Piceno dAutore:autori, editor, traduttori, distributori, editori e librai a confronto.
San Benedetto del Tronto | Le figure professionali che costituiscono altrettanti passaggi della filiera produttiva di un oggetto culturale hanno avuto loccasione di confrontarsi e scontrarsi, manifestando il loro punto di vista.
di Maria Teresa Rosini

I congressisti(foto Cellini)
Un'avventura iniziata senza clamore, con pochi mezzi, nella consapevolezza che si affrontavano temi importanti per la vita culturale della comunità locale e non solo locale, progetto sostenuto con interesse e lungimiranza dal Comune di San Benedetto del Tronto nella figura dell'assessore alla cultura Margherita Sorge che ha seguito con interesse e costante partecipazione l'evento.
Quasi una scommessa di un gruppo di operatori culturali, scrittori esordienti, librai che hanno compreso quanto sia importante attivarsi "dal basso" e insieme nella direzione di un approfondimento e di una riflessione condivisa sui temi della cultura, della promozione degli autori esordienti, della ricerca della qualità, della conoscenza più dettagliata di un circuito editoriale, quello italiano, caratterizzato dalla contraddizione di fondo tra un' offerta dalle ambizioni culturali tipiche di un paese "sviluppato" e con importanti tradizioni alle spalle, e la realtà di un "parterre" di utenti e lettori forti inchiodato a dimensioni numeriche desolanti.
Scomessa vinta nel riscontrare che le tematiche proposte nel convegno "Fare libri nel XXI secolo", che affiancava l'esposizione delle opere degli autori locali, costituivano oggetto di attento interesse anche per gli operatori del settore invitati alla discussione. Editori di varie dimensioni e settori alle prese con una fase, come l'attuale, ricca di novità, di possibilità, di mutazioni "genetiche" nel modo di fare e vendere prodotti culturali, ma anche con un "problema" culturale annoso e tutto italiano (quello dell'esiguità dei lettori) e in una contingenza economica non certo esaltante. Anche loro avevano voglia di parlarne.
Le figure professionali che costituiscono altrettanti passaggi della "filiera" produttiva di un "oggetto" culturale hanno quindi avuto l'occasione di confrontarsi e "scontrarsi", manifestando il loro punto di vista, le difficoltà in campo, le loro priorità e necessità economiche e culturali, offrendo a coloro che rappresentano l'input (gli scrittori) e l'output (i lettori) dell' "algoritmo" editoriale, un punto di vista più diretto e approfondito sul loro lavoro.
SCRITTURA - ALCIDE PIERANTOZZI
Lo scrittore è ciò da dove tutto inizia. Spesso in misura inversamente proporzionale alle aspettative. Alcide Pierantozzi, che è un autore molto giovane ma già più che promettente, ci racconta che fondamentale per lui, dopo una personale ricerca e la pubblicazione su alcune riviste specializzate, è stato l'incontro con Cristina Tizian, la sua editor, che pubblica il suo romanzo d'esordio Uno e indiviso nel 2006 nella collana Hacca.
Il libro merita le attenzioni della stampa e di grossi nomi dell'editoria, ma, ed è ciò che consiglia agli esordienti, furono i contatti con un agente, Piergiorgio Nicolazzini, a fargli da guida in circostanze in cui sbagliare può essere molto facile. Pubblica con Rizzoli L'uomo e il suo amore nel 2008 ed oggi sta ultimando il suo secondo romanzo per la stessa casa editrice.
Naturalmente non tutti gli agenti sono uguali, dice. Lui ha avuto la fortuna di incontrarne uno "più selettivo degli editori stessi", della cui rara specie in Italia non esistono che tre o quattro esemplari. Per carità, suggerisce inoltre, non mandate la bozza agli editori, che per sovraccarico non leggono ciò che arriva. Piuttosto chiedete un parere a uno scrittore già affermato, che conosca l'ambiente,o indirizzatevi a riviste o a buoni siti letterari.
EDITOR - MICHELE ROSSI premio PICENO D'AUTORE 2010
Figura in qualche modo centrale nell'analisi del processo che conduce dalla scrittura alla pubblicazione quella del curatore editoriale, di colui cioè che ha il compito di scopritore, revisore e, infondo, "mentore" di un autore.
