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Il Bielorusso Siutsou vince l'ottava tappa, Morbegno-Bergamo

Bergamo | Di Luca, ancora in rosa, guadagna 8 secondi su Lovkvist. L'abruzzese ha anche la maglia ciclamino e quella verde.

di Renato Novelli

Berghem noto come Bergamo, viene dalla coniugazione del termine berg = monte con heim, patria, toponimo nordico. Per lungo tempo una delle capitali interne della Repubblica di Venezia, oggi e da ieri capitale del ciclismo italiano. Chi conosce Salerno sa che Napoli è un'immaginario superbo, ma è Salerno la capitale storica della "Campania felix" medievale.

Chi segue il ciclismo sa che Milano è la capitale ufficiale e notarile del ciclismo italiano, ma è Berghem la capitale reale, sentimentale e vissuta dei pedalatori. Tappa tranquilla, doveva essere, invece è stata nervosa e ben ricolma di prospettive e letture crittografate per chi pensa alle alleanze e al Giro parallelo degli accordi.

Sul colle del Gallo(762 metri sul livello del lontano mare), fuggono uomini di classifica, in particolare Leipheimer, dell'Astana, in compagnia di Cunego, Garzelli, il vincitore di ieri Boasson - Hagen. Forse Di Luca il vero mattatore di questa prima settimana del Giro, maglia rosa, maglia ciclamino, maglia verde, esercita una dittatura virtuale che pesa troppo.

Oggi ha guadagnato una ulteriore manciata di secondi sugli avversari. All'ombra della statua di Bartolomeo Colleoni, condottiero bergamasco della repubblica di Venezia, che delle cosiddette, sinonimo della virilità, ne aveva tre a posto di due (donde il suo nome), Di Luca ha vinto la sua corsa verso Roma. Basso non si è visto molto.

Nella discesa del Gallo, strada e colline splendide di questa Italia ignorata dal turismo storico, i fuggitivi sono stati ripresi. Fugge Siutsou bielorusso della Columbia. Vince con una scalata strepitosa sulla rampa attraverso la porta di Sant'Agostino e un tuffo della sua bici nella discesa verso la Bergamo ottocentesca del pianoro, dove passeggiava Gaetano Donizzetti.

Con Di Luca è lui il vincitore del giorno. E con lui la sua squadra, questa Columbia, incredibile protagonista del Giro. Cavendish ( isola di Mann) l'uomo del futuro nelle volate, Lovkists (Norvegia) secondo in classifica, Rogers dalla scuola australiana di ciclismo remoto, Boasson Hagen (norvegese) passista potente, Sioutsu (Bielorusso) scalatore, gli altri dal Canada, Italia.

Dicono i Soloni del processo alla tappa che la squadra piace perché è fatta di giovani. Dice il modesto cronista che si forma le sua opinioni tra il Monte di Bruciccio e la Sentina che piace non la gioventù in sé, ma il modo di essere giovani dei corridori di questa squadra. Esempio significativo. Anche le squadre di calcio sono stracolme di assi esteri, ma chi di loro direbbe come ha fatto oggi in TV Siutsou, emigrato e domiciliato a Bergamo che è contento di avere vinto sulle strade che conosce perché sono di casa per lui e che lui sa l'italiano bene, ma solo 5 -6 parole di bergamasco.

Se il Giro è, come diceva Brera, lo specchio d'Italia, il feroce dibattito della società politica sulla società multiculturale, dovrebbe specchiarsi nelle parole sue. Savoldelli in TV vince il premio per il più puro e caparbio accento bergamasco. Degno, va detto, della cadenza familiare di Papa Giovanni che la rese familiare ed umanissima quando affidò ad una semplice carezza data ai bambini a nome suo, la riuscita della sua più grande impresa (il Concilio del nostro tempo), Questo Savoldelli di cultura locale, dice che si, Siutsou è dei loro perché lo incontra mentre si allena.

L'Italia ciclistica è già multiculturale ed è la cultura locale ad operare un miracolo, rispetto al quale il cavaliere d'Italia, che non è solo l' uccello gentile noto agli ornitologi, e molti dotti, non hanno strumenti culturali di comprensione della cosa. Una caduta drammatica ha funestato il Giro. C'è un ragazzo agli Ospedali Riuniti di Bergamo, in coma. Speriamo che se la cavi.

Il ciclismo ha sempre avuto l'ombra lunga della tragedia dai tempi del mistero della testa fracassata di Ottavio Bottecchia, degli incidenti mortali di Giulio Bartali e Serse Coppi, fratelli di più celebri fratelli, morti prima di poter dimostrare di essere superiori a loro, fino alla tragedia di Simpson al Tour del 1967, a Casartelli e alla tragica fine di Marco Pantani, che ha lasciato poesie disperate dedicate alla sua bicicletta sulle pagine del suo passaporto in un albergo di Rimini. Purtroppo non ha avuto uno Shakespeare che interpretasse con l'umanità profonda del poeta la sua vicenda. In fondo, per lor signori era solo un ciclista, sospetto di essere drogato.

16/05/2009





        
  



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