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Neutralizzata la “pietra angolare” rumena e nigeriana del network internazionale di droga e usura.

Teramo | Operazione Bagnalè di Ros e Reparto operativo del comando provinciale CC di Teramo. Sono 11 i criminali in manette. Il Col. Antonio Salemme: “Il sodalizio criminale alimenatava il traffico di cocaina ed eroina". La testimonianza degli imprenditori.

di Nicola Facciolini

Ros

Il noto clan Rom abruzzese riusciva a coinvolgere le imprese stesse nei meccanismi del traffico stesso con un circuito assolutamente da neutralizzare. La cui compagine oggi è stata disarticolata dalle indagini condotte dal Ros e dai carabinieri di Teramo in perfetta sinergia fino alla esecuzione dei provvedimenti sabato mattina 3 novembre 2007, che confermano la pericolosità del sodalizio nello stabilire saldature con componenti etniche spiccatamente transnazionali: questo salto di qualità criminale porta la realtà teramana sul panorama investigastivo più ampio del narcotraffico internazionale.

Teramo si scopre al centro di una vasto traffico internazionale di stupefacenti e di gestione usuraria del credito a imprese in difficoltà. E’ quanto emerge dall’operazione Bagnalè condotta dai carabinieri del Ros di Roma, della squadra anticrimine de L’Aquila e del reparto operativo del comando provinciale di Teramo. I militari dell’Arma, sabato mattina 3 novembre 2007, hanno eseguito nel Teramano e in Veneto, 11 ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del tribunale di Teramo nei confronti di altrettante persone indagate per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, usura ed altri reati.

Insieme a loro anche esponenti di gruppi criminali etnici nigeriani e 5 persone indagate a piede libero. I destinatari delle ordinanze sarebbero alcuni componenti di spicco del clan Rom “Di Rocco”, storico sodalizio a base familiare, attivo sul litorale teramano. I Rom erano la pietra angolare del traffico di stupefacenti, curavano i rapporti con le componenti straniere e provvedevano sia alla distribuzione sul territorio attraverso complici e sodali arrestati sia alla gestione del credito usurario, reinvestendo i narcoproventi nell’economia locale, intervenendo negli equilibri delle imprese locali e, passo successivo, nell’acquisizione delle stesse.

Sul piano delle verifiche patrimoniali è stato fatto un lavoro di assoluto pregio con l’individuazione dei beni frutto dei reinvestimento dei proventi da attività illecita del clan e nella disponibilità degli indagati in modo assolutamente sproporzionato rispetto al tenore di vita, uno dei parametri fondamenti in tutte le misure di prevenzione. Le imprese coinvolte diventavano le cassaforti della droga. I custodi erano persone insospettabili.

Secondo le indagini svolte in sinergia con il reparto operativo al comando del maggiore Pasquale Nurzia, sarebbero dediti ad attività usurarie nei confronti di imprenditori e commercianti in difficoltà economiche, costretti a corrispondere, dietro minacce e pestaggi, somme con interessi usurari.

Secondo quanto accertato dai carabinieri del Ros e dalla magistratura teramana, il clan attraverso i coniugi G.D.G. e M.D.R. avrebbe concesso prestiti usurari ad imprenditori e commercianti in difficoltà economica, applicando tassi d’interesse anche del 25% mensile, finanziando l’attività di usura attraverso il traffico internazionale di cocaina ed eroina, servendosi di cittadini nigeriani, con una rete “a pioggia” organizzata a Martinsicuro (Te), nel Padovano e lungo i centri della costa teramana, saturando il mercato illecito di stupefacenti in base alla domanda del territorio.

“Il denaro ricavato attraverso le attività illecite – rivela il maggiore Roberto Casagrande, comandante del 2° reparto investigativo del Ros di Roma – veniva reinvestito in immobili e auto di lusso: in particolare sono stati sottoposti a sequestro preventivo due immobili e 7 autovetture, tra cui una fiammante Porsche, risultanti nella disponibilità degli indagati”. L’attività investigativa ha documentato come gli indagati ricorressero anche a violenze e minacce per costringere le vittime ad onorare le scadenze pattuite e per custodire temporaneamente quantitativi di stupefacente del sodalizio.

E’ infatti emerso che l’illecita attività creditizia veniva finanziata con i proventi del traffico di cocaina ed eroina, approvvigionata da due gruppi nigeriani in reciproco contatto e dislocati in Martinsicuro e in provincia di Padova. Una volta giunto a destinazione, il narcotico veniva distribuito ad una rete di spacciatori incaricata della vendita al minuto in numerosi comuni del teramano.

Oltre all’effettuazione di mirati sequestri di stupefacente, i carabinieri hanno accertato che i proventi illeciti, oltrecchè nell’attività usurarria, venivano reimpiegati nell’acquisto di immobili ed autovetture di lusso, sottoposte a sequestro. Ma gli imprenditori-vittima hanno testimoniato perchè quando possono si ribellano e collaborano con le forze dell’ordine.

Nessun rischio di xenofobia, i cittadini perbene sono i benvenuti in Italia, i criminali sappiano che non hanno scampo. “Questi criminali nigeriani – spiega il luogotenente Giuseppe Silvestri, comandante della sezione anticrimine de L’Aquila – lasciano sul territorio provinciale, in pianta stabile, diversi trafficanti per un tempo limitato fino a quando non vengono “beccati” dalle forze dell’ordine con i primi controlli, poi ne arrivano di altri.

