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ENZO JANNACCI "L'artista"

San Benedetto del Tronto | Questo disco di Enzo Jannacci è un gran gesto d'amore di un figlio che da eccellente musicista ha assemblato momenti rari e preziosi di un autore gigante come Jannacci.

di Paolo De Bernardin

Enzo Jannacci

Molto spesso i dischi "post mortem" hanno l'odore acre dello sfruttamento dei grandi artisti che ci lasciano. Questo di Enzo Jannacci è invece un gran gesto d'amore di un figlio (figlio? Ho sempre pensato che Paolo fosse il padre ed Enzo il figlio) che da eccellente musicista ha assemblato momenti rari e preziosi di un autore gigante come Jannacci.

E quante volte il tema padre/figlio torna in ballo in tutto questo bellissimo lavoro. Solo un brano, "Desolato" è inedito. E a dimostrazione di una scrittura non solo alta ma, soprattutto moderna ed attuale, il grande Dottor Folletto (nulla a che vedere con gli aspirapolveri che Jannacci avrebbe comunque cantato alla perfezione) si permette di rappare con J-Ax e lo fa con voce appesa, la cui incertezza è dipesa certamente dallo stato fisico ma non dalla voglia estrema di vivere (il tempo non mi basta mai....suggerisce con troppa ironia la canzone).

Tutto il resto è un repertorio di dieci canzoni messe all'angolo dal tempo ma ancora vibranti di energia. Qua e là sembra di ritrovare nell'eco anche quel Gaber che per anni ha suonato e cantato con Jannacci. Sui temi di una canzone popolare che spazza via i limiti del tempo e riflette, nota dopo nota, atmosfera dopo atmosfera, un passato mai diventato vecchio, Jannacci, a quattro mani con suo figlio, costruisce un album di fotografie reinterpretando se stesso vestito di suoni attuali.

Quanta tenerezza ne "La sera che partì mio padre" (come vorrei andarmene la sera di Natale quando son tutti in casa) e nella straordinaria "Maria me porten via" in milanese (ai ragazzi non dire che sono un ladruncolo e che mi han messo in galera). Dentro ogni canzone ci sono le storie della gente più umile, spesso diseredata e distratta, che vive amori da cinquanta lire e lascia le cose in un tassì, cose dimenticate come un sospiro o un mozzicone, roba che non serve più (Tassì è il suo primo 45 giri del 1961).

Spesso, e con la lucidità di Paolo, gli arrangiamenti navigano in un jazz leggero e raffinatissimo, a volte è il linguaggio del rock che fuoriesce ma sempre è il colore di una voce indimenticabile che prende il sopravvento e inchioda l'anima.

Jannacci riprende il primo Tenco di "Passaggio a livello", la Milva di "Non finirà mai" e la Mina di "La sera che partì mio padre", tutte canzoni affidate a quelle voci ma nate dalla sua penna. E rende infine omaggio al grande Sergio Endrigo de "Io che amo solo te". Con emozione, grande emozione.

Voto 8/10

05/12/2013





        
  



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