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Le colpe dei Figli parte II

San Benedetto del Tronto | Continua il racconto del professor Francesco Tranquilli.

di Francesco Tranquilli

Piccioni

"Invece a catturare quel mostro ci vollero poche ore. Tutti l'avevano vista andar via con lui. E tutti, ovviamente, sapevano benissimo come si chiamava."

"E sapevano anche che non dovevano lasciarla andare!"
Risuona come un urlo, questa frase secca e rauca del padre che spezza il suo cupo silenzio.
"Carlo, ma come potevano..."
"Tutti. Le sue amiche. Gli altri ragazzi, Tutti sapevano che quel figlio di puttana era pericoloso."
Per la prima volta mi guarda, e prosegue rivolgendosi a me direttamente.
"Ma nessuno disse niente a Alice. E lo sa perché? Lo sa?"
Lo sapevo. Perché Giuseppe detto Giusy è il figlio di un importante esponente politico della maggioranza, vicinissimo alla Famiglia (non intesa come parenti) del Presidente del Consiglio.
"E' dalla scuola media che quel maledetto si droga e molesta le ragazzine, ma chi l'ha mai fermato? Ha dovuto ammazzare nostra figlia, l'unica che ci rimaneva, perché due signori, gentilissimi, per carità, con la divisa, lo andassero a prendere in villa. E quanto è rimasto in carcere, quanto? Un giorno, il tempo di dargli gli arresti domiciliari perché "non più socialmente pericoloso.". E il processo, l'ha seguito, lei? No! Perché non c'è nemmeno stato, il processo. Ha patteggiato. E' stato dato in affidamento ai servizi sociali. Non ha fatto un giorno di galera. Se fosse stato un altro, uno zingaro, lo buttavano in carcere per trent'anni, e magari lanciavano molotov contro la sua famiglia. Invece lui no. L'hanno dichiarato temporaneamente incapace di intendere e di volere. Lo sapeva, vero?"
Il padre di Alice, che pur restando seduto sembrava agitato da un terremoto interiore, ora si accascia esausto appoggiandosi allo schienale, e sembra svuotarsi di tutto, solo gli abiti gli danno ancora forma umana.
L'unica risposta possibile a tanto strazio è il silenzio. Ma sbaglia chi intende il silenzio come indifferenza. E' solo l'incapacità di dare forma di parola a emozioni troppo poderose per essere controllate.
Un piccione, riconoscendomi, viene a zampettarmi accanto, perplesso da vero piccione. Si chiederà perché oggi non distribuisco briciole. Ma oggi è domenica, non lavoro, e non posso interrompere una tragedia con il rumore di un sacchetto di carta.
"Quello che lei non può sapere" riprende dolcemente la madre "è quanto ci hanno offerto, quanto suo padre ci ha offerto come risarcimento. Glielo dico io: diecimila."
Per una vita troncata.
"Io faccio le pulizie nei condomini. Ma fra poco non mi reggerà più la schiena, e dovrò smettere. E Carlo ha una piccola pompa di benzina appena fuori città. Non nuotiamo certo nell'oro. Però siamo sempre stati persone oneste. Con rispetto parlando. Ma quella gente, che dio li maledica, nuota nel denaro, e ci veniva a fare l'elemosina, dopo tutto il resto... Non gli abbiamo nemmeno risposto. E non dica che abbiamo sbagliato."
Chi sono io per dire chi sbaglia e chi no? Ma c'è un'altra domanda che devo fare a queste persone. La discrezione dovrebbe prevalere sulla curiosità, ma stavolta so che devo assecondare il mio bisogno, forse morboso, di conoscere tutto, ogni dettaglio. E chiedo, e mi fa male anche la sola domanda.
"Perché avete detto che Alice era l'unica figlia che vi rimaneva?"
Sul profilo della madre si vede la fitta provocata dalle mie parole, che riaprono una piaga mai chiusa.
"Ricky ha avuto la leucemia dieci anni fa. Oggi ne avrebbe quindici."
Mi rammarico di aver chiesto, ma dovevo.
"Non siamo impazziti allora perché c'era Alice da accompagnare ancora, solo per lei." Il padre parla fra i brividi, come colto da una febbre improvvisa. "Per farla studiare, per mandarla all'università. Lei adorava gli animali. Voleva curarli. Voleva salvarli."
"Ma quel ragazzo è peggio di un animale. E' un deviato. Un pervertito. Un mostro."
Sapevo che l'odio della madre doveva nascondersi da qualche parte. Ora si sta affacciando.
"No."
La signora e io siamo entrambi stupiti dalla forza nuda di questo monosillabo.
"No, è stato suo padre. L'ha fatto crescere abbandonato a se stesso. Tanto, lui ha a propria disposizione i migliori avvocati, e voglio dire i peggiori. Conoscono ogni mezzo lecito, e soprattutto illecito, per stuprare anche la giustizia. Il padre, l'onorevole. Anche se non è così importante da sfruttare quella loro legge di merda che impedisce di processare i pezzi grossi, è come se lo fosse. Si sa, chi fa parte della Famiglia del Capo è sotto la sua ala protettrice. Gli altri, possono crepare. E infatti crepano"
Josè è rimasto tutto il tempo ai nostri piedi, il muso sulle zampe. Ora si alza, e va leccare la mano dell'uomo, che non risponde più. Ma Josè insiste, lo solletica col muso, lo stuzzica, finché, con stanchezza, lui lo accarezza due volte sulla testa. E non parla più.
Con una voce che arriva da molto lontano, è la signora che riprende il filo del discorso. E' un filo differente, ma la trama è la stessa.
"Lo sa qual è la cosa più desolante? Che abbiamo perso la fede. Gesù non può permettere tanta ingiustizia. Si vede che è morto davvero, quella volta in croce."

Gesù, ha detto, come i bambini nelle loro preghiere della sera. Ma i bambini, se non sono troppo sfortunati, crescono, anche trascurati. E possono deluderci. Possono tradirci. Possono uccidere.


Fine parte II

03/07/2009





        
  



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