Di cori allo stadio, di Balotelli e di altre sciocchezze
Sant'Elpidio a Mare | Riflessioni su un sabato sugli spalti, su uno stadio intero che intona canti razzisti, su quanta Italia ci sia a pensare, con gli ultrà, che "non ci sono negri italiani"; e su cosa fare per liberarsi di una vergogna.
di Pierpaolo Pierleoni

Mario Balotelli
Da tre giorni non si parla quasi d'altro, almeno per chi mastica un po' di cronaca sportiva. Juve-Inter, Balotelli, cori razzisti, provvedimenti e reazioni. E allora viene voglia di esprimere qualche idea, probabilmente confusa, non tanto per libido loquendi, quanto perchè c'ero, in quello Stadio Olimpico di Torino imbarazzante di tre sere fa, ci ripenso e non capisco. Domenica mattina, ascoltavo stupito il telegiornale spiegarci che la Digos era al lavoro per individuare, telecamere e riprese alla mano, gli autori dei cori razzisti contro il giovane attaccante interista. E subito ho pensato: quante riprese visioneranno per capire che uno stadio intero ha cantato? Che gli autori dei cori razzisti devono essere migliaia, altrimenti quei cori non si sentono, o vengono sommersi da chi li fischia con riprovazione?
Intanto è forse il caso di far chiarezza su cosa è stato cantato a Torino. Il giovane Balotelli è stato bersagliato dall'inizio alla fine. Certo il suo carattere non aiuta: è sfacciato,irriverente, si innervosisce con poco e provoca costantemente. Ma ha 18 anni, età alla quale i cuccioli di campioni vengono vezzeggiati in ogni stadio, al di là della maglia che indossano. Lui, invece, è già il ragazzo più odiato del calcio italiano. Gli hanno intonato contro il macabro, ma quanto meno non xenofobo, "se saltelli muore Balotelli"; hanno proseguito con il classicissimo "negro di merda, sei solo un negro di merda"; infine gli hanno ricordato con modernità e premura che "non ci sono negri italiani".
Ora, un problema è quello dei provvedimenti, e forse su questo piano si è imboccata una strada intelligente. Dai grotteschi propositi di indagine per individuare gli autori dei cori razzisti, si è passati a provvedimenti più duri e soprattutto più seri, culminati con la squalifica dello stadio torinese per una giornata, quale monito e punizione. Si parla di sospensione degli incontri in caso di cori xenofobi, e di pugno duro contro i razzisti. In fondo, se gli stadi non sono più un tripudio di svastiche, è per merito di qualche giro di vite applicato una manciata di anni fa, non certo di un generale ravvedimento.
Ma il problema, il problema vero, forse sta da un'altra parte. Il problema vero è che sabato sera ero all'Olimpico di Torino e quello che si è visto e sentito fa sensazione. La verità è che non ha cantato il solito manipolo di imbecilli esaltati, ma migliaia di persone. La verità è che individui apparentemente tutt'altro che reazionari e dalla mite apparenza all'esterno dello stadio, per quelle due ore hanno lasciato ogni inibizione fuori dai tornelli. La verità è che c'erano padri con figli di 10 anni al massimo intonare insieme a squarciagola, con ampi gesti delle mani, il loro "negro di merda" ad ogni palla toccata dal 18enne Mario Balotelli. La verità è che tutto quello che in qualsiasi altro contesto pubblico farebbe vergogna e ci imbarazzeremmo anche di pensare, allo stadio diventa un vanto e un elemento aggregativo.
Ma il problema è che quegli insulti razzisti non sono solo emulazione, non solo un rapsodico seguire l'onda. Il problema è che chi li canta non lo farebbe, se non covasse, se pur sopito, un autentico disprezzo del diverso, una vera paura dell'altro, una patetica convinzione di differenze in base all'epidermide. Il dramma è che allo stadio qualcuno rivela ciò che pensa e si rivela per ciò che è, sapendo che non potrebbe farlo in nessun altro contesto. E allora la domanda, molto inquietante, l'unica che davvero merita di essere posta dopo questa storia di quotidiana bestialità è: quanto c'è dell'Italia nello stadio Olimpico di Torino di tre sere fa? Quanto sono italiani i cori di chi canta che "non ci sono negri italiani"? Il timore è che di Italia, in quegli spalti, ce ne fosse molta. E sfortunatamente, per i pensieri idioti non vale la squalifica del campo.
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21/04/2009
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