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Domenica 26 marzo a In Art: quando la passione diventa arte

San Benedetto del Tronto | Domenica 26 marzo, dodicesimo appuntamento di In Art: grande interesse, partecipazione ed entusiasmo da parte del pubblico.

di Elvira Apone

un momento dell'evento del 26 marzo

Domenica 26 marzo, presso la trattoria Da Rino Al Pontino di San Benedetto del Tronto, si è svolto il dodicesimo appuntamento della rassegna letteraria e musicale In Art organizzata dall’associazione culturale Rinascenza con la direzione artistica di Annalisa Frontalini. Gli ospiti della serata, lo scrittore Crocifisso Dentello e i due musicisti Daniele Di Bonaventura e Giovanni Ceccarelli, hanno destato nel pubblico interesse, partecipazione ed entusiasmo, confermando per l’ennesima volta l’alta qualità degli eventi proposti da Rinascenza dove, in un perfetto connubio tra letteratura e musica, con la preziosa cornice dell’esposizione fotografica di Paolo Soriani, si ha la possibilità di godere di quella bellezza che soltanto la vera arte riesce a esprimere con pienezza. E domenica scorsa il pubblico di In Art, tra cui era presente anche il presidente della provincia Paolo D’Erasmo, è stato testimone della magia che si compie quando la passione si trasforma in arte e dà vita a qualcosa che riesce a stupire, a coinvolgere, a scavare negli animi per lasciarvi la sua impronta indelebile.

Guidati dalla sapiente regia del magistrato e poeta Ettore Picardi, gli ospiti hanno raccontato la propria esperienza che, prima ancora di essere artistica, è soprattutto umana. Crocifisso Dentello, reduce da un clamoroso esordio con il suo primo romanzo, “Finché dura la colpa”, ha parlato del suo secondo libro, “La vita sconosciuta” (La nave di Teseo editore), ma soprattutto ha narrato la propria vicenda esistenziale, che parte da un isolamento sociale per passare attraverso Facebook e i social networks e approdare poi alla pubblicazione con un’importante casa editrice. Un’avventura personale affascinante, in cui a vincere sono stati il talento, la determinazione, il coraggio delle proprie idee e una forte personalità. Una scommessa con se stesso e con le proprie capacità che Crocifisso Dentello sembra aver vinto, contando soltanto sulle proprie forze e su quella passione per la lettura, e di conseguenza per la scrittura, che lo ha sempre animato. Un amore per le storie che lasciano il segno, come lui stesso ha affermato, che scuotono le coscienze, che spingono a riflettere e che riescono, quindi, persino a cambiarci, proprio come quella di Ernesto in “La vita sconosciuta”, che si abbandona a una confessione senza esclusione di colpi, vinto dal rimorso e dall’angoscia, schiavo volontario di una vita fatta di bugie e di segreti che vengono dal passato. E poi c’è anche il suo amore per gli anni settanta, di cui ci sono ampi riferimenti nel libro, anni ricchi di fermenti e di idee, anni in cui si era disposti a combattere per i propri ideali, anni che hanno prodotto risultati straordinari in tutti i campi, dalla letteratura alla musica fino all’arte, ma che, dall’altra parte, hanno anche seminato terrorismo, paura e violenza. E proprio sul filo tracciato dalla storia, spesso triste e dolorosa, di quegli anni, la parola è passata a Daniele di Bonaventura e a Giovanni Ceccarelli, che hanno anche loro rivelato, come si fa in mezzo a un gruppo di amici, sia la propria esperienza musicale sia quella personale durante gli anni di piombo.

Poi, dopo il momento conviviale, in cui tutti i presenti si sono ritrovati, come a una grande mensa, a scambiarsi opinioni ed esperienze, a condividere ricordi, e soprattutto passioni, Daniele di Bonaventura e Giovanni Ceccarelli hanno lasciato che fosse la musica, la loro meravigliosa musica, a parlare, quella musica che nasce da dentro, da un inestinguibile desiderio di offrire agli altri la parte più intima e più autentica di se stessi, quella che nasce dall’anima ispirata dalla passione e dal talento. E così, con naturalezza e spontaneità, e con quell’umiltà che solo i grandi artisti conoscono, hanno regalato al pubblico di In Art il loro “Mare calmo”, un mare che, un po’ come quello di Dentello, nasconde un’incredibile vitalità, un mare che, sotto la sua calma apparente, dischiude la vita in tutto il suo incontenibile fervore, in tutto il suo continuo rigenerarsi per creare, a sua volta, nuova vita.

È stato bello dialogare con ciascuno di loro, come con vecchi amici, è stato piacevole scoprire da loro e con loro un pezzetto di quel mondo cui appartengono, un mondo ricco e multiforme, un mondo in cui entrare, anche se solo per poco, è stata un’esperienza davvero emozionante. 

