Antoni O’Breskey e Maria Silvia Avanzato: talento, ironia e leggerezza
San Benedetto del Tronto | Un’altra splendida serata quella del 13 novembre al Medoc nell’ambito della rassegna In Art, che ha avuto come protagonisti la scrittrice Maria Silvia Avanzato e il musicista Antoni O’Breskey.
di Elvira Apone

un momento dell'evento del 13 novembre
Domenica 13 novembre al Medoc di San Benedetto del Tronto, nell’ambito della rassegna letteraria e musicale In Art organizzata dall’associazione culturale Rinascenza con la direzione artistica di Annalisa Frontalini, la scrittrice Maria Silvia Avanzato ha presentato il suo ultimo noir dal titolo “Anemone al buio” (Fazi editore) e il pianista e compositore Antoni O’Breskey ha incantato il pubblico con un concerto ricco di atmosfere multietniche e carico di intensità emotiva. Prima della consueta cena che, come sempre, precede ogni concerto, gli ospiti hanno dialogato con il poeta e magistrato Ettore Picardi che, con il suo solito acume, ha saputo stimolare l’interesse di tutti i presenti passando con naturalezza dalla letteratura alla musica e identificando nel processo creativo il comune denominatore di ogni forma d’arte.
Si è discusso, in realtà, di tante cose: dal noir che, a differenza del giallo, non risolve in modo univoco e decisivo tutti i conflitti aperti, ma, al contrario, ne apre continuamente di nuovi, insinua dubbi, paure, incertezze, fobie, alla world music che, superando ogni confine geografico e culturale, abbraccia tutti i popoli e tutte le tradizioni per diventare voce ed espressione di ognuno di noi, perché il talento, come ha ben spiegato O’Breskey, non si distingue in base alla razza, all’etnia, al paese, alla cultura; dalla scrittura come rappresentazione di se stessi o, come accade per Maria Silvia Avanzato, di una parte di se stessa, cioè di quella oscura e triste che, attraverso una sorta di conflitto dicotomico, talvolta prevale su quella allegra e visibile ai più, alla musica irlandese, in cui O’ Breskey ha ritrovato le proprie radici, anzi, quelle della nostra cultura occidentale, che deve soprattutto all’Irlanda la sua diffusione. Si è parlato, quindi, dell’essere umano, della vita nelle sue sfaccettature, della necessità di riscoprire la propria essenza per essere soprattutto se stessi, senza remore e reticenze, esprimendo ogni aspetto del proprio carattere, proprio come hanno dimostrato, attraverso la propria arte, Maria Silvia Avanzato e Antoni O’Breskey, dando una grande lezione di ironia e di leggerezza, quella leggerezza che, come diceva Calvino, significa planare sulle cose dall’alto, senza macigni sul cuore. E loro, la vita sanno prenderla dall’alto, riescono a guardare le cose da un’altra prospettiva, a ridere di se stessi e del mondo che li circonda con intelligenza e perspicacia, con l’animo sgombro da falsi miti e da inutili preconcetti.
Conversare con loro è stato piacevole e stimolante. Ecco cosa ha rivelato di sé Maria Silvia Avanzato:
“Anche questo tuo ultimo libro, “Anemone al buio” è un noir. Il noir è un genere che senti particolarmente tuo come scrittrice?”
Maria Silvia Avanzato: “Inizialmente io scrivevo sia commedie sia noir, soprattutto perché credo che nel carattere di ogni persona ci sia una sorta di dualismo: una parte estremamente allegra e una estremamente oscura, di cui io sono una prova lampante perché ho dei momenti in cui sono contentissima, anche se talvolta solo all’apparenza, e momenti in cui mi sento a terra. Il noir, ovviamente, corrisponde alla mia parte oscura, quella sotto terra. Anche se questo non è un periodo particolarmente luttuoso per me, mi sento predisposta verso il noir, per quanto mia nonna, con cui vivo e di cui mi occupo ricambiandole il favore che un giorno lei mi fece prendendosi cura di me, continua a ripetermi che dovrei tornare alla commedia perché lei ama le storie rosa, quelle che le strappano un sorriso”.“Come avviene il tuo processo di scrittura?”
