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Il forum organizzato dalla Confartigianato

Ascoli Piceno | Un primo bilancio sull’attività svolta dai rappresentati dei cittadini in Parlamento nel corso della XIV legislatura

di Federico Biondi


Al forum organizzato dalla Confesercenti, presso la Sala Massy del Palazzo dei Capitani di Ascoli Piceno, erano presenti meno della metà dei Parlamentari espressi dal territorio nelle ultime consultazioni elezioni, mancavano all’appello due Senatori, Amedeo Ciccanti e Luciano Magnalbò e due Deputati, Orlando Ruggirei e Francesco Zama. Erano invece presenti i Deputati Giulio Conti, Gianluigi Scaltritti e il Senatore Stefano Bastianoni. Ha introdotto e moderato il forum il segretario regionale della Confesercenti il dottor Giorgio Cippitelli. Durante l’incontro non sono mancati interventi dai rappresentanti di categoria della Confartigianato e da amministratori locali come per esempio il Sindaco di Ascoli Piceno Piero Celani e il Vice Presidente della Provincia di Ascoli Piceno nonché Assessore al Lavoro Emidio Mandozzi.
 
Si è discusso dell’Istituzione della nuova provincia di Fermo, della tutela dei prodotti italiani e quindi del marchio Made in Italy “Doc 100% Italia”, della competitività e concorrenza sleale, del cuneo fiscale e del mondo del lavoro. Temi connessi fra loro che il nuovo Governo, qualsiasi esso sia, deve risolvere.
 
I Parlamentati hanno illustrato ai presenti i risultati ottenuti, ma anche le difficoltà incontrate durante la XIV legislatura. Riflessioni, sulle sorti della nazione e del territorio della provincia di Ascoli Piceno, per comprendere e capire come il “sistema paese” possa aumentare la competitività dei prodotti italiani sui mercati esteri. Il segretario regionale della Confesercenti spiega che in un territorio, una economia forte è sinonimo di imprese che producono ricchezza e ciò rappresenta un esempio di democrazia economica, di libertà democratica, sociale e civile.
 
Il discorso si è sviluppato su diverse direttrici, da un lato sono emerse le difficoltà delle ditte artigiane nel penetrare il mercato mondiale per via delle piccole dimensioni, dall’altro l’esigenza di essere tutelati. Il marchio Made in Italy se fosse stato approvato avrebbe difeso i prodotti fabbricati in Italia, sia per una maggiore qualità rispetto ai volenterosi produttori cinesi o orientali, che per una sorta di “produzione etica”. È noto che nei paesi in via di sviluppo i lavoratori non sono tutelati, lavorano sicuramente più di quaranta ore settimanali e non hanno stipendi che assicuri una vita decorosa e libera, oltre a ciò c’è il problema dello sfruttamento minorile.
 
C’è inoltre il problema della contraffazione dei prodotti italiani, un discorso legato non solo al settore manifatturiero, ma anche in altri campi dell’industria. Il marchio “Made in Italy” avrebbe anche se parzialmente, risolto alcune problematiche legate alla contraffazione e alla originalità di un prodotto realizzato adempiendo alle più civile regole che si addicono ad una democrazia moderna.
 
Sembrerebbe che proprio esponenti della Confindustria, anche locale, si sia opposta alla discussione di questa proposta di Legge in Parlamento, proposta che comunque ha avuto parere positivo dalla Commissione Parlamentare Attività Produttive. La nuova classe dirigente dello Stato dovrà rispolverarla e portare avanti l’iter burocratico, manca solo la discussione alle camere dopodiché la certificazione Made in Italy “Doc 100% Italia” diventa Legge. L’iter è stato bloccato perchè molti industriali non hanno tutta la linea produttiva in Italia, ma realizzare alcuni componenti del prodotto finito, se non tutti, in paesi come la Romania o la Cina. In questi Stati le leggi sulla tutela dell’ambientale, dei lavoratori ma anche le normative che disciplinano l’uso delle materie prime impiegate sono molto blande. Tutto ciò si traduce in costi di produzione più bassi, margini di profitto più alti.
 
Tutti i parlamentari presenti all’incontro hanno mostrato una stessa volontà d’azione verso l’istituzione della certificazione “Made in Italy”, cosa che non è accaduta quando si è parlato degli “Studi di settori”, atto contabile introdotto dal ministro Tremonti, con il quale si calcola quanto una ditta potrà guadagnare come minimo in un anno. Per molti dei presenti, compresi i delegati di categoria della Confartigianato, questo strumento contabile non calcola quanto una ditta potrebbe guadagnare ma quello che deve guadagnare, uno strumento pre-determinato al raggiungimento di un obiettivo economico tassabile.
 
L’incontro è stato utile per comprendere le problematiche del comparto artigiano del territorio della provincia di Ascoli Piceno e più in generale delle Marche. Un comparto quello Piceno unico in Italia per numero di ditte operanti inserite sul mercato, che più volte è andato in soccorso delle crisi in cui versavano le grandi industrie assorbendo la manodopera licenziata, agendo così da cuscinetto sociale.
 
Una produttività quella del comparto artigiano che fonda ancora le sue radici nella famiglia, che ha ancora la capacità di inglobare e dare reddito, ma che attualmente versa in un momento di difficoltà. Se da un lato l’artigiano riesce a dare un prodotto di qualità, per via di una tradizione consolidata nel settore, oggi ha pochi liquidi per puntare sulla ricerca, intesa come sviluppo di nuove produttività. È questo quello che chiedono gli artigiani, investimenti per la ricerca nei settori pubblici dello Stato e formazione di addetti preparati che insieme all’esperienza della tradizione artigiana danno quel valore in più al prodotto Made in Italy. Un prodotto che non ha uguali al mondo, tutelati dalle Leggi dello Stato che puntigliosamente escludono prodotti nocivi per l’uomo, dando sicurezza su ciò che si acquista. Il forum si è animato quando gli artigiani intervenuti all’incontro hanno esposto le loro problematiche.

14/03/2006





        
  



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