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Dopo 15 giorni si porta a galla il "Rita Evelyn"

San Benedetto del Tronto | Prevista per giovedì 10 novembre il recupero del relitto e di, al momento, due dei corpi. Ad esattamente 15 giorni dal suo inabissamento avvenuto alle prime ore dell'alba di giovedì 26 ottobre.

di Carmine Rozzi

Come funziona una "sorbona"


La giornata di venerdì 10 novembre sarà tra le più importanti nella tragedia del mare che ha colpito ancora una volta la pesca sanbenedettese. A meno di imprevisti dell’ultima ora tutto lascia supporre che, ad esattamente 15 giorni dal suo affondamento avvenuto alle prime ore del 26 ottobre, il “Rita Evelyn” ritornerà dalle profondità del mare nelle quali si era inabissato portando con sé la vita di tre pescatori.

Come dichiarato da Comandante in seconda Piccioli della Capitaneria di Porto è una operazione complessa e laboriosa quella svolta dai componenti del gruppo di recupero che sta operando dalla tolda del pontone marino “AD3” della ditta “Ilma” in collaborazione con i palombari ( e non sommozzatori come più volte erroneamente citato) della ditta “Rana Diving” di Ravenna specializzati in manovre a profondità di rilievo. La giornata di mercoledì 9 novembre ha visto tutta l’organizzazione impegnata nello scavare sotto alla chiglia del motopeschereccio per creare un passaggio alle fasce e ai cavi che dovranno imbracare il natante.

Per far questo ci si serve di una apparecchiatura speciale chiamata “sorbona”. Che si trova in due versioni: ad aria e ad acqua. La prima, più adoperata, funziona grazie ad una depressione creata artificialmente con dell'aria all'interno di un grosso tubo; in tal modo si può aspirare dal sito prescelto sabbia e detriti di varie dimensioni. Nel caso specifico il lavoro è reso ancora più complesso perché il fondale si è rivelato di origine argillosa.

L’attrezzo è formato da un condotto abbastanza molle ma in ogni caso inalterabile di circa 100-150 millimetri di diametro e lungo in genere quanto la colonna d'acqua che sovrasta il campo di scavo. All’oggetto principale è collegato, più in basso possibile, un tubo di minori dimensioni nel quale si trasmette dell'aria spinta da un compressore a bassa pressione che va a finire all'interno del tubo più grande. L'aria così svincolata all'interno di questo sale turbinosamente verso la superficie, estendendosi proporzionalmente al decrescere della pressione.

La messa in funzione della sorbona, principalmente se si opera a medie -alte profondità, deve essere preceduta dal suo sicuro ancoraggio sul fondo, poiché una volta messo in funzione l'attrezzo tenderà a salire verso la superficie, in seguito all'espansione dell'aria all'interno del tubo principale. Con queste modalità e con il fatto che si lavora su una superficie medio resistente come l’argilla nella quale, stando alle immagini del Rov, si è incastrata buona parte della poppa, il tempo richiesto è di una intera giornata per cui si lavorerà fino a circa le ore 18 di giovedì 9 novembre.

Dopo di chè  è prevista la discesa di tutto il materiale necessario all’imbragamento della barca (a prora e poppa) come fasce e cavi che dovranno poi sollevarla. Terminata anche questa parte delle operazioni di pre-recupero si sarà fatta notte e il lavoro sarà sospeso in quanto il sollevamento, per questioni tecniche, può essere fatto solamente in regime di luce diurna. Si dovrà aspettare le prime ore di giovedì 10 novembre prima che dal pontone si inizi la delicata opera di “issamento” che, per ragioni di sicurezza, non può essere fatta con presenze umane nelle vicinanze vista la tremenda tensione alla quale sono sottoposti cavi e fasce.

“In questa fase delicata – precisa il Capitano di Vascello Angelo Tosti – si deve tener conto del bilanciamento, delle eventuali correnti e di tutta una serie di altri fattori che possono intralciare la buona riuscita dell’operazione”. Intanto dalla procura di Fermo non si è certo perso tempo e sono già iniziate a pieno ritmo le rilevazioni per stabilire le cause della disgrazia. Tutto questo mentre dentro al perimetro di un miglio circolare interdetto alla navigazione, circolano le tre motovedette delle Capitanerie di Ancona (1) e San Benedetto (2): la “285”, la “Charlie Papa” 281 e la “843”.

I corpi individuati sono al momento ancora due “ben visibili”, anche se non identificati, e questo potrebbe avvalorare l’ipotesi che essi siano rimasti imbrigliati tra cavi e reti e, in quanto tali, impossibili da avvicinare per chi, come i palombari, sono legati e limitati dal tubo di sopravvivenza e dalla mole dello scafandro.

09/11/2006





        
  



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