Nell'incontro di sabato mattina, coordinato magistralmente dal critico letterario e saggista Filippo La Porta, è a Michele Rossi (premio della manifestazione come curatore editoriale di Acciaio e "scopritore" di Silvia Avallone) che dobbiamo alcune riflessioni pungenti ma realistiche: "il primo editing di un autore è sé stesso, bisogna saper scrivere, ma anche riuscire a gettare via, centinaia e centinaia di pagine quando occorre".
E' questo il primo coraggio dell'autore, continua Rossi, il quale non può e non deve sentirsi sicuro d'aver "messo un primo punto" e di aver acquisito, per il solo fatto di aver scritto, dignità di pubblicazione.
"Non c'è nessun diritto alla pubblicazione, non c'è un mercato che risponda e che possa consentire errori e non è compito degli editori pubblicare tutto quello che arriva in redazione".
Le sue riflessioni proseguono rivolgendo l'attenzione agli editori.
Neanche per gli editori esistono scorciatoie per il successo.
Una linea editoriale non può affidarsi a clichè, e giocare sulle mistificazioni non può pagare all'infinito: se è vero che ci sono stati editori che hanno portato alla fortuna un autore risultando determinanti per il successo dell'opera più dello scrittore stesso, questa operazione non è tale da potersi riprodurre, né da poter costituire il fondamento di un solido e duraturo successo editoriale.
E c'è anche una leggenda che Rossi si incarica di smontare: se è indubbio che ogni editore ha una sua storia e una linea culturale che determina i suoi orientamenti e le sue scelte, non risponde a verità, invece, il fatto che egli eserciti o tenti di esercitare sempre un "editing invasivo" sugli autori, in particolare sugli esordienti.
Ma, del resto, l'editing della casa editrice non può neanche sottrarsi al suo compito specifico che è quello di rapportarsi autenticamente all'opera e all'autore, mettendo in atto un confronto fonte di comprensione e chiarificazione innanzitutto per chi scrive e ha scelto di intraprendere quello che è, prima di tutto, un lavoro.
Il lato più bello del lavoro di editing, conclude Michele Rossi, è proprio quello di entrare in contatto con la "lingua" dell'autore, imparare quello che può definirsi il codice comunicativo specifico del singolo scrittore e il suo universo linguistico di riferimento: sbaglia l'editor che ritiene la sua lingua migliore di quella dell'autore e agisce di conseguenza.
Lavoro da equilibrista, ci sembra di capire, quello dell'editor: sospeso come un funambolo tra esigenze editoriali, ricerca del talento, relazioni al limite dell'ossessione con autori che non dormono per una virgola omessa, costretti nei molti no e pochi sì pronunciati, a disilludere stormi di aspiranti scrittori spesso ingenui e sprovveduti, ma a volte rabbiosi e vendicativi fino alle minacce.
TRADUZIONE - LUCA FUSARI
Non meno sfaccettato e complesso il ruolo del traduttore testimoniato dall'intervento di Luca Fusari, traduttore di letteratura angloamericana e, tra gli altri, di Stephanie Meyer (autrice della saga Twilight).
E' Filippo La Porta a sottolineare quanto quello del traduttore sia nell'editoria un mestiere sottopagato. Che rischierebbe perciò di continuo di essere fatto male se questa tendenza non fosse arginata dalla presenza di professionisti assolutamente al limite del perfezionismo ed anche oltre (come Fusari).
Dato che il fattore tempo è determinante nel lavoro di traduzione, conferma Fusari, e che le esigenze editoriali sono spesso pressanti, occorre supplire con tutte le proprie risorse alla necessità di produrre un risultato economicamente efficiente e che abbia nello stesso tempo le qualità della "vicinanza", della corrispondenza allo spirito, al ritmo, alla lingua, al registro originali.
COMUNICAZIONE - FILIPPO LA PORTA
Editoria è anche comunicazione, anche se sembra esserci qualcosa di intrinsecamente incompatibile tra il concetto stesso di comunicazione pubblicitaria ( scienza della persuasione e dell'illusionismo) e un'opera letteraria.
