"Rita Evelin". Tre morti e un superstite
San Benedetto del Tronto | Sospese le ricerche causa l'oscurità. Si salva il capitano Nicola Guidi. Perdono la vita Francesco Annibali, Luigi Lucchetti, Ounis Gasmi. Tra le probabili cause un blocco del pilota automatico causato da una rete rimasta imbrigliata sul fondale.
di Carmine Rozzi

Il comandante del "Rita Evelin", Nicola Guidi
Nicola Guidi, nato a San Benedetto il 26 luglio del 1965, risiedente in città in Via Trento con la moglie professoressa Cinzia Pasquali e la figlioletta di appena sette anni è, dalle ore 18,40 di giovedì, l’unico sopravvissuto alla tragedia che ha visto l’affondamento, al largo di Porto San Giorgio, del motopeschereccio “Rita Evelin”. Avvicinandosi il calare della luce le numerose e sofisticatissime unità di ricognizione hanno dovuto sospendere le manovre di ricerca che saranno riprese domani. In questo modo tramonta purtroppo definitivamente qualsiasi speranza di trovare ancora in vita gli altri tre membri dell’equipaggio.
A salvare Guidi è stato il fatto di indossare un giubbotto salvagente che lo ha tenuto in acqua per circa tre ore e di essersi disperatamente messo a soffiare senza sosta in un fischietto che aveva appeso al collo fino a che non è stato udito dalla nave “Luna Nuova” di Bisceglie che, dopo averlo preso a bordo ha provveduto a prestare i primi soccorsi togliendoli di dosso gli abiti bagnati e sottoponendolo ad una energica serie di massaggi e bagni caldi. Il pronto soccorso, dopo le analisi e le radiografie del caso, lo hanno dichiarato fuori pericolo.
Lo stesso non si può dire per Francesco Annibali, anche lui residente in città in Via della Pace insieme alla sorella Lorena, la mamma Ivana e al padre Giorgio, operaio in una pescheria del mercato ittico. A piangerlo, oltre ai famigliari, numerosi parenti e conoscenti tra i quali l’attuale assessore alla Viabilità Settimio Capriotti, suo amico d’infanzia . Come a Martinsicuro è enorme la costernazione per la scomparsa del direttore di macchina Luigi Lucchetti, 60 anni, prossimo alla pensione, con moglie e due figlie. Affranta tutta la comunità tunisina per la tragica fine di Ounis Gasmi, detto Ulisse, marittimo 51enne, padre di un figlio diciottenne di nome Wael e di altri tre figli di tredici e otto ani con una figlioletta di appena sette mesi. Insieme con la madre avrebbero quanto prima dovuto ricongiungersi con il resto della famiglia in Italia per andare a vivere a Santa Maria Goretti.
Mentre si cerca di fare mente locale alla tragica realtà di tre morti si accavallano le ipotesi su quelle che possono essere state le cause del naufragio. Secondo indiscrezioni il capitano avrebbe riferito di essere stato svegliato verso le tre e mezza del mattino di giovedì da uno dei suoi marinai che gli faceva presente di avere problemi con il pilota automatico. Una volta guadagnato la tolda lo stesso avrebbe avvertito un forte schianto prima di essere scaraventato in acqua. A detta di numerosi marinai e piloti di natanti i casi che un pilota automatico si blocchi è molto raro, pressoché impossibile.
Molto più plausibile invece il fatto che la rete sia rimasta impigliata in un relitto che l’ha imbrigliata al punto tale da farla rimanere in fondo causando sul cavo e di conseguenze sui sistemi di navigazione una “divergenza” tale da indurre la barca a virare precipitosamente da un lato, imbarcare acqua e diventare così pesante da spezzare il cavo.
E proprio il rompersi di quest’ultimo sarebbe lo schianto udito dal capitano. Ora il natante giace a circa ottanta metri di profondità e sarà possibile raggiungerlo solo da speciali unità di sommozzatori. Il fatto che, nonostante le ricognizioni aree di un elicottero munito di sistema a raggi infrarossi non sia riuscito a localizzare nessun corpo avvalora l’ipotesi che la barca rovesciandosi abbia inghiottito i tre.
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26/10/2006
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