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Rondoni, Gullace, Filippini e Bulgarelli a In Art: quando l’infinito è possibile

San Benedetto del Tronto | Interesse, partecipazione e coinvolgimento al nono incontro di In Art, che ha visto ospiti Davide Rondoni, Valentina Gullace, Claudio Filippini e Luca Bulgarelli, registrando il tutto esaurito.

di Elvira Apone

un momento della serata con Davide Rondoni

Domenica 31 marzo, al Medoc di San Benedetto del Tronto, nell’ambito della rassegna letteraria e musicale In Art, organizzata dall’associazione culturale “Rinascenza” con la direzione artistica di Annalisa Frontalini, con il patrocinio e il sostegno dell’amministrazione comunale e della Regione Marche e con il supporto dello sponsor ufficiale Gate-away.com, il nono incontro ha visto ospiti il poeta e scrittore Davide Rondoni, che ha presentato il libro  “E come il vento. L’infinito, lo strano bacio del poeta al mondo” (Fazi editore), e i musicisti Valentina Gullace, Claudio Filippini e Luca Bulgarelli, che si sono esibiti nello splendido concerto “Una serata a Broadway”. Ad introdurre l’incontro sono stati il consigliere comunale Gianni Balloni, che, ricordando la ricorrenza della “nascita” dell’Infinito leopardiano, è entrato subito nel tema della serata e ha sottolineato l’importanza della cultura che va oltre le differenze politiche e ideologiche, e il consigliere regionale Fabio Urbinati, che, condividendo con lui l’idea di una cultura che unisce e non divide, ha ribadito l’importanza di eventi come questo, che devono essere supportati e sostenuti dalle amministrazioni e ha ringraziato l’associazione Rinascenza per il grande lavoro che svolge per la promozione della cultura, organizzando a San Benedetto eventi di grande qualità e spessore, che coinvolgono sempre ospiti di rilevanza nazionale e internazionale.

“La poesia è parola assoluta, essere poeti è una speranza. La poesia riesce ad arrivare oltre, consente di avvicinare l’infinito e lo rende possibile”. È così che ha esordito il magistrato e poeta Ettore Picardi, introducendo il libro di Davide Rondoni, un testo che vuole entrare nei meandri di una delle più belle poesie che siano mai state concepite e scritte, che la esplora dal di dentro pesando ogni parola e sfumatura e ce la restituisce in tutta la sua affascinante complessità. L’Infinito “è una poesia magnetica”, così l’ha definita Davide Rondoni, una poesia che, superando tutte le apparenti contraddizioni che contiene, ribalta la tradizionale visione greca di Anassimandro e Aristotele, che concepiva l’”apeiron” come un fantasma da temere perché impossibile da circoscrivere, e lo rende un’esperienza positiva, oltre che possibile. Lo sguardo consapevole del poeta lo porta a forgiare un’immagine di ciò che non riesce a vedere, paragonandolo a qualcosa di udibile e percepibile, legando l’illimitato al limitato, lo spazio al tempo e cogliendo nei segni, come quello del vento che muove le fronde, la dimensione umana di ciò che sembra non avere confini. E così, dall’apparente paura iniziale, l’io poetante giunge a naufragare dolcemente, compiendo quella ricerca dell’infinito che è lo scopo di ogni essere umano: “l’uomo è un cercatore infinito” ha affermato Davide Rondoni, “che si duole che finisca ciò che gli piace”, come lo stesso Leopardi aveva affermato, dicendo che l’anima “aborre” che finisca ciò in cui trova piacere. E la poesia, che, come ogni forma d’arte è composizione e, in quanto tale, comunica energia vitale, riesce appunto a dire un’esperienza come questa, un’esperienza che tutti possono fare, ma non necessariamente sanno raccontare a parole. E come Rondoni ha rilevato: “di fronte alla parola di un poeta, ciascuno può scoprire la propria vita”, perché la poesia ha il magico potere di rendere visibile l’invisibile, di rendere udibile l’inudibile, di rendere percepibile il non percepibile,  di rendere vero e autentico ciò che non sembra esserlo. La poesia è verità e conoscenza, la poesia è superamento di ogni limite e misura, la poesia è ciò che lo stesso Leopardi ha detto a proposito dei suoi idilli: “avventure storiche del mio spirito” e, pertanto, non va capita, perché va al di là delle nostre definizioni. La poesia, semmai, va con-presa, presa con sé.

E come ogni opera d’arte, che pone domande ma non dà risposte, questa poesia solleva importanti quesiti, ha spiegato Davide Rondoni, perché ci pone davanti a una realtà che spesso non vediamo, a segnali che troppo spesso ci sfuggono, ma a cui dovremmo prestare attenzione. E così Leopardi con l’Infinito ci invita a guardare i segni, a sentire il vento che soffia sulla nostra esistenza e a chiederci se davvero l’infinito non esista o siamo piuttosto noi a non cogliere i segnali che ci arrivano. Perché in una società in cui ciascuno ormai è diventato ciò che fa e non ciò che è, in cui l’identità di ognuno viene identificata con le sue azioni, fonte di giudizio inappellabile, l’unico modo che ci rimane per essere veramente liberi di agire, di pensare, e anche di sbagliare e correggerci, è il legame con l’infinito, l’unica identità possibile per l’uomo che è fatto di infinito e che all’infinito anela e anelerà sempre.

Le parole si sono mescolate alla musica in un altro momento particolarmente emozionante, quando Davide Rondoni ha letto la sua poesia “Possiamo soltanto amare”, accompagnato da un coinvolgente blues di Filippini  e Bulgarelli e poi, sempre con lo sguardo e il cuore rivolti verso l’infinito, il percorso tracciato domenica sera è arrivato a Broadway, attraverso la voce limpida, vellutata e lucente di Valentina Gullace, che ha regalato al pubblico momenti di puro piacere, attimi rubati alla contingenza della vita quotidiana, che lo hanno trasportato nel mondo ovattato dei musical di Fred Astaire, Ginger Rogers, Judy Garland, tra i toni e i colori di “Cabaret” e le atmosfere sognanti di “My favorite things” di “Tutti insieme appassionatamente”, tra le celebri melodie del jazz di Gershwin, Cole Porter, Rodgers e Hammerstein, in un Paradiso lontano e perduto che ha, però, riportato a galla il desiderio di evasione e di fuga verso quell’infinito che è in ognuno di noi. E mentre le abili mani di Claudio Filippini scorrevano lungo la tastiera del pianoforte e le agili dita di Luca Bulgarelli pizzicavano decise le corde del suo contrabbasso, ogni parola diventava pura magia, ogni nota pura armonia, ogni suono un’eco infinita di sensazioni sopite che soltanto la musica frutto di talento, passione e bravura riesce a risvegliare. E così, cullati dal vento caldo delle emozioni, vagando in un universo ormai senza confini, abbiamo ridisegnato una nuova mappa in cui, più nitido e luminoso cha mai, è apparso il sentiero verso l’infinito.

 

02/04/2019





        
  



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