Qualcuno parla un po' polemicamente di libro-scarpa, ma potremmo obiettare che, in fondo, qualità, capacità di durare nel tempo come anche di essere aderente ad un periodo e ai suoi riferimenti e contesti culturali (mode?) non sembrano caratteristiche applicabili ai libri come alle scarpe?
E nell'editoria, come in ogni altro settore più prosaico ( dal dentifricio alle merendine), non c'è forse ugualmente chi tenta di ovviare, con strategie di vendita aggressive o mistificanti, a quella che non è altro che assenza di qualità, di ricerca, di investimenti, di creatività, di "anima"?
Ci sono modi di richiamare l'attenzione del lettore (e possibile acquirente) specifici del campo editoriale, ci dice Filippo La Porta: un titolo particolarmente evocativo, il nome prestigioso di un autore culto, o un'idea forte in grado di scuotere o capovolgere i nostri riferimenti, funzionano da "gancio" per la nostra attenzione e costituiscono quindi efficaci strumenti comunicativi per vendere un libro.
Non sempre però le capacità comunicative di uno scrittore, per fortuna, sono così utilitaristicamente orientate.
E' nel passato, in Pasolini, evocatore strordinario di immagini e suggestioni che prendevano vita dalle parole, che La Porta individua uno dei migliori "comunicatori" di allora e forse anche di oggi: nei titoli dei suoi articoli sul Corriere della Sera l'utilizzazione di un linguaggio poetico, le metafore e le immagini evocate delineano una "trasparenza emotiva" per la quale non c'era mai in lui pensiero, analisi, riflessione intellettuale che non corrispondesse e trovasse perfetta aderenza al suo mondo interiore.
"Non c'è una parola di Pasolini che non si riesca a ricondurre alla base emotiva che l'ha prodotta", egli "ci informa sempre di come sta e di dove sta".
Un comunicatore ante litteram insomma, il cui scopo, lo sappiamo per certo, non era quello di vendere, ma condividere una passione civile, unire le persone, o dividerle, intorno a qualcosa che potremmo chiamare un' autentica partecipazione alla realtà.
DISTRIBUZIONE - PAOLO CHIAVACCI, GIAN PAOLO FORNASIERO, GIORGIO PIGNOTTI
160 mila libri in magazzini distribuiti in tutto il territorio italiano, in rete tra loro attraverso un portale che permette di entrare dentro i magazzini e vedere se un libro c'è o non c'è, quante copie sono disponibili, prenotare ed essere certi di poterlo avere in 24/48 ore: questa è FastBook, moderna ed efficiente realtà di vendita alle librerie indipendenti del territorio e in grado di aiutarle nel migliorare il loro servizio. "Certo le novità editoriali non sono più il cuore del lavoro" ci racconta Paolo Chiavacci, "lavoriamo sull'intero catalogo, lavoriamo con i rifornimenti. La nostra forza non è avere i 25 mila titoli che vendono tutti ma avere gli altri 125 mila. Noi non facciamo grandi sconti allora perché venire da noi a comprare?"
Perché il libraio di fiducia offre un servizio e lo offre tutto l'anno, noi intendiamo lavorare con questo segmento di mercato.
C'è, dunque, una filosofia nel promuovere libri e stamparli, una nel venderli e pubblicizzarli e, non meno determinante, la filosofia di chi acquista: dal libraio di fiducia o al supermercato? Presso le catene distributive legate alle case editrici o nella "Libreria del buon romanzo" come suggerisce l'appassionata scrittrice francese Laurence Cossè (impegnata a Mantova in un analogo e ben più serrato confronto con Romano Montroni).
Ma, poi, chi li compra i libri in Italia? E soprattutto chi li legge? In pochi, sembra.
