Immaginate di risvegliarvi da un coma e di scoprire che nella vostra città, misteriosamente, non è rimasto più nessuno.Questo è quello che succede a Jim (Cillian Murphy), il protagonista di 28 giorni dopo, che, vestito solo del suo camice da malato, comincia a vagare per una Londra apparentemente deserta e irriconoscibile, scoprendo dappertutto come i segni di una guerriglia urbana: autobus ribaltati, immondizia lasciata per le strade, macchine distrutte. In questo scenario apocalittico Danny Boyle, il regista di Trainspotting, ambienta la prima parte del suo ultimo film, un horror in linea con i tempi dalla Sars.

 Infatti, causa di questa Londra deserta, è un virus che si trasmette col sangue e che è stato infettato negli uomini da delle scimmie-cavie malate, liberate da un gruppo di attivisti ambientalisti. La storia segue le vicende di Jim, che, dopo aver scoperto di non essere l'ultimo uomo rimasto, affronta con altre tre persone il viaggio fino a Manchester, nella speranza di trovare altri sopravvissuti al contagio e di salvarsi così dagli infettati che, in preda a una rabbia cieca e inumana, vogliono sbranare ogni essere che trovano sulla loro strada. 

Girato in digitale nella prima e più suggestiva parte, quella in cui, per dirla con il regista, Londra appare vista come sotto l'occhio di una "realistica fantascienza", 28 giorni dopo sembra perdere forza a mano a mano che procede, fino a un finale abbastanza prevedibile. L'impressione che ne abbiamo ricavata è stata in definitiva quella di un film di genere a tratti affascinante e che potrà piacere soprattutto agli appassionati dell'horror.

 Buona visione.