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Olimpia Gobbi e Alessandrini Calisti presentano i volumi sulle donne all'Ospitale delle Associazioni

Grottammare | Due scrittrici, due donne a confronto: Olimpia Gobbi e Silvia Alessandrini Calisti. Soprattutto due libri: Emancipazione delle donne nelle Marche del Sud e Sani e Liberi.

di Alceo Lucidi

Olimpia Gobbi

La maternità nella tradizione marchigiana (sec. XVII - XX), che, da punti di vista diversi, analizzano e passano in rassegna la condizione femminile tra Sette e Novecento.

L'iniziativa, bene inquadrata all'interno del programma della 23ema stagione dell'associazione culturale Blow Up Qualsiasi cosa pensi pensa il contrario ed intitolata Marche e Grottammare al femminile - storie di maternità, lavoro e altro, ha visto il confronto, sabato 3 marzo, delle due autrici presso l'Ospitale delle Associazioni del Paese di Grottammare.

Coordinate da Roberta Carboni, giornalista e Filippo Massacci, del direttivo Blow Up, la professoressa Olimpia Gobbi, da esperta di storia locale ed insegnante (è stata, tra l'altro, collaboratrice di Storia economica presso l'Università di Ancona e del Centro Studi Storici dell'Ateneo di San Marino), con il suo volume, dal taglio saggistico ma dalla scrittura ampiamente fruibile, traccia un quadro accurato della situazione economica, sociale e culturale delle donne marchigiane tra Otto e Novecento sullo sfondo di una regione ancora agricola e dominata dal modello famigliare patriarcale.

Tuttavia, il contesto storico - suggerisce l'autrice - è molto più complesso di quanto possa sembrare, perché accanto alle donne, vestali del focolare domestico e dedite principalmente alla cura incessante della prole, si stagliano figure femminili combattive e tenaci nella loro lotta per l'emancipazione, nell'affrancamento da secolari vincoli sociali, nell'acquisizione di un diritto - non ancora giuridicamente sancito - alla conoscenza.

Parliamo delle suore concezioniste di Ascoli, che tanto si adoperarono per la crescita culturale ed educativa delle novizie, impartendo un'aggiornata e solida formazione sia umanistica che scientifica (e, più in particolare, della straordinaria vicenda di suor Petronilla - morta giovanissima, donna di grande cultura -, che, ancor prima della Rivoluzione Francese, ingaggiava dispute con intellettuali famosi) o di moderne protagoniste dell'era protoindustriale come Marie Lanoir, giunta dalla Francia per lavorare come responsabile alle macchine del più importante zuccherificio dello Stato Pontificio, operante in regime di monopolio, a Grottammare, nella prima metà del XIX secolo, in un ambiente lavorativo prettamente maschile.

Insomma, il libro vuole esplorare principalmente - come ricorda l'autrice - la vita «delle donne rimaste senza nome, nelle dinamiche interne alle famiglie, alle istituzioni, alle comunità di produzione e di lavoro» e che tanto si sono prodigate per la crescita economica del sud delle Marche (si ricordi ancora l'esempio delle cucitrici di cappelli, delle lavoratrici calzaturiere, delle "semarole" degli istituti bacologici, delle tessitrici o delle pioniere delle moderne migrazioni: vale a dire le centinaia di ripane emigrate in Egitto «che con le loro rimesse hanno cambiato la storia delle loro famiglie e della citta»).

Su un piano differente, il libro della Alessandrini-Calisti - nota blogger maceratese (con il suo sito pluripremiato mammemarchigiane.it), esperta di comunicazione multimediale e web-marketing, per anni libera professionista nel settore bibliotecario e già collaboratrice per le Università di Macerata e Roma 3 -, prende invece in esame più da vicino la maternità e l'età dello svezzamento in tre secoli di storia (dal ‘700 al ‘900), tra modernità e tradizione, medicina e superstizione, dinamiche famigliari e lavorative, emancipazioni ed involuzioni.

L'autrice per ricostruire l'esperienza della maternità non disdegna l'uso del dialetto e dell'intervista attraverso ben 22 testimonianze. Un libro tra racconto e saggio che parla di epoche lontane ma anche delle difficoltà di vivere la maternità oggi.
Alla fine, il bilancio tracciato è simile ad una linea sinusoidale per l'andamento incerto della storia del femminismo, nei suoi riflussi ed indietreggiamenti, speranze di riscatto e cocenti delusioni, in una società - come la nostra - ancora fondamentalmente maschilista, in cui, ad un avanzamento socio-economico, politico ed ideologico delle donne - afferma Filippo Massacci - non è corrisposta un altrettanto convinta crescita culturale e - per riprendere le parole della prof.ssa Gobbi - una profonda trasformazione dei rapporti di genere. Le storie drammatiche e raggelanti dei tanti femminicidi degli ultimi anni ne offrono uno spaccato inquietante.

Eppure - chiosa ancora Massacci ad inzio della conversazione - nonostante i tanti silenzi sulle donne della cultura ufficiale, come ad esempio Gombrich che, nella sua storia dell'arte, in oltre 800 pagine di trattazione, non cita un nome di donna, vi è stato chi, come Ada Lovelace, figlia del poeta Byron, fu la prima ad intuire un algoritmo che è stato l'antesignano dei moderni linguaggi per computer, tanto che può essere considerata la prima programmatrice al mondo.

Il silenzio uccide alle volte più della violenza fisica perché «se non esisti come persona diventi oggetto che può essere posseduto usato e consumato. Un oggetto senza un'anima senza una storia».

 

16/03/2018





        
  



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