Qualcuno non fa e non ha fatto il proprio dovere... la scuola e, a sorpresa, anche i librai. Ne è convinto Giorgio Pignotti responsabile della libreria Rinascita di Ascoli Piceno, libraio dal 1976. L'informatica, che è il settore oggetto dell' impegno specifico di Pignotti, aiuta ad organizzare, razionalizzare, "sbarcare il lunario". Già perché il libro non è un "oggetto" che va via come il pane: vendere non è semplice. La scuola ha certo una responsabilità. Non la primaria, dato che i più piccoli sono generalmente buoni frequentatori e acquirenti nelle librerie. Nel prosieguo dei gradi scolastici però non c'è la stessa vivacità e sensibilità nei docenti, spesso ancorati ai "classici" scolastici non sempre particolarmente stimolanti per gli adoloscenti.
Sulla diffusione di libri di editori giovani e la promozione di autori locali interviene Gian Paolo Fornasiero. Promuovere autori locali e "minori" è compito delle librerie: la recensione sulla stampa, la creazione di riviste sui libri, l'apertura allo scambio tra editori e autori di diverse regioni, evitando la chiusura in realtà regionali o localistiche, la creazione di sinergie e strategie di diffusione che si giovino della creatività e della originalità di iniziative dal basso, costituiscono tutte modalità atte a contribuire all'incontro del libro con i lettori.
In realtà un nuovo libro di un autore esordiente "muore" dopo i primi tre mesi se non supportato da adeguate strategie di diffusione che le piccole case editrici non possono spesso permettersi di mettere in campo. E' su questa realtà che perciò occorre lavorare e inventare.
PROMOZIONE DELLA LETTURA E SCUOLA - PAOLO FAGNANI
Inizia con una buona notizia l'intervento di Paolo Fagnani, ex libraio storico anconetano, e promotore editoriale scolastico: la trasmissione "Per un pugno di libri" dedicata ai ragazzi e che li vede protagonisti positivi, resterà nel palinsesto destinato ai più giovani, contro la proposta di eliminarla, che rappresenta, solo per il fatto di essere stata formulata, un drammatico indicatore dei tempi.
L'editoria scolastica, prosegue Fagnani, settore minore all'interno del sistema editoriale italiano e fino agli anni ottanta considerata un editoria di "artigianato alto", ha visto successivamente il mercato dominato da alcuni grandi gruppi che hanno inglobato diverse case editrici preesistenti.
Non certo da considerarsi, come per molto tempo è stato, "figlia di un dio minore", l'editoria scolastica potrebbe risultare invece centrale in collegamento con le istituzioni deputate all' istruzione, alla formazione, alla promozione della lettura, ma riverbera invece la crisi di credibilità che in Italia questi settori fanno registrare da molto tempo.
Una considerazione di desolante inutilità circonda ingiustamente i testi scolastici nonostante una qualità, testimoniata dalla loro frequente traduzione per il mercato estero. Essi inoltre costituiscono, per quella parte delle famiglie tradizionalmente poco orientate sia all'acquisto di libri che all'informazione e alla conoscenza, l'unico strumento di documentazione e acquisizione di "sapere" presente in case dove non è ritenuta importante la presenza di una, pur limitata, biblioteca.
Sono perciò le istituzioni che ruotano intorno a questo settore editoriale a trascinare nel loro mancato funzionamento, come promotrici di crescita culturale per l'intero paese, anche i testi scolastici e questo testimonia, sostiene Fagnani, di un approccio come minimo superficiale e provinciale nei confronti dell'editoria scolastica.
Dagli anni sessanta infatti non si registrano in Italia corsi di aggiornamento rivolti ai docenti sui testi scolastici: non sono previsti nel loro curricolo per cui vengono chiamati a compiere scelte senza conoscere, se non per interesse e scelta personale, il panorama di possibilità previsto in un'offerta che Fagnani definisce di qualità.
C'è "un atteggiamento di estrema sufficienza e di sostanziale critica" sulla questione libri di testo: alla considerazione che li ritiene sempre troppo costosi (dalla scuola media in avanti) nonostante i limiti stabiliti negli ultimi anni alla loro spesa complessiva, (e in questo senso qualcuno dice la sua dal pubblico) Fagnani obietta che tra cellulari, altro materiale tecnologico e abbigliamento firmato, la spesa dedicata ai libri forse non è la più rilevante se non alla luce del fatto che la loro utilità e importanza non viene considerata tale da giustificare un investimento. E questo ci lascia ad amare considerazioni sullo stato della vita culturale nel nostro paese.
