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Amare considerazioni di un Natale di crisi

San Benedetto del Tronto | Tra vane promesse mai mantenute, prestazioni lavorative gratuite e prospettive di vita azzerate i giovani disoccupati italiani vengono messi alla porta dal sistema.

di Antiniska Oddi

Natale di crisi

Il lavoro non c'è. Se lo sentono ripetere ogni giorno tanti ragazzi italiani che - anche se non più giovanissimi - non trovano in questo Paese nessuna opportunità per "nobilitarsi"con un'occupazione che permetta loro di mantenersi.

C'è chi li chiama per un mese, per riempire un gap sistemico ma non pensa neanche lontanamente ad assumerli. Altri li fanno lavorare per anni gratis sventolando promesse che sanno già di non poter mantenere. E, ciliegina su una torta già indigesta, in molti casi le situazioni familiari sono tesissime e i genitori non sanno o non possono aiutare i figli in difficoltà.

Il lavoro ha rappresentato - dalla sua consacrazione nella Costituzione - la naturale evoluzione di un percorso umano dalla situazione di dipendenza e minorità all'indipendenza personale e all'acquisizione di un proprio ruolo all'interno della società. Oggi, per molti giovani lavoratori, questo assioma è diventato un sillogismo. Il disagio sociale e lo squilibrio delle relazioni ne deriva automaticamente e comporta il sacrificio di più di una generazione condannata. La pena è quella di non riuscire mai a conquistare una maturità umana e sociale, costretti in un ruolo di subalternità nei confronti dei genitori, e di marginalità nella comunità.

Tra i "bamboccioni" della Fornero che sarebbero troppo schizzinosi nei confronti del lavoro, ce ne sono tanti che si sono bruciati gli occhi sui libri e che, dopo aver concluso brillantemente il percorso di studi, si sono prestati ai lavori più disparati, perdendo di vista obbiettivi e traguardi importanti, costretti a scendere a compromessi su ogni aspetto della propria esistenza. Frustrazione, senso di fallimento e impotenza determinano il naturale isolamento della forza lavoro più fresca del Paese. Quando invece non comportano l'abbandono dell'amata terra natia.

Volendo rivolgere una domanda ai politici che rivendicano il loro ruolo alla guida del Paese e agli uomini che fanno, con le loro scelte, girare l'economia sorge spontaneo chiedere: si vuole davvero sacrificare la linfa vitale della Nazione e lasciare ai margini senza prospettive e senza possibilità di scelta un'intera generazione di italiani? E' mai possibile che nella nostra Italia non ci siano le condizioni per la ridistribuzione equa delle risorse, per l'ottimizzazione degli investimenti e il risanamento reale dell'economia per creare i presupposti di sviluppo che darebbero un nuovo orizzonte ai milioni di lavoratori che non vogliono darsi per vinti?

03/01/2013





        
  



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