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"Non Machiavelli ma Nifo è l'ideologo cinquecentesco del Principe"

San Benedetto del Tronto | Angelo Filipponi:"Nifo o Machiavelli?"

di Professor Angelo Filipponi

Nel corso del mio lavoro di storico mi sono incontrato in tante conclusioni astoriche, in tanti giudizi assurdi, tirati, col senno del poi, da uomini considerati esperti.

Ho considerato, perciò, i tanto stimati esperti solo parolai e i grandi comunicatori di massa solo affabulatori e non seri operatori della storia.

Per me fare storia vuol dire ricostruire esattamente un 'epoca in ogni settore di vita e, perfino, riprodurre la quotidianità in modo da veder scorrere la regolarità di normale flusso vitale come in un corpo vivente.

Solo se si lavora sincronicamente, pur tenendo conto della diacronicità, si può leggere effettivamente la storia ed averne qualche indicazione, pur vaga, per il futuro.

Non mi sono mai sognato di mettere in relazione la storia con il presente e mai farla magistra vitae, considerandola paradigmatica.

Già Guicciardini, nei Ricordi, convinto che non sorge mai un sole eguale ad un altro e che la natura dell'uomo è malvagia mostra la necessitas della discrezione cioè di una virtus individuale che permette di essere prudente in quanto dà la capacità di saper distinguere per salvare il proprio particulare-utile, al di là della morale e della politica, in un adattamento continuo, di fronte al mutevole corso, infinito, degli eventi, sempre nuovi.

Perciò dice: è grande errore parlare delle cose del mondo indistintamente ed assolutamente e per dire così, per regola, perché quasi tutte hanno distinzione e eccezione per la varietà delle circostanze, le quali non si possono fermare con una medesima misura: e queste distinzione ed eccezione non si truovano scritte nei libri , ma bisogna che le insigni la discrezione... quanto si ingannano coloro che ad ogni parola allegano e'romani.... è facilissimo giudicare per esempli, perchè, se non sono simili, in tutto e per tutto, non servono e conciosiache ogni minima varietà nel caso può essere causa di grandissima variazione nello effetto e il discernere queste varietà, quando sono piccole, vuole buono e perspicace occhio.

Ora non si può fare storia in relazione ai pregiudizi e solo alle narrazioni storiche e alla lettura isolata dei fatti secondo gli storici, anche se testimoni, e tanto meno secondo le valutazioni della critica storica che ha operato secondo parametri tipici dell'epoca di scrittura e di semantizzazione, coeva al personaggio e al proprio tempo di critica in un tentativo di inserimentocritico temporale e in relazione alla formazione del mito e della fortuna dei protagonisti.

Operazioni così fatte secondo la metretica platonica sono opus letterario non storico e non permettono di comprendere affatto il fenomeno storico.

Dunque, avendo un'altra methodos con un altro sistema di misurazione ho sentito il bisogno di rivedere la storia romana (Giudaismo romano e Caligola il sublime) e la storia del Cristianesimo (Jehoshua o Iesous?, Ma, Gesù chi veramente sei stato? Per una conoscenza del Cristianesimo) ed ho intravisto un'altra figura di Gesù. e con essa tante raffigurazioni in contrasto con quelle della tradizione: i lavori su Filone christianos o Christos filoniano?; su Dante o Cecco D'Ascoli? su Nifo o Machiavelli? su Foscolo, su Manzoni ecc sono gli exempla più lampanti ma ce ne sono moltissimi altri, di cui ho parlato di solito in nota alle traduzioni.

Ora propongo, in breve, un'altra  lettura della storia di Machiavelli e la confronto con quella di Agostino Nifo, considerato superficialmente un copiatore del Principe.

Se si esamina la vita di Agostino Nifo (1470-1538) e quella di Machiavelli(1469 -1527) ci si accorge che uno è uno studioso aristotelico di primo ordine e quindi interessato al discorso politico-morale e altlla costituzione del regno, all'uomo, pars mortale ed immortale, al kosmos; l'altro è uomo di modesta cultura, un segdaretario di secondo ordine del comune di Firenze, un saltimbanco della politica (repubblicano diventa mediceo per poi ritornare repubblicano).

ll primo, di Sessa Aurunca, è professore univesitario a Padova ed in altri atenei, tra cui Pisa; è un esperto teorico dell' immortalità dell'anima dopo il superamento della personale crisi averroistica, tanto da meritare da Leone X, da lui difeso contro Pomponazzi,di essere definito mediceo e difensore della fede.

Il suo insegnamento è molto stimato se Torquato Tasso scrive il Nifo un Dialogo nel 1580, pubblicato nel 1583, con dedica «a' Seggi (cioè alla nobiltà) ed al popolo napolitano» , rivisto e ripubblicato nel 1585 e nel 1589 con dedica a Ferrante Gonzaga.

Il Nifo è nel Dialogo il filosofo per eccellenza che discute con Cesare Gonzaga, figlio di Ferrante circa l'utile, l'onesto e l'onorevole, le diverse varietà del piacere, e fa anche riferimento all'istituzione a Napoli del tribunale dell'Inquisizione. (T. Tasso, Dialoghi, a cura di E. Raimondi, Firenze, Sansoni, 1958).

