La pittura sbarca a Garrufo con Gusto
| GARRUFO - Se ne parlerà domani alla presenza di due artiste come Annunziata Scipione di Tossicia (Teramo) e Giuliana Manelli di Pavia e con laiuto e la competenza dello storico dellarte Francesco Tentarelli.
di Paride Travaglini
Domani, 5 agosto, all’interno della manifestazione gastronomica, ricreativa, culturale, promossa e curata dall’associazione turistica Pro Loco Garrufo, “Garrufo Con Gusto, il Cibo dei Luoghi, i Luoghi del Cibo”, si parlerà di pittura alla presenza di due artiste come Annunziata Scipione di Tossicia (Teramo) e Giuliana Manelli di Pavia e con l’aiuto e la competenza dello storico dell’arte Francesco Tentarelli.
La mostra “Le radici sulla tela – Il mondo contadino, la natura, il fare umano”, allestita all’interno dei locali della Scuola Media sita in piazza XXV Aprile, resterà aperta fino all’8 agosto e propone, in modo certamente diverso, il rapporto delle due pittrici con la natura e la vita.
Da un po’ di anni si assiste al processo di rivalutazione della civiltà contadina sotto l’aspetto culturale, gastronomico, architettonico. L’iniziativa di “Garrufo con gusto” partendo dalle sue più antiche origini romane, muove su questo filo conduttore. Tutta la vallata ha radici contadine e per millenni è vissuta prevalentemente dei frutti del proprio raccolto.
I quadri di Annunziata Scipione ci regalano momenti straordinari, testimonianza forte e irripetibile della vita quotidiana delle nostre campagne, attraverso una memoria fotografica unica e rara. Non c’è opera dove ognuno di noi non possa dire di rivedersi, di riviversi, di ricordarsi. In essi non vi è solo la rappresentazione di gesti quotidiani, ma l’anima di quella vita che viene fuori, la loro essenza più vera. Vivere in modo “naturale”, serenamente e pacatamente dei frutti che la terra e il buon Dio ci regala.
Una laboriosità condivisa perché consapevoli di essere soggetti a un comune destino, in balia dei ritmi della natura e dei suoi capricci. La serenità certa di sapere che la vita fluisce e si rinnova in un ciclo continuo di nonni-figli-nipoti . Gli animali sono sempre presenti, e hanno una rara espressività, si allevavano e vivevano a stretto contatto con l’uomo avendo a volte, anche un ruolo premonitore come nel bellissimo quadro “Vacche irrequiete”, ora in una collezione privata.
Luciana Manelli viene anche lei da quel mondo, ma non è una contadina, non vive di quello, anzi, il suo è un’evoluzione verso il mondo moderno, un approccio ad esso con gli occhi di chi vive della modernità e nella modernità. Un approccio colto, di studiosa d’arte, “…dalle radici contadine all’Accademia di Brera”, appunto.
L’ambientazione delle sue opere è quella della pianura padana, distese di grano pianeggianti e avena selvatica, donne con il cappello a larghe falde, mondine curve sulle sottili piante di riso.
Poi ci sono i fiori, diversi e vari, che occhieggiano qua e là a testimoniare un amore incondizionato per essi e che saranno un vulcano di colori e di espressione nelle opere ultime. Queste, infatti, sono proprio un invito a tuffarsi nella bellezza della natura; una natura che rapisce, avvolge, coinvolge nei ritmi vorticosi ma sereni delle stagioni, dei colori, dei fiori, appunto. Sono una esplosione di cromie ed ambientazioni, dove il pennello sembra danzare gioiosamente tra gradazioni, accostamenti e ombreggiature.
Le tele, rispetto allo stile più essenziale degli anni 87/90, sono equilibratamente affollate di particolari, di immagini, di piccole pennellate che si sovrappongono quasi col piacere di scandagliare minuziosamente e realisticamente la natura e gli oggetti. Quindi uno stile pieno di esperienze, conoscenze e meditazioni. Ed il pensiero corre a Cezanne e certamente a Renoir: la serie di opere dedicate alle bagnanti in riva al fiume oltre a ricordarci i due grandi maestri francesi, ci aiutano ancora di più a darci quell’idea panica della natura, quel sentirci tuffati in un’atmosfera ‘naturale’ e serena col ricordo vivo ma lontano delle proprie origini agresti. Iris, calle, tulipani, lillà, papaveri, violette, margherite, petunie, girasoli,rose, dalie, viole del pensiero, gladioli, forsizie, lilium, violette africane,primule, gigli,ninfee, anturium, stelle di Natale, magnolie, narcisi, ortensie e su tutti domina il ricorrente azzurro-violetto della lavanda, dei cardi selvatici e dei fiordalisi.
L’organizzazione ha abbinato, ad ogni quadro presente nella mostra, un attrezzo agricolo a cui si fa riferimento nell’opera per rendere ancora più vera e tangibile questa testimonianza di vita contadina, corredando il tutto con schede esplicative del nome in dialetto e della sua origine. Gli attrezzi agricoli sono stati selezionati tra i tanti di proprietà della famiglia Di Addezio Francesco di Garrufo.
LUCIANA MANELLI - nasce a Pinerolo Po, in provincia di Pavia; si trasferisce a Milano e si iscrive al Liceo Artistico di Brera dove frequenta la celebre Accademia. Nel 1971 ne diventa docente nella cattedra di tecniche pittoriche.
La sua pittura degli anni novanta esprime un rapporto sereno e naturale’ con la campagna sviluppando uno stile intimista e raccolto, sintetico ed essenziale. Tra paesaggi e nature morte, è la figura femminile che ricorre in modo costante. Quasi il simbolo generante e creativo della natura stessa. Espressione, sì della fatica tra i campi di grano e risaie, ma dispensatrice di frutti abbondanti e copiosi.
La donna viene affiancata da un’altra figura, anch’essa ricorrente e affascinante, che è quella del cavallo, rappresentato anche come piccolo dondolo nelle le mani di bimbi pacati e sereni tra le braccia della mamma. Indomito e solitario, elegante e selvaggio, libero e potente: simbolo forse dei nostri migliori istinti di selvatica libertà?
ANNUNZIATA SCIPIONE - di Tossicia (TE), è una signora ottantenne, che ci regala quadri assolutamente straordinari, testimonianza forte e irripetibile della vita quotidiana delle nostre campagne, con una memoria fotografica unica e rara. Di famiglia contadina, ha frequentato la scuola primaria fino alla terza elementare. Sposata al capomastro Ettore Di Pasquale, divide il tempo tra la casa la campagna e il cavalletto; il figlio Piero, podista a livello nazionale, insegna educazione fisica. Annunziata testimonia il nostro passato più prossimo, un mondo che non esiste più ma che fa parte della nostra memoria collettiva. La sua è un’arte non minore di quella colta perché dimostra in modo risolutivo un sistema di vita e di pensiero che ha risolto i suoi interrogativi esistenziali e ha trovato un senso nel proprio agire. I personaggi e le scene che animano i suoi quadri arrivano direttamente da quei paesaggi della Valle Siciliana che l’artista ha potuto osservare in passato e che scruta tuttora dalla sua Azzinano di Tossicia oggi divenuto il “paese dipinto”. Le sue tele, che Cesare Zavattini, il padre del neorealismo italiano, ha voluto nel Museo Nazionale del naif, sono la rappresentazione sensibile e partecipata, il canto e il colore, della cultura millenaria delle popolazioni del Gran Sasso, tesori altrimenti perduti.
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04/08/2006
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