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Il PdL alla ricerca di una democrazia che non c’è

San Benedetto del Tronto | Giuseppe Formentini: “Non vogliamo un partito dirigista con cariche calate dall’alto. È finito il tempo del voto di grazia”.

di Martina Oddi

Traini, D'amato, Formentini, Cocci, Vagnoni, Amato

Vertici arroccati nelle posizioni di potere, insensibili ai bisogni dei militanti. Detentori di cariche plurime che non permettono di adempiere ai ruoli in modo adeguato. Impegnati a fare politica solo per sé e non per il partito, negli incontri blindati nei ristoranti in barba alla collegialità. Politiche trasmesse dall'alto seguendo le logiche delle priorità dei capoluoghi del potere, che mortificano i piccoli centri e deludono le giovani leve.

In un contesto locale di assenteismo e nello scenario nazionale costretto nei ranghi di un governo tecnico composto dai rappresentanti di quel mondo bancario che ha affossato il paese negli ultimi dieci anni, con acquiescenza del centro destra e del centro sinistra.

Non usa mezze parole Giuseppe Formentini, classe 1979, e il suo atto d'accusa è rivolto ad un partito che non accoglie nel suo seno i principi della partecipazione democratica, e a un paese che accetta i compromessi del male minore. Insieme a Vincenzo Amato, Giuseppe Traini, Graziella Cocci, Giuliano Vagnoni e il giovanissimo Alessandro D'amato affila le armi per il prossimo congresso del PdL, in programma il 3 marzo nella sala Docens ad Ascoli Piceno.

I lavori inizieranno alle 9.00 e dalle 13.00 alle 19.00 avverranno le votazioni per eleggere il nuovo coordinatore provinciale, nella lotta che vede il giovane sfidante contrapporsi alla vecchia guardia rappresentata da Andrea Assenti. "Non si è capito che strada voglia seguire Gabrielli" spiega il dissidente "certo è che i tempi di Martinelli, in cui si scommetteva su Assessori poco più che trentenni, sono stati ampiamente disattesi".

E anche se sicuri di vincere, Formentini e i suoi ci tengono a precisare che non si tratta di una rottura con l'ala ortodossa del partito, quanto piuttosto di un allargamento di vedute e di punti di vista, perché non intendono minare la coesione interna del popolo della libertà, anzi rilanciarla su nuove basi di condivisione e di partecipazione. La speranza è dura a morire, ma saranno i numeri a fare la differenza.

28/02/2012





        
  



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