“Ci hai parlato della tua passione per la lettura. Come nasce, invece, la tua passione per la scrittura?”

Crocifisso Dentello: “Ho letto moltissimo e sin da adolescente ho avuto una grande passione per le storie e per come vengono raccontate. La mia vita è stata una vita di isolamento sociale e, dunque, per me la scrittura è stata terapeutica. Impossibilitato, quindi, a parlare e a relazionarmi, la scrittura è diventata per me l’unica forma possibile di comunicazione, anche se una comunicazione a me stesso. A quel punto, alimentato dai libri, il demone della scrittura si è completamente impossessato di me e così è nata la mia vocazione letteraria; anche a costo di apparire retorico, posso dire che la scrittura mi ha salvato perché mi ha permesso di raccontare, di parlare, di comunicare, altrimenti sarei impazzito”.

“Il tuo primo romanzo, “Finché dura la colpa”, si è rivelato un caso letterario: perché pensi che un romanzo di esordio come il tuo abbia colpito i lettori, sia piaciuto?”

Crocifisso Dentello: “Perché si è creato un effetto di corto circuito, che di solito, però, non dovrebbe accadere, ma che mi ha portato fortuna. Molti dei lettori di questo romanzo erano prima ancora lettori di Crocifisso Dentello su Facebook e hanno letto questa storia perché hanno notato che non c’era nessuna differenza tra il Crocifisso Dentello uomo e lo scrittore e soprattutto perché, leggendo questo romanzo, hanno capito che era un libro in cui avevo messo tutto me stesso, che c’era un forte dolore interiore, un dolore vero, autentico, in cui ciascuno si poteva riconoscere”.

“Hai parlato di Facebook e dei social networks e dell’uso positivo che ne fai e ne hai fatto. Forse, però, le nuove generazioni ne fanno un uso negativo. Come pensi che vadano usati al meglio i social networks?”

Crocifisso Dentello: “Oltre che di aiuto alla mia carriera letteraria, Facebook mi ha anche consentito di conoscere realmente, e non virtualmente, tante persone con cui intrattenere relazioni umane. Allora dico questo: probabilmente dentro Facebook e altri social networks dobbiamo mettere le mani nel fango, dobbiamo convivere con i detriti, ma, personalmente, se non mi fossi mosso in quel fango, non avrei mai conosciuto tante persone straordinarie. Con questo voglio dire che sotto quello strato di fango si possono trovare delle pepite, cioè anche tra il peggio dei social networks, scavando tra i detriti e le macerie, si possono trovare e conoscere belle persone”.

“A chi vuole scrivere, a chi vuole far sentire la propria voce, consiglieresti, quindi, come hai fatto tu, di ricorrere ai social networks?”

Crocifisso Dentello: “Sì, ma deve farlo soprattutto in maniera onesta. Probabilmente io sono stato beneficiato perché mi sono proposto senza filtri, ho fatto capire che la mia passione era vera, quindi, l’autenticità paga molto. Poi, ovviamente, se mi permetti una piccola vanteria personale, deve esserci dietro anche una forte personalità, quindi, anche la capacità di saper catturare l’attenzione della gente attraverso la propria personalità. Inoltre, è importante anche saper essere autoironici, saper ridere di se stessi; io, per esempio, cerco sempre di non prendermi sul serio, di mescolare alti e bassi. Questo protagonismo, però, come può attirare gente che ti apprezza e si affeziona, così può anche esporti alla malevolenza di irriducibili detrattori.

“Che cosa pensi di questa rassegna?”

Crocifisso Dentello: “Trovo questa rassegna straordinaria, soprattutto per il contesto: io ho parlato del mio libro in una trattoria, quindi, in un luogo conviviale, dove poi si svolgerà anche un concerto, quindi, le arti sono mescolate in un contesto di aggregazione formidabile. Quindi, trovo questa rassegna di una contemporaneità straordinaria. Inoltre, consentimi di dirlo, ho sentito nei miei confronti un forte calore e una grande accoglienza, cosa che non è mai scontata. Immagino che questo sia un tratto delle persone che frequentano questo luogo, che fanno sentire tutti a proprio agio, in cui non ci sono formalità e questo per me è un valore enorme”.

E parlando poi con Daniele Di Bonaventura e Giovanni Ceccarelli:

“Puoi dirmi qualcosa su questo vostro progetto comune “Mare calmo”?