Machiavelli non ha titoli di studio, è solo un dilettante e uomo che vede la politica come uno scritturale - cioè un segretario della seconda cancelleria che scrive e registra quello che i superiori gli impongono, andando dai grandi dell'epoca -Caterina Sforza Riario ad Imola, Luigi XII alla corte di Francia, Cesare Borgia e dopo la fine dei Borgia, Giulio II, .mentre è a contatto con Pier Soderini, gonfaloniere a vita, a cui propone l'efficacia delle truppe cittadine, risultate poi del tutto inaffidabili e perfino l'imperatore Mssimilano d'Asburgo-facendo parziale esperienza della conoscenza del presente. Lui assiste agli avvenimenti, passivo, sono altri che parlano: lui deve solo relazionare al proprio Comune quanto ha registrato fedelmente non come un ambasciatore - come ad esempio Guicciardini che ride di coloro che dicono sempre della necessità di riferirsi agli esempi dei romani e non tengono presente la varietà degli accidenti -.

Machiavelli ha la volontà di andare dietro più alla verità effettuale della storia che alla immaginazione di essa ma questo si risolve solo in una personale ed emotiva esperienza delle cose presenti e nell' accettazione di modelli antichi, e quindi in massime generiche e in una forma prescrittiva per il mantenimento di un principato nuovo con un principe centauroche abbia la razionalità della natura umana e di quella ferina le qualità congiunte della golpe e del lione ...

La stessa scelta di una coppia Medici (Giuliano e Leone X prima,e poi Lorenzo e Clemente VII) modellati secondo l'esempio dei Borgia (Cesare e Alessandro VI) si rivela chiaramente sentimentale e inefficace come sentimentale è l'esortazione ad uno principe a pigliare l'Italia e a liberarla dalle mani de'barbari (exortatio ad capessendam Italiam in libertatemque a barbaris vindicandam).

D'altra parte la stessa impostazione dell'uomo malvagio per natura che per uno soldo venderia sua madre tutto teso al suo utile con la visione del potere inconstrastato della fortuna (cap.,XXV) è elemento più letterario che reale, capace di limitare il valore di un' intelligenza costruttiva e creariva...

Comunque, aggiungo che per lui la politica è arte del momento che deve essere messa in relazione con i grandi exempla del passato e specificamente Persiani ed ateniesi, ebraici e latini in relazione alla Bibbia e alla storia di Tito Livio, (direi) i suoi due unici libri...

I paradigmi operativi del passato specie quelli di Mosè, Teseo Ciro e dei romani, sono necessari ai fini della storia fiorentina ed italiana (di un 'Italia per come poteva essere concepita nel Cinquecento).

Il Principe (titolo originale in lingua latina: lett. " Sui Principati") è un trattato di dottrina politica scritto da Niccolò Machiavelli nel 1513 (cfr Lettera a Francesco Vettori 10.12.1513 in cui si dice che ha interrotto i Discorsi sulla prima Deca di Tito Livio ed ha scritto in sei mesi il Principe), ma pubblicato nel 1532, nel quale espone le caratteristiche dei principati nuovi e dei metodi per mantenerli dopo la conquista. Al di là del valore letterario dell'opera e delle massime variamente lette ed interpretate, Machiavelli ha avuto una sua validità storica, dopo la sua pubblicazione nel 1532 e una fama sempre in crescendo, Nifo, invece, una gloria solo nel cinquecento.

 


Agostino Nifo scrive prevalentemente in latino ed è scrittore di molti libri, tra cui anche il De regnandi Peritia, opera in cui in circa ottanta pagine, vengono fatte divisioni tecniche sulla costituzione del principato, in relazione al principato augusteo connesso con tutta la trattatistica romano-ellenistica secondo una competenza specifica politica neanche pensabile per un Machiavelli.

Nifo è un teorico della politica in senso umanistico e neanche ha bisogno di distaccare la morale dalla politica perché aristotelicamente è già diviso il campo politico in quanto tipico del vir civilis e quindi proprio dell'attività pubblica, da quello privato della sfera morale individuale: la sua lezione a politici, educati nelle tre lingue (italiano, latino e greco) è ben capita ed è ormai cosa accettata secondo le regole umanistiche, dalla seconda metà del Quattrocento.

Cosa diversa è in Machiavelli, la cui scrittura in volgare (In Italiano) del Principe (solo i titoli dei 26 capitoli sono in latino) senza il lessico latino-greco e quindi senza il sostegno della cultura romano-ellenistica riprende la cultura ancora medievale e la innova, liberando la politica dalla morale...

Il Nifo scrive l'opera nel 1523 a Pisa e non conosce affatto Machiavelli, che per lui è uomo di nessuna importanza, un indotto, neanche un suo possibile lettore: la gloria di Machiavelli deve ancora cominciare, nessuno ne parla fino agli ultimi decenni del Cinquecento...

Ed allora?

Storicamente non può essere che il Nifo abbia letto e copiato Machiavelli, che invece può aver sentito i volgarizzamenti di politici toscani e fiorentini o le lezioni , studiate dai discepoli locali, Insomma l Machiavelli può aver in qualche modo avuto conoscenza della teoria politica aristotelica secondo la lettura universitaria di un docente pisano, conosciuto a Firenze dall'élite medicea...

Ne consegue che mi sembra giusto guardare da un'altra angolazione la vicenda di un serio scrittore del Cinquecento, bollato come copiatore da ammiratori del mito di Machiavelli e parlare di un teorico in lingua latina e greca  e di uno invece in sola lingua volgare.

Si può forse dire, allora, che Il Nifo abbia influenzato e in un certo senso dato sostanza a Machiavelli che ha recepito volgarmente il messaggio del pensiero aristotelico, cinquecentesco, utilitaristico, rispetto al precedente idealismo platonico e che ha sfruttato volgarmente quanto elaborato teoricamente nelle università ...

18/06/2013





        
  



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