La droga era destinata alla costa teramana ma ci sono ancora aspetti da svelare e chiarire, perché la domanda di droga non è poi così enorme in provincia di Teramo”. Dunque dov’era diretta la droga? “L’azione investigativa non è conclusa, ci sono aspetti che dovranno essere approfonditi per giungere alla completa disarticolazione del sistema criminale messo in piedi sul nostro territorio regionale e nazionale”.

La quantità stimabile di droga è valutabile intorno al chilogrammo di cocaina: ma se consideriamo che ogni ovulo contiene circa 10-20-25 grammi di droga, capiamo che il quantitativo individuato è la classica punta dell’iceberg, un nulla anche rispetto a un mercato piccolo come quello teramano.

“Il sodalizio criminale era in grado di soddisfare pienamente la domanda di droga in provincia di Teramo: è questo ciò che conta ai fini del successo dell’operazione. Il flusso di droga, infatti, è sempre in funzione della domanda”.

Le indagini già in atto da tempo a livello patrimoniale sul clan Rom, si sono sviluppate su un doppio binario anche da un punto di vista penale per l’individuazione delle condotte poste in essere dal sodalizio criminale. I carabinieri hanno trovato riscontri importanti grazie alle dichiarazioni di imprenditori-testimoni di questa vicenda.

Il quadro è venuto fuori in tutta la sua pericolosità. L’impiego di un militare del Ros come agente sotto copertura per scardinare l’attività del narcotraffico, ha consetito di esplorare i canali del traffico, di dare una lettura unica a tutti gli elementi acquisiti nel corso dell’indagine e di arrivare ai riscontri oggettivi incrociati grazie alla sinegia tra i carabinieri di Teramo e il Ros. Che ha portato per ora al sequestro di 500 gr. di cocaina. Arduo è stato identificare i trafficanti tutti con “alias” e molto simili tra di loro.

“L’operazione Bagnalè – spiega il luogotenente Giuseppe Silvestri, comandante della sezione anticrimine de L’Aquila – ha confermato il ruolo di spicco assunto dal gruppo criminale dei “Di Rocco” in particolare in provincia di Teramo nel settore del traffico e della distribuzione capillare della droga, già emersa in precedenti indagini del Ros, ove erano stati documentati i collegamenti con clan camorristici. Ha evidenziato infine i nuovi interessi economico-criminali del sodalizio nel settore della gestione del credito usurario e del riciclaggio di danaro sporco, con una progressiva e virulenta infiltrazione del tessuto economico locale”.

L’indagine dei carabinieri conferma il tradizionale modus operandi della criminalità nigeriana connotata da una crescente diffusione sul territorio nazionale e dalla capacità di interagire con i sodalizi Rom e italiani nel settore degli stupefacenti. Non sarebbero state evidenziate saldature con il livello politico-istituzionale locale per cui gli inquirenti non parlano apertamente di infiltrazioni mafiose. Soddisfatto è il colonnello Antonio Salemme, comandante provinciale dei carabinieri di Teramo: “Abbiamo smantellato un sodalizio di personaggi pericolosi: mi preme sottolineare l’adozione di un provvedimento incastonato nel procedimento penale di misura patrimoniale adottata nei confronti della coppia di Rom per l’attività di riciclaggio e usura”.

Non è una novità per le cronache teramane. Dal 2003 al 2006, grazie all’impegno dell’ex comandante provinciale dei carabinieri, il col. Igino Izzo, e del magg. Pasquale Nurzia, i carabinieri di Teramo hanno già provveduto alla confisca di un patrimonio complessivo di 10 milioni di euro. Il più recente alla famiglia Campanella di Castelnuovo Vomano (Te) per totali 5 milioni di euro tra fabbricati e beni per 500mila euro.

“Il milione di euro sequestrato ai Di Rocco e le altre ricchezze – spiega l’Ufficiale – verranno presto messe a disposizione dello Stato per uso pubblico: questa strategia operativa dei carabinieri è veramente importante e socialmente rilevante, abbiamo lanciato un segnale forte e inequivocalibile, l’usura è sempre di difficile emersione, in questo caso siamo stati fortunati per la partecipazione preziosissima degli impreditori che hanno testimoniato”.

L’indagine Bagnalè avviata dai carabineri del Ros sin dal 2006 sotto la direzione del procura della repubblica di Teramo e si è sviluppata in stretta sinergia con i carabineri dell’Arma territoriale.

“Abbiamo potuto beneficiare di tutto l’apporto informativo capillare dei carabinieri sul territorio – afferma il maggiore Roberto Casagrande, comandante del 2° Reparto investigativo del Ros di Roma – l’indagine è stata condotta verso un clan Rom i cui componenti sono stati colpiti in passato da provvedimenti giudiziari e sono al tempo stesso al centro di procedimenti tuttora in atto”.

Altro aspetto interessante è come questo sodalizio fosse impegnato sul traffico di cocaina ed eroina: tra gli arrestati figurano alcuni che si occupavano della distribuzione sul mercato locale, altri della fornitura stabile di stupefacenti. La facevano da padrone i collegamenti creati dal sodalizio Rom con le cellule nigeriane.

04/11/2007





        
  



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