EDUARDO DE FILIPPO: un mito che si fa carne.
San Benedetto del Tronto | Il 25 febbraio del 1948 acquistò il teatro San Ferdinando di Napoli investendo nella ricostruzione tutti i suoi guadagni. Oggi nella nuova edizione del libro di Italo Moscati cogliamo i vari aspetti della sua biografia e si impone una riflessione.
di Felice Di Maro

Lunedì 13 luglio presso il Circolo Nautico di San Benedetto del Tronto, "Scrittori sotto le stelle" e con "i luoghi della scrittura", la Bibliofila e con il patrocinio del Comune di San Benedetto del Tronto ha presentato il libro "Eduardo De Filippo -
Scavalcamontagne, cattivo, genio consapevole" pubblicato dalla Ediesse nel luglio del 2014. In 19 capitoli più tre pagine di bibliografia selezionata Eduardo De Filippo con tutta le sue attività di attore e di autore è stato all'attenzione oltre che dall'Autore, Italo Moscati, anche di Filippo Massacci che ha animato il dibattito presentando una serie di domande rivolte all'autore e ponendo quesiti vari nonché interrogativi sia sulle dinamiche della lunga carriera e sia sulla sociologia delle commedie di Eduardo nonché sui personaggi che ha interpretato.
La serata per la nostra città per come si è svolta e si è articolata anche per la visione del video di alcuni minuti del film del 1953 "Napoletani a Milano" è stata partecipata, tanto che ha lasciato - siamo ormai in autunno e se ne parla ancora - a chi era presente un gradevole ricordo. Perché? Cerco di spiegare e non so se ci riuscirò perché quest'opera di Moscati su Eduardo è raffinata anche se ha un linguaggio molto accessibile ma ci vuole comunque una predisposizione per cogliere fenomeni certo del secolo scorso ma ancora attuale.
Pur essendo pieno di notizie varie, assicuro non è proprio un libro facile da recensire e io me ne scuso se in quest'articolo non presento tutte le relazioni che si possono cogliere. Presenta veramente aspetti reconditi ben articolati come ad esempio, piace, "Una tavola rotonda" (pp. 59-90) dove vengono esposte da vari protagonisti quelle tensioni varie che solo chi ha conosciuto Eduardo può presentare, ma tra gli aspetti di criticità e la ricostruzione dei lineamenti dei vari ambienti di riferimento le distanze non sono sempre uguali e non mancano emozioni di lettura. