Teramo."Salvate la Banca dItalia"
| TERAMO - Il Sindaco Gianni Chiodi: Ora è mobilitazione generale per salvare la Banca dItalia a Teramo.
di Nicola Facciolini
Ieri l’incontro a Palazzo di Città con il prefetto, i sindaci, i sindacati ed il presidente del consiglio provinciale. Nasce un Comitato inter-istituzionale in difesa della storica Banca d’Italia di Teramo (1894-2007).
A rischio anche le filiari di Ascoli Piceno e Chieti. (di Nicola Facciolini) La Banca d’Italia, il tesoriere dello Stato fin dal lontano 1894, chiude i battenti a Teramo in nome di una riconfigurazione strutturale a livello nazionale, sulla base di esclusivi criteri ragionieristici che attengono all’autonomia decisionale delle autorità della banca centrale. Dunque, non c’è più nulla da fare?
L’ennesima spogliazione della città di Teramo, pare inevitabile. Finora nessuna risposta è giunta da Via Nazionale alle legittime richieste del Prefetto e del Sindaco di Teramo, di riconsiderare i criteri adottati per esorcizzare l’inevitabile.
Il quadro è davvero fosco. “Stiamo valutando quali iniziative assumere per scongiurare la totale chiusura della Banca d’Italia – ha detto Chiodi – dobbiamo batterci strenuamente per la sua difesa, faremo tutto il possibile insieme all’Anci, l’Upi, i sindaci del Teramano, Prefettura e Provincia di Teramo, Camera di commercio, sindacati, imprenditori, banchieri e cittadini che hanno a cuore la nostra storica sede”.
Non è certamente in discussione l’autonomia organizzativa della banca centrale, né il destino degli impiegati tutelati in sede sindacale, bensì il ruolo istituzionale di controllo e di volano dell’economia di una Banca d’Italia che a Teramo, fin dal 1894, è sempre stata considerata dai cittadini, l’immagine della presenza viva e pulsante dello Stato sul territorio. Ma Palazzo Koch tace e il silenzio si fa ogni giorno più assordante: non si capiscono le ragioni per accelerare una decisione già presa da tempo ma non adeguatamente condivisa con gli interessi legittimi del territorio.
La Banca d’Italia aprutina sarà una delle prime 30 filiali, delle 59 totali interessante alla prima fase dismissoria, a chiudere i battenti per sempre. Perché giudicata a “redimento minimale”. Ma il 61° posto nella graduatoria di operatività 2006, non convince. La ventilata soppressione della sede teramana della Banca d’Italia, è un dato acquisito.
Una flebile speranza giunge dall’incontro organizzato dal sindaco di Teramo Gianni Chiodi, mercoledì 21 marzo 2007, a Palazzo di Città insieme ai colleghi del Teramano e ai sindacati Fisac-Cgil e Falbi. L’interlocutore più diretto con le autorità della banca centrale resta ovviamente il prefetto di Teramo che chiederà al governatore Draghi di far inserire la Banca d’Italia di Teramo nella seconda fase dell’intervento dismissorio, ossia tra le altre 29 filiari che come Ascoli Piceno e Chieti potrebbero salvarsi in calcio d’angolo.
Nella sala consigliare, dunque, si sono decise le linee generali d’intervento per predisporre tutte quelle azioni utili alla mobilitazione generale. Azioni di alto profilo istituzionale, s’intende, da intraprendere di concerto presso le più alte cariche dello Stato e della Banca d’Italia. All’incontro, presenziato dal prefetto Francesco Camerino, hanno partecipato i sindaci di Teramo, Bellante, Mosciano S.A., Castellalto e Giulianova, e il presidente del consiglio provinciale Nori. Il sindaco Chiodi, lo scorso 2 marzo, aveva inviato una lettera alle autorità sollecitandole ad un coinvolgimento unanime.
L’iniziativa prende piede dalla constatazione che il ruolo assunto dalla Banca d’Italia è stato cruciale per il consolidamento e lo sviluppo del sistema creditizio teramano e che un ridimensionamento di tale ruolo avrebbe inevitabilmente ripercussioni sulla realtà economica complessiva del nostro territorio. Per difendere la sede aprutina dell’istituto bancario, i sindaci del Teramano hanno chiesto la costituzione di un Comitato inter-istituzionale.
Per salvare la succursale di Teramo, le cui sorti sembrano già decise, sono 4 le linee d’azione condivise: raffica di interrogazioni parlamentari e delibere di consigli comunali; creazione del Comitato inter-istituzionale; coinvolgimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e del ministro dell’ecomonia; incontro diretto con il governatore della Banca d’Italia Draghi. Nella peggiore delle ipotesi, infatti, entro 24 mesi dalla chiusura delle trattative sindacali, i teramani potrebbero dire addio per sempre alla Banca d’Italia, presente fin dal 1894. Le imprese del Teramano sono chiamate alla mobilitazione. La speranza è l’ultima a morire.
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22/03/2007
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