Maria Silvia Avanzato: “ Ho bisogno dell’isolamento, quindi non posso scrivere tutti i giorni, ma solo nella mia casetta in campagna che da qualche tempo sto rimettendo a posto. Si tratta di una casa di famiglia lasciata per più di venti anni all’incuria e che qualche anno fa, con i miei risparmi, ho ristrutturato e reso abitabile, anche se non del tutto. Per me questa casa ha un valore affettivo e ho fatto di lei il mio rifugio; la mia famiglia è molto contraria al fatto che mi isoli in questa casa arroccata in un paesino montano sperduto dove non c’è il telefono, non c’è la televisione ed è già tanto che ci sia l’acqua potabile, ma per me è l’ideale; inoltre, accolgo qui gatti, ricci, animali randagi che mi fanno compagnia mentre scrivo”.
“Che cosa rappresenta scrivere nella tua vita?”
Maria Silvia Avanzato: “ Ho iniziato a scrivere a cinque anni quando con la mia famiglia abitavo proprio in questo paesino arroccato prima di trasferirci a Bologna. Ho cominciato a scrivere perché non avevo amici ed ero una bambina molto dissociata dalla realtà, anche se sempre a caccia di libri. Scrivevo storie fantasiose in un italiano empirico e maccheronico per solitudine, come passatempo, perché mi facevano compagnia”.
“Quale genere o quali generi preferisci leggere?”
Maria Silvia Avanzato: “ Mi piacciono i libri sommersi, io sono da mercatino dell’usato e cerco soprattutto i libri che nessuno ha mai letto o di autori scomparsi; mi piacciono molto i racconti, in particolare quelli sconosciuti, di autori che magari hanno scritto qualche racconto negli anni ’50 e poi niente più. Quando l’interesse della maggior parte dei lettori è tutto proiettato verso un romanzo, io non lo leggo. Voglio salvare le piccole perle; uno dei miei progetti è quello di creare una grande libreria della mia casetta dove collezionare i libri che possono tenere compagnia durante l’inverno, tra cui anche le favole per bambini, e comunque libri usati, ripescati. La mia autrice preferita è la grande dimenticata scrittrice neozelandese Janet Frame sulla quale è stato comunque girato un film negli anni novanta dal titolo “Un angelo alla mia tavola”. Lei ha una storia molto toccante perché è finita in un istituto di igiene mentale e ha subito numerosi interventi di elettro shock. È stata scambiata per una persona con problemi mentali, ma in realtà era un genio”.
“Tu hai scritto, oltre ai romanzi, anche racconti, romanzi brevi, commedie: quale è il genere che ti senti più portata a scrivere?”
Maria Silvia Avanzato: “ Preferisco scrivere romanzi perché posso uscire dai confini pattuiti; scrivere un racconto, invece, è un’operazione molto difficile; il racconto è come un presepe, è un piccolo ingranaggio, un meccanismo equilibratissimo. Scrivo anche racconti, ma ci metto più tempo perché si tratta di un lavoro dove bisogna andare a cesellare, mentre con il romanzo è concesso lasciarsi andare, rompere gli argini”.
“ Cosa pensi di questa rassegna letteraria e musicale?”
Maria Silvia Avanzato: “Innanzitutto mi piace tornare qui nelle Marche, dove sono stata per sette anni per amore. Mi piacciono anche i villini Liberty che ho visto qui su viale Trieste e mi piace la voglia di fare che c’è qui, nonostante gli ultimi tragici avvenimenti in seguito al terremoto. Mi ha fatto piacere essere stata invitata insieme ad Antoni O’Breskey, che è un grande musicista oltre che un bel personaggio. Credo che sia interessante l’idea di unire generi d’arte diversi e che per noi ospiti sia anche l’occasione per creare un ponte culturale e conoscere nuove persone”.
Antoni O’ Breskey è come un fiume in piena; brillante e talentuoso, ha fatto della musica la sua ragione di vita e della propria vita una ragione in più per fare musica e per unire tutti attraverso di essa. Ecco che cosa ha raccontato di sé:
“Come è nata la world music?”
