Il Topo IV parte. Racconto del professor Tranquilli
San Benedetto del Tronto | La seratina "romantica" di Augusto ha preso l'abbrivio: nulla può andare storto ormai...
di Francesco Tranquilli

acaraje
Ma Augusto non ti molla, bella. Qua devi tornare, prima o poi. Anche perché manco sei andata a fare denuncia all'assicurazione prima di volartene via.
Quando mi compare il suo numero, quel venerdì pomeriggio, per poco mi fa tamponare di nuovo. Inchiodo. La bionda nel Mercedes dietro di me mi evita per un pelo, mi strombazza, mi supera mostrandomi il medio.
Vai, vai, bionda, che ti ho preso la targa. A te ti sistemo dopo. Mo' Augusto cià la sua Ombra Bianca da far impallidire...
"Pronti!"
"Ti disturbo?"
"Nient'affatto, sono in macchina. Come stai?"
"Ti va di venire a cena da me domani sera? L'indirizzo lo sai. Va bene verso le nove?"
E' fatta! Ce lo sapevo.
"Io... ma molto volentieri. Devo portare qualcosa?"
A parte i preservativi.
"Penso a tutto io. Porta solo te stesso."
"Fino all'ultimo pezzo, bimba."
Magari un mazzo di fiori. C'è quel chiosco nuovo che ha una commessa mica male...
"Ah, dimenticavo. Sono allergica ai fiori."
Che cazzo fai, leggi nel pensiero?
"Ehm... agli ordini."
"Un'ultima cosa..."
"Sono tutt'orecchi."
"Non esagerare nemmeno coi vestiti. Il meteo dice serata calda."
Che fai, Augusto, piangi di gioia? I veri uomini non piangono.
E Augusto ti ha preso in parola, Ombra Bianca. Niente braccialetti e collane che s'impigliano, no pedalini che non servono a niente, quattro pezzi, slip pantalone camicia e giacca per via delle tasche, perché i rigonfiamenti sul culo fanno troppo tamarro.
Ah, che bello essere maschi.
Figurati un po' se nascevo femmina: stavo tutto il giorno a toccarmi le tette!
Driiiiin!
"Vieni. Al secondo piano."
"Vengo, vengo."
La musica che scende per le scale fa proprio schifo. I vicini non protestano?
"Sei puntualissimo. Bravo."
Mi dà un bacino, o meglio una specie di mozzico, e mi squadra da testa a piedi.
"Gra..." Deglutisco. "...zie."
Finalmente vedo queste gambe così svelte in tutto il loro splendore. E anche la camicia, abbottonata per modo di dire, non è che nasconde molto. I capelli neri sono legati dietro la testa, le evidenziano i lineamenti e la profondità degli occhi.
"Anche tu di nero, eh? Ma non restare sulla porta..."
"No. Ehm... Bella."
"Oh, grazie Non sei male nemmeno tu. Seguimi"
Chiudo la porta.
"La... la musica dicevo. Mi pare un pezzo già sentito..."
"Sfido io. Garota de Ipanema, è un classico."
"Io sono più per la musica moderna."
Il tuo culo per esempio pare heavy metal.
"Rock duro?"
Ci rifai, eh? a indovinarmi i pensieri...
"Durissimo."
La seguo in cucina. Piccola ma ben attrezzata. La tavola è imbandita di tutto punto.
"Che finezza! mancano solo le candele, ma per stasera ci passo sopra."
"Troppo buono... ma ci sono pure le candele. In camera da letto."
Vado in apnea per un attimo.
Augusto, non è un sogno, è tutto vero. Sei andato in buca pure stavolta. Anche se questo tavolino metallico non sarebbe stato male per una botta tipo il postino suona due volte, avrei dovuto buttare tutto sul pavimento, non è fine, e poi ‘sto odorino di frittura mi ha stuzzicato l'appetito.
"Che c'è di buono? Posso scoperchiare il vassoio?"
"Ti ho fatto gli acarajè."
"Squisiti..."
"Sono arancini di fagioli al sugo piccante."
Fagioli, che schifo...
"Li ho appena tirati fuori, vanno lasciati freddare un po'. Intanto puoi alzare la musica: il telecomando è lì. Io ti verso da bere."
"I vicini non protestano?"
"Questa è una palazzina estiva. Fino a dopo Pasqua ci abito solo io."
Allora ci scateniamo...
"Come dici?"
Mi fissa addosso gli occhi nocciola brillante.
Ma che, l'ho detto ad alta voce?
"Nelle danze, magari. Ti piace ballare?"
Mi porge un bicchiere. Sorride imbarazzata.
"No, non mi piace. Ho le gambe troppo lunghe, sono goffa."
La prima che hai detto, bimba.
Le tue gambe sono un'autostrada a due corsie e a senso unico che io percorrerò tutta al centro della carreggiata fino a farmi esplodere al casello come un kamikazze.
Sei pure poeta, stasera, Augusto...
"Alla nostra."
"Cos'è, caipirinha?"
"Sei fuori? Quella la bevi al bar. E' Rio Sol, metà Syrah, metà Cabernet Sauvignon. Viene dal Pernambuco."
"Ehi, ma scherzo. Lo riconosco, il vino. Alla nostra."
Lo mando giù di un fiato. E' come un miele fuso che mi si infila nelle vene e me le lubrifica.
Ma quanti gradi sarà?
"Hai sentito il mirtillo?"
Apro gli occhi. Lei ha appena assaggiato il suo vino.
"Sì, ma soprattutto la mora."
E' una battuta, ma lei non sorride, mi scruta.
"Bravissimo, c'è anche quella. Ancora un po'?"
"Vuoi farmi ubriacare? Guarda che lo reggo."
"Niente affatto. Ti voglio lucidissimo."
E lo sono, bella. Questa è una notte che non scorderai facilmente.
Lei continua a fissarmi, appoggiata al muro. Tocca a me l'iniziativa.
"Be', allora... ci mettiamo a tav..."
"Prima o dopo?"
Appoggio il bicchiere sul tavolo. Allargo le braccia.
"Perché, abbiamo fretta?"
A stomaco pieno si scopa meglio...
"Nessuna fretta. Ma mi va di farlo adesso."
Le sorrido, e mi trattengo per non scoppiare a ridere.
"Gli arancini aspetteranno."
Coi fagioli, poi...
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31/07/2009
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Betto Liberati