Daniele di Bonaventura: “Mare calmo è nato quando io e Giovanni ci siamo conosciuti a Parigi. È strano: io sono di Fermo e lui di Fabriano, ci conoscevamo di nome, ma di fatto ci siamo conosciuti personalmente a Parigi. Così abbiamo deciso di suonare insieme, abbiamo cominciato a selezionare dei pezzi, ovviamente tutti incentrati sulla composizione originale, poi ci siamo riuniti per girare dei video e da qui è nato il disco “Mare calmo”, che prende il nome dal titolo di un pezzo di Giovanni che abbiamo registrato due volte perché mi piaceva particolarmente. All’inizio si doveva intitolare “Colline”, sempre dal titolo di un altro brano di Giovanni, poi però abbiamo scelto “Mare calmo” sia perché il brano è ripetuto due volte in due versioni diverse, sia perché in fondo viviamo davanti a un mare calmo. È un progetto basato soprattutto sugli arrangiamenti, sull’improvvisazione, molto incentrato sull’originalità”.

“Mi ha molto incuriosito il bandoneon, questo strumento in realtà meno noto di tanti altri. Come nasce la tua passione per il bandoneon?”

Daniele Di Bonaventura: “Per un’esigenza quasi fisiologica. Ho voluto rimettermi in gioco, provare a vedere cosa succedeva a suonare un altro strumento meno conosciuto e il bandoneon mi piaceva sia per il suono sia perché potevo portarmelo dietro perché era un po’ come portarsi sempre dietro il proprio suono, cosa alquanto difficile da fare per un pianista, che deve sempre adattarsi a suonare pianoforti diversi”.

“Sappiamo che vivi e lavori in Francia. La scelta di lasciare l’Italia è stata casuale o voluta?”

Giovanni Ceccarelli “È stata casuale, ma poi anche voluta, perché spesso il caso ci porta dove vogliamo andare. Erano alcuni anni che andavo a suonare in Francia, a Parigi, che è una città che mi ha sempre affascinato e che trovo molto ricca culturalmente e anche una delle capitali della musica. Poi il caso ha voluto che conoscessi una ragazza francese che è poi diventata mia moglie. In effetti, la scelta di trasferirmi a Parigi è avvenuta anche per motivi pratici perché mia moglie lavora all’università mentre per me, per il lavoro che faccio, era più facile spostarmi. La motivazione è, quindi, più che altro personale.

“Pensi che la situazione della musica sia migliore in Francia che in Italia? Ritieni che in Francia ci siano più opportunità per i musicisti?”

Giovanni Ceccarelli: “La situazione in Francia è più organizzata che in Italia; in Francia ci sono ancora molti finanziamenti per la cultura che permettono anche che le operazioni di tipo culturale siano ben strutturate; ad esempio, c’è un festival, esistono delle scuole che preparano non solo gli artisti, ma anche i tecnici, tutte le figure professionali. L’Italia secondo me è ancora un po’ la terra dei miracoli, eppure in Francia c’è un grande amore per i musicisti italiani che sono apprezzatissimi e sono di grande valore a livello mondiale, come lo stesso Daniele, che magari non vengono dai conservatori migliori d’Europa, ma hanno una preparazione musicale e una storia molto più varia dei musicisti francesi, che seguono più un percorso accademico”.

“So che hai spaziato tra vari generi musicali, dalla musica italiana al jazz fino alla musica brasiliana. Qual è il genere in cui ti senti più a tuo agio?”

Giovanni Ceccarelli: “Da ascoltatore mi piace tutta la musica; come musicista parto dal jazz, che è un genere che si alimenta di tanti ingredienti, amo molto la musica europea, ma anche tanto il Brasile e quella brasiliana. Sicuramente, mi piace di più la musica che esprime emozioni, sentimenti, e sono meno attirato da musiche di ricerca, sperimentali. Mi piacciono soprattutto le melodie: l’arte dei grandi musicisti, infatti, è di far sembrare ogni melodia qualcosa di nuovo, non di già ascoltato.

“Cosa pensate della formula di questa rassegna?”

Daniele Di Bonaventura: “Credo che sia una bella idea questa di unire la letteratura con la musica, di accoppiare un concerto con la presentazione di un libro, cioè di mettere insieme le arti… “

Giovanni Ceccarelli: “ E, quindi, anche di mescolare i pubblici. Personalmente, per esempio, cerco di uscire dai luoghi in cui di solito si fa musica e talvolta mi ritrovo a esibirmi anche nelle scuole, nei musei. Mi piace, quindi, anche l’idea di combinare la letteratura con la musica in un luogo conviviale”.

Così, in un’atmosfera familiare e carica di energia vitale, sull’eco di note che sembravano essere giunte lì quasi per caso, sulla scia di melodie originali e inconsuete, dettate dalle ineffabili sensazioni che solo i cuori puri sanno suggerire, si è conclusa un’altra serata di In Art, una di quelle che solo l’arte che di arte si alimenta riesce a rendere veramente preziose e indimenticabili.

28/03/2017





        
  



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