto, con un onere specifico di verificare come poter far fronte, annualmente, ai propri impegni istituzionali.

La speranza di chi scrive è che la politica dei condoni non piaccia a nessuno e, visto che alcuni sono già stati adottati, soggiacciano su solide logiche di politica economica nelle quali non si ritiene di poter entrare e, a maggior ragione, di giudicare. Quel che è certo è che, in termini generali, il "condono" si presenta come una misura di bilancio non soltanto scarsamente "etica", ma anche difficilmente sostenibile dal punto di vista squisitamente giuridico: nel momento in cui si permette a chi ha evaso le imposte di potersi ravvedere pagando un minimo, infatti, si disconosce apertamente uno dei principi cardine del nostro Ordinamento tributario (il principio della capacità contributiva) e si offende chi si è sempre comportato bene.

Si tratta di una situazione difficile da accettare persino a livello centrale, seppur giustificandola - noi comuni mortali - per le ragioni sinteticamente illustrate poc'anzi.

Ma poi: siamo sicuri che un siffatto condono, a livello locale, "faccia cassa"? E le spese necessarie per studiarne la concreta realizzazione, quelle della modulistica, quelle processuali per le liti pendenti e quant'altro?

Per concludere, "da tecnico", mi permetto di ricordare che - ai sensi di legge - una siffatta misura non può essere adottata a livello locale senza che sussistano "giustificati motivi di bilancio" da esporre dettagliatamente nel regolamento di approvazione, pena la segnalazione alla Corte dei Conti dell'eventuale danno arrecato alle casse pubbliche.

Di conseguenza, al di là dell'aspetto etico e politico (oltreché tecnico), siamo proprio sicuri che nei Comuni della nostra provincia sussistano gli estremi giuridici per imbarcarsi in questa scommessa?

05/02/2003





        
  



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