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Grande coinvolgimento al terzo incontro di In Art con Fabio Stassi e Javier Girotto in trio

San Benedetto del Tronto | Domenica 10 febbraio, al Medoc di San Benedetto del Tronto, il terzo incontro di In Art, che ha visto ospiti Fabio Stassi e Javier Girotto in trio, ha registrato il tutto esaurito grazie alla presenza di un folto pubblico attento e partecipe.

di Elvira Apone

da sinistra: Javier Girotto, Annalisa Frontalini, Fabio Stassi,Alessandro Gwis e Gianni Iorio

Domenica 10 febbraio, al Medoc di San Benedetto del Tronto, il terzo incontro della rassegna letteraria e musicale In Art, organizzata dall’associazione culturale “Rinascenza” con la direzione artistica di Annalisa Frontalini, con il patrocinio e il sostegno dell’amministrazione comunale e della Regione Marche e con il supporto dello sponsor ufficiale Gate-away.com, ha visto ospiti Fabio Stassi e Javier Girotto in trio, registrando il tutto esaurito grazie alla presenza di un folto pubblico attento e partecipe.

Nella prima parte della serata è stato il profondo, coinvolgente e divertente monologo di Fabio Stassi “Con in bocca il sapore del mondo. Affabulazione sentimentale”, seguito dalla presentazione del suo ultimo libro “Con in bocca il sapore del mondo” (Minimum fax) a incantare il pubblico. Con leggerezza, autoironia e con quel sorriso sulle labbra che gli è proprio, Fabio Stassi ha raccontato le vicissitudini della sua variegata famiglia, le cui origini si perdono tra le pampas argentine di sua nonna, donna saggia e grande affabulatrice, per arrivare in Sicilia attraverso la Tunisia e l’Albania; una famiglia strana e un po’ strampalata, in cui si organizzavano banchetti per personaggi immaginari e sconosciuti, in cui l’immaginazione aveva spesso la meglio sulla realtà, ma in cui i legami erano forti e altrettanto vivo era quel senso di nostalgia che li alimentava; una famiglia sparsa per il mondo, che è stata la sua vera scuola e la più autentica fonte di ispirazione per le sue storie. Per me è stato un vero piacere, oltre che un onore, dialogare con lui. Dopo la consueta pausa conviviale, Javier Girotto trio, formato da Javier Girotto al sax baritono, Gianni Iorio al bandoneon e Alessandro Gwis al pianoforte, si è esibito nello splendido concerto “Tango nuevo revisited”, regalando al pubblico sia diversi brani tratti dall’omonimo CD appena uscito, sia altri pezzi, in cui la magica e calda atmosfera del tango di Astor Piazzolla si è fusa con i ritmi e le sonorità del jazz di Gerry Mulligan. Talento, professionalità e passione hanno dato vita a un concerto di altissimo livello, in cui ciascun artista è riuscito a ritagliarsi il proprio spazio autonomo suonando, al tempo stesso, all’unisono con gli altri; una straordinaria performance, in cui ognuno ha guidato con maestria il proprio strumento seguendo la propria ispirazione ma, allo stesso tempo, ascoltando il respiro musicale degli altri e creando, così, un perfetto equilibrio armonico. Un turbinio di emozioni e di sensazioni che si sono fatte musica.

 

“Con in bocca il sapore del mondo”

 

