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La Cultura della traduzione o la paura della Cultura?

San Benedetto del Tronto | Un'analisi attenta del Professor Gino Troli su quanto culturalmente si propone, da anni, alla città e sull'assenteismo costante di chi "parla" di cultura senza mai entrare nei luoghi dove questa si esercita.

di Gino Troli

Marc Augè con Filippo La Porta, Francesco Tranquilli e Mimmo Minuto

L'associazione I LUOGHI DELLA SCRITTURA, con sprezzo del pericolo e con vera passione culturale prosegue nella sua missione di fornire, alla città di San Benedetto e a tutto il territorio piceno, un 'offerta culturale di altissima qualità.

Direi pure che la portata della quinta edizione del Festival letterario Piceno d'Autore dedicato all'arte di tradurre e ricco di figure di indiscutibile rilievo nel panorama nazionale, non si contestualizza più in un ambito locale ma guarda all'intero territorio regionale, facendo di San Benedetto un laboratorio che, a detta anche dei numerosi relatori, non esiste né negli spazi nazionali ( nemmeno a Roma ci sono confronti di questo tipo tra i professionisti della traduzione) né nella dimensione di isolamento che questi "alpinisti della parola" spesso vivono negli scontri titanici che essi devono compiere per restituirci in italiano testi impervi ma eterni nella loro forza letteraria.

Penso alla bellissima figura di un traduttore come Enrico Terrinoni, linguista e professore di letteratura inglese, che spende lunghi anni per affrontare la traduzione di un'opera mitica come l'Ulisse di Joyce, penetrando il mondo irlandese come nessuna aveva mai fatto prima, quasi in una sorta di metamorfosi joyciana necessaria eticamente per uno che "vive la passione" di tradurre e non il freddo mestiere di traduttore. 

Il resoconto dei contenuti del ricco confronto è stato fatto su queste pagine molto brillantemente da Elvira Apone e non voglio ritornarci. La varietà delle posizioni espresse, lo spirito di reale esigenza di confronto e a volte di scontro sul modo e sul senso della traduzione, la piena confessione da parte di tutti i relatori di un impegno che non può essere formale ma profondamente esistenziale, sono gli elementi che il dibattito ha messo in forte evidenza.

Solo una doverosa valorizzazione dei contenuti dei vari appuntamenti, tutti di assoluto rilievo, con la stampa degli atti, potrebbe dare agli assenti la giusta dimensione di un evento irripetibile quale questa importante edizione 2014 del Festival letterario PICENO D'AUTORE.

Purtroppo non è stato sufficientemente compreso dalla città, a volte assente e spesso artatamente lamentosa sull'insufficienza delle occasioni culturali presenti a San Benedetto. Poi accade stranamente che quando queste opportunità ci sono molti siano sordi La scuola, gli insegnanti di lettere e di lingue, una compagine culturale che questa città sembra non avere, non dico quella degli intellettuali che coltivino una sorta di aggiornamento permanente della loro preparazione, ma almeno una sana curiosità per occasioni come queste che aprono le finestre di una città che altrimenti sa di chiuso.

Si tratta di benefici viaggi della mente, bisogna che usciate dalle palestre per il corpo, dove passate ore e ore, per un'estetica piattamente fisica, portate in ben altre palestre la vostra testa, esercitate il cervello in una ginnastica della mente che fa respirare e che dà ossigeno ai prigionieri della melassa televisiva che ci inonda come un blob senza speranza di salvezza, difendete quel residuo di libertà di pensiero che si annida dentro di noi quasi come il fanciullino pascoliamo inascoltato.

Queste sane palestre mentali, sono anche gratuite, a differenza delle costose caserme del fisico, dove si pedala ossessivamente, come autolesionisti animali in gabbia, mentre fuori le piste ciclabili sembrano chiedersi dove siano finite le biciclette non robotizzate,quelle con le ruote vere. Ma capisco che sto delirando!

Datevi queste notizie a vicenda, voi cittadini di Facebook, scambiatevi annunci culturali, non può accadere che un antropologo di fama mondiale come Marc Augè che raccoglie ovunque folle di attenti estimatori e di osannanti ammiratori, parli a 90 persone nel "non luogo" della città sdraiata nell'attesa di Godot mentre Godot è già venuto.

Ecco mi pare di aver detto tutto. La cultura la si deve chiedere con i fatti, partecipando alle opportunità reali che vengono offerte dal comune e dall'associazionismo, non con la trita retorica della cultura che manca. A chi manca se continuate a preferire le poltrone di casa a quelle più produttive intellettualmente di un auditorium?

Ho paura che ormai gli alibi siano finiti e allo specchio ciascuno possa vedere la maschera di troppi condizionali auto assolutori:" io vorrei, io farei, io andrei, io penserei..."

02/06/2014





        
  



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