Quando la sanità manca di sensibilità
San Benedetto del Tronto | F.M., una signora da pochi mesi vedova, approfitta del mezzo stampa per raccontare le sue vicissitudini sull'autopsia del marito.
di Francesca Poli

Questa non è una storia di malasanità, come si può pensare. Questo è il racconto di una signora, F.M. che, in un momento di grande dramma, come la morte del marito, non ha ricevuto quel rispetto che magari l'avrebbe aiutata a sopportare meglio la situazione.
La vicenda comincia il 31 luglio 2008 quando la donna riceve una telefonata dal bagnino del suo chalet, che la informava di un malore improvviso che aveva colpito il marito durante una passeggiata sulla spiaggia. "Al sentire queste parole sono subito accorsa, in sella alla bicicletta, dato che la macchina l'aveva mio marito - spiega la donna - e sono arrivata al Pronto Soccorso. Purtroppo per mio marito non c'era più nulla da fare. Chi non ha mai avuto un' esperienza simile, non può capire il dolore che ho provato. Una dottoressa molto gentile del Pronto Soccorso mi è stata vicino, mi ha confortato e mi ha consigliato di chiamare i parenti dato che io, in questa cittadina, non ho nessuno".
Nel frattempo alcuni dottori chiedevano alla signora informazioni sul marito, sul suo stato di salute, se aveva avuto problemi di cuore... il solito iter burocratico. "A quel punto ho chiesto: ma cosa devo fare? Ero completamente spaesata. Mi hanno risposto che avrebbero portato la salma all'obitorio, di andare alle pompe funebri e concordare per il funerale".
Dopo essere andata ad organizzare il tutto, il titolare delle pompe funebri ha chiamato la vedova, informandola che all'ospedale non trovavano più la salma! "Sembrava un racconto Kafkiano, lo so, ma è andata davvero così. Tutto questo poi è successo nel giro di pochissimo tempo. Io ero ancora tanto frastornata dall' accaduto, che non riuscivo a capire cosa volesse significare quella dichiarazione!".
La signora allora, insieme ad un'amica, torna all'ospedale dove la dottoressa, che prima le era stata accanto, le viene incontro e affermando che i medici avevano deciso di fare l'autopsia.
"Tutto questo senza dirmi niente, io stavo già organizzando il funerale, come mi avevano suggerito di fare, e di punto in bianco cambiano idea e mi dicono che hanno deciso di fare l'autopsia. Tra l'altro la notizia della morte di mio marito era uscita anche sui giornali, lui era molto conosciuto in zona, e ricevevo centinaia di chiamate al giorno da parte di parenti e amici, che abitano fuori provincia, e a quel punto non sapevo neanche dirgli quando ci sarebbe stata la funzione. Mi hanno detto che per legge l'autopsia andava fatta, io non contesto questo, ma è come se morto mio marito, fossero morti tutti i familiari: non una telefonata per avvertire della cosa. Ho chiesto quando avessero fatto l'esame autoptico e mi hanno risposto che non lo sapevano perché lo doveva fare un medico di Ascoli e che quindi si sarebbe dovuta chiamare la Direzione Sanitaria che era in contatto con il reparto di anatomia patologica. I medici, allora, hanno chiamato per sapere il giorno dell'esame e mi riferiscono che non erano riusciti a sapere nulla. Nel frattempo le persone mi chiamavano per sapere dei funerale ma non potevo rispondere nulla. Ho continuato a chiamare e nel frattempo uno dei dottori mi ha fatto chiaramente capire che avrei dovuto sbrigarmela io per avere informazioni e che, se avessi avuto una raccomandazione, magari mi avrebbero detto qualcosa".
"Certo, molti medici erano in ferie, era agosto, per cui non si sapeva chi sarebbe dovuto venire per fare l'esame autoptico e soprattutto quando sarebbe venuto".
Con l'aiuto della figlia, accorsa da Milano, la donna allora ha deciso di andare di persona alla Direzione Sanitaria di San Benedetto dove il direttore, in riunione, non ha potuto accoglierle. "Ero adirata, ho minacciato allora la segretaria che avrei fatto un comunicato stampa perché la gente doveva sapere il menefreghismo e la mancanza di rispetto nei confronti di chi subisce un lutto del genere. Io volevo solo sapere quando l'avrebbero fatta!" La minaccia a quanto pare è servita visto che alcune ore dopo, la direzione Sanitaria, ha chiamato la donna per avvertirla che il giorno dopo avrebbero fatto l'esame.
"A chiamarmi è stata però la segretaria, nessuno dei medici ha alzato la cornetta e nessuno mi ha detto se dovevo essere presente o no all'arrivo dell'anatomopatologo per rispondere a delle domande sulla salute di mio marito. Mi hanno detto poi di chiedere la risposta entro un mese sempre alla Direzione Sanitaria. La risposta l'ho avuta l'altro giorno, dopo 4 mesi... mi hanno detto che era normale da queste parti aspettare così tanto. Quando ho chiamato la dottoressa che ha effettuato l'autopsia mi ha informata di aver avuto difficoltà nell'effettuarla in quanto si era trovata di fronte uno sconosciuto di cui non sapeva nulla; aveva chiesto se c'era un parente ma le avevano risposto che non c'era nessuno, così ha dovuto lavorare a fatica per indagare sulle cause".
Questo è la vicenda che la signora F.M. ha voluto raccontare, non per denunciare gli organi sanitari, ma per rimarcare la mancanza di rispetto nei confronti di una persona cha aveva subito un grave lutto, per la mancanza di quella umanità che dovrebbe essere la dote principale di un medico.
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05/12/2008
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