Antoni O’Breskey: “ Le mie compilation si riferiscono a quella che oggi si chiama world music che, però, quando la facevo io, non esisteva ancora. Io me la sono fatta con le mie esperienze di vita; tanti musicisti che suonano nei miei album sono gli stessi che suonano anche per altri noti personaggi di quella che è la world music che, però, loro hanno fatto volutamente, avendo a disposizione anche una grossa somma di denaro. Io, invece, l’ho fatta attraverso migliaia di esperienze di vita: con alcuni musicisti ho condiviso anni di storia, come, per esempio, con gli Intillimani; altri li ho raccattati dalla strada, come, per esempio, gitani, tinkers irlandesi, che sono dei gitani irlandesi che non hanno origini indiane, ma sono dei celtici che si esibiscono in strada, altri gitani famosissimi di Madrid, come i Gipsy Kings, che hanno suonato per me gratuitamente. Insomma, da una parte ho avuto questa fortuna, dall’altra non mi è piaciuto mescolarmi con certe cose o non ho voluto accettare dei compromessi e sono rimasto fuori da certi grossi giri di cui non mi sono fidato. Ora, però, mi sembra che il mondo abbia bisogno di ascoltare qualcosa di buono, ma di buono non nel senso di tecnica, virtuosismo, bravura, ma qualcosa che sappia di vita. Io non ho fatto solo il musicista, ma ho coltivato anche altre passioni, per esempio, la cucina e ho raccolto le olive in campagna. Ho incontrato anche ostacoli in famiglia, ma ho avuto anche il piacere e l’onore di conoscere e suonare con musicisti che erano i miei miti e con cui ho stretto amicizia, soprattutto in Irlanda, anche se non è stato facile. Chi vuole stare da una certa parte oggi deve combattere; le uniche speranze a livello politico, secondo me, sono il papa e José Mujica, l’ex presidente dell’Uruguay. Se mi eleggessero, farei il partito PAB, che starebbe per partito Antonio Breschi, per partito anti burocrazia e per partito pub (anche se è scritto con la lettera a), che per me è il centro della nostra cultura, l’agorà greca”.
“Crede che ci sia una radice comune tra tutti i generi musicali?”
Antoni O’Breskey: “Il mio lavoro “When Bach was an Irishman and Mozart a Gipsy boy” rispecchia proprio questo concetto. Gli antenati di Bach erano gitani e in lingua rom Bach significa musicista di strada. Non è comprovato che Bach fosse realmente gitano, ma comunque il musicista di strada rappresenta il cardine della musica occidentale. Questo vuol dire che c’è una radice comune, ma purtroppo molti musicisti famosi, come per esempio alcuni jazzisti, sputano sulle radici, dimostrando di non conoscere niente delle radici musicali. Quando alcuni anni fa, per esempio, io dissi che il jazz è nato dalla musica irlandese e da quella africana, provocai non poche reazioni, ma io ritengo che le musiche fondamentali che hanno influenzato l’Europa sono quella gitana e quella celtica. Le radici sono comuni a tutta la musica: Bach e Mozart senza l’Irlanda non esisterebbero, lo stesso vale per il canto gregoriano, per quello arabo e per il jazz, anche se sono stati devitalizzati, separando erroneamente la spiritualità dalla sensualità. Pensiamo, ad esempio, ai gospel, che sono spiritualissimi, ma anche un’esplosione di sensualità, e alla cultura africana, in cui corpo e anima si incontrano nella danza, come pure in quella irlandese. Nel mio lavoro che si chiama “When Jazz was an Irishman” dimostro che il jazz è nato dall’unione tra schiavi africani e irlandesi che hanno, così, creato una razza e una cultura musicale incredibile, che comprende anche la danza”.
“Come è nata la sua passione per la musica irlandese?”
Antoni O’Breskey: “ Per me la musica irlandese è la più autentica. L’Irlanda mi ha sempre affascinato perché la sua cultura può essere paragonata a quella greca; i monasteri irlandesi hanno contribuito alla diffusione della nostra cultura”.
“Si sente più italiano, irlandese, o cittadino del mondo?”
Antoni O’Breskey: “ Il mio lavoro si chiama “Nomadic piano” perché, girando per il mondo, raccolgo la musica ovunque e non so mai dove sto, sono un nomade”.
Poi le luci si sono spente, l’attenzione del pubblico si è focalizzata su Antoni O’Breskey e su quel pianoforte, con cui lui è diventato una cosa sola: la sua musica. Magnifica, appassionante, affascinante, trascendente. Forti applausi. Poi il silenzio e il riaccendersi delle luci. Tra il brusio generale si percepiva soltanto un’aria densa di emozioni dure a morire, le emozioni che si erano incarnate nelle note uscite da quel pianoforte sfiorato dalle magiche dita di Antoni O’Breskey, emozioni che resteranno a lungo nell’aria, in quell’aria che d’ora in poi saprà anche di storia, di leggenda, di vita vissuta. E di genialità.
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15/11/2016
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