Il problema lettura non può essere insomma risolto contro la volontà della maggioranza, quella dei cittadini, distolti e distratti da altro evidentemente, e quella della politica che nell'aver prodotto una riforma scolastica a costo zero, e una legge sui libri e l'editoria (in discussione al Parlamento) inadeguata e dagli effetti futuri imprevedibili e rischiosi, ha manifestato simbolicamente anche l'entità numerica, zero appunto, corrispondente alla sua considerazione per il settore istruzione, formazione e cultura nel paese.
PAOLO PISANTI - PRESIDENTE LIBRAI ITALIANI
Il problema dell'Italia, esordisce Pisanti, è che escono ogni anno 58 mila nuovi titoli, 570 titoli al giorno, di cui il 70% sono novità.
8800 sono gli editori italiani complessivamente. 400 di essi stampano il 90% di ciò che si vende; 80 fanno parte di 5 gruppi che hanno il 65% del mercato restante e tutti gli altri fanno il resto.
Riguardo la lettura, dati 2010, l'Italia registra un incremento dell' 1,1 % rispetto al 2008. Il 45% degli italiani legge un libro all'anno, all'interno di questa percentuale il 15,2% legge un libro al mese. Il 55% non legge neanche un libro l'anno.
Non c'è nulla più della "freddezza" delle cifre ad essere in grado di indicarci l'inesorabile drammaticità di una situazione che il modesto incremento dell'1% non può certo consolare.
Riguardo la legge sull'editoria e i libri, Pisanti non può che ribadire che non sono certo i librai a fare le leggi, ma il Parlamento, e che il problema degli sconti sui libri, su cui si era soffermato anche Fagnani registrandone all'estero la quasi totale assenza, non può essere imputato quindi alla categoria che rappresenta.
Un altro fenomeno gravissimo che registra una peculiarità tutta italiana quello delle catene editoriali: gli editori cioè che posseggono "loro" librerie (717 in Italia), anch'esso del tutto assente fuori dal nostro paese. Fenomeno che, naturalmente, è in grado di ridimensionare le aspettative di mercato delle librerie indipendenti.
E su questo alcuni librai presenti, erroneamente inseriti tra le catene editoriali, tengono a rivendicare la loro "indipendenza".
Le librerie indipendenti: pur rappresentando il 73% delle librerie esistenti, in tre anni si è registrata la chiusura di 150 librerie indipendenti, e quelle ancora in attività stanno perdendo mercato nonostante siano le più diffuse.
Essendo in una fase in cui l'attività legislativa sembra piuttosto difficoltosa, forse, propone Pisanti, occorrerebbe arrivare ad un accordo tra gli operatori del settore in cui questioni come quella delle promozioni (quante volte all'anno?) o degli sconti applicabili per arrivare una legge definita dato che attualmente, con una legge che negli anni ha fatto rilevare continue modificazioni, chiunque può fare campagne promozionali con sconti che non hanno nessun limite.
Difficilmente paragonabile la situazione italiana a quella di altre nazioni europee in cui l'editoria funziona in maniera strutturalmente diversa e con ben altri investimenti.
Per fare una buona legge occorrerebbe infatti anche prevedere investimenti per attuare correzioni nel senso dell'equità di condizioni tra le diverse realtà di vendita dei libri. Questo, purtroppo, sembra non sia possibile, per cui il futuro delle librerie, che dovrebbero rappresentare una sorta di presidio culturale sul territorio, non sembra allo stato attuale avere buone prospettive e non potrà che registrare ulteriori problemi di sopravvivenza.
Al termine di questo confronto serrato, alla soddisfazione di aver posto sul tavolo un tema settoriale che in realtà coinvolge ambiti e nodi centrali relativi alla vita culturale della nostra nazione, l'osservazione che scaturisce è che gli attori coinvolti abbiamo voglia e necessità di parlarsi e da questa constatazione trarre auspici beneauguranti nonostante le cifre, impietose come solo i numeri sanno esserlo, che definiscono il ruolo del libro e della cultura nella nostra vita nazionale.
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23/10/2010
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