“Con in bocca il sapore del mondo” (Minimum fax) di Fabio Stassi raccoglie dieci racconti, dieci esperienze umane che sono dieci storie dell’anima. Dieci testi che, come perle di una collana che li lega, ridanno voce a dieci grandi poeti del nostro Novecento e restituiscono alla poesia l’importanza che merita. Dieci testimonianze intense e appassionate narrate in prima persona da dieci poeti scomparsi, ricostruite dall’autore attraverso articoli, saggi, lettere, fotografie e soprattutto esplorando i loro versi, che non solo rappresentano la loro più esplicita dichiarazione d’amore per la poesia stessa, ma sono anche la più alta trasfigurazione della loro vita: “I miei versi sono la mia biografia, anche quando di me non parlano o non raccontano nulla”. Perché nessuno meglio di un poeta riesce a scavarsi dentro e a portare a galla il mistero che ne è racchiuso; nessuno meglio di un poeta sa spiegare quali emozioni si celano nel proprio animo, talvolta oscurato da paure e ossessioni, talvolta illuminato dalla luce di una felicità inaspettata, e nessuno meglio di un poeta sa farlo con quella grazia, quella poesia e quell’eleganza con cui Fabio Stassi gli fa pronunciare le parole, con l’intonazione giusta e con quella stessa tenerezza con cui ciascuno di loro sembra aver vissuto la propria vita, e misurando con cura ogni frase, affinché abbia un impatto immediato sul lettore, ma lasci anche dietro di sé una scia profonda e inviolabile. Perché anche le parole hanno un’anima e racchiudono dentro di sé un eterno e inarrestabile potere vivificatore: “Perché le parole sono gigantesche, come le montagne, e hanno la coda degli animali, che non sta mai ferma”; “Le parole hanno la mobilità di una marionetta, un’ossatura invisibile di legno e di fil di ferro, come quella che sostiene i pupi siciliani”.

Così, attraverso un’originale operazione fantastica, e per certi versi paradossale, Campana, D’Annunzio, Gozzano, Saba, Palazzeschi, Cardarelli, Ungaretti, Montale, Quasimodo, Merini prendono di nuovo la parola e, da una rinnovata prospettiva che è al di là dello spazio e del tempo, condividono con il lettore non solo gli eventi più importanti della loro vita, ma anche quella visione del mondo e dell’esistenza stessa che li ha animati e ispirati, confessando i segreti del loro animo inquieto e spesso lacerato da emozioni e sentimenti contrastanti. E soprattutto rivelano il loro incondizionato amore per la letteratura e per la poesia: “non sono mai riuscito ad amare nessuna donna quanto la letteratura”, ammette D’Annunzio; “Ma la poesia, e solo la poesia, era nel mio destino. Negarla sarebbe stato come negare l’evidenza di un fenomeno naturale” afferma Saba. Perché la poesia è libertà: “la poesia è fatta per andare per il mondo, affrancare un messaggio, una lettera, una cartolina. E forse per redimere la voce di chi la scrive, per restituirgli tutta la libertà che la vita ci toglie” sostiene Palazzeschi; la poesia è un atto d’amore, è amare e sentirsi amati: “È per questo che si scrive, soltanto per questo, per essere amati” dichiara Ungaretti.

E per quanto l’io narrante di ogni racconto sembri a tratti confondersi con quello dell’autore, a tal punto che non è facile distinguere dove finisce l’uno e dove inizia l’altro, tuttavia ogni dettaglio, ogni ricordo, ogni sensazione, ogni respiro che passa attraverso questi racconti sparge intorno a sé il puro seme della verità, ha il sapore agro dolce della vita, si tinge dei chiaroscuri di un’esistenza di cui ciascun poeta, a proprio modo, porta i segni. Forse i poeti sono dotati di una particolare sensibilità che li rende più aperti e vulnerabili ai sentimenti (“Sono stato soltanto uno che ha molto amato, molto sofferto, e anche molto sbagliato, ma non ha odiato mai;), forse possiedono un orecchio meno sordo ai richiami del mondo e più attento alla musica contenuta in ogni parola  (“Di ogni parola mi interessava la durata, la quantità, non l’imballaggio o la scatola”), o forse nascondono dentro di sé il germe incandescente della follia, musa ispiratrice dei loro versi e, al tempo stesso, dannazione eterna (“E la follia, a ben guardare, è un capitale enorme, estremamente prolifico, però lo può amministrare soltanto un poeta”). In ogni caso, sono uomini e donne in carne e ossa, che ridono, piangono, soffrono, gioiscono, amano. E muoiono. Ma non come tutti gli altri, perché la loro voce no, quella è immortale: “Sì, morire è più facile che scrivere anche una sola poesia, adesso lo so pure io”.

13/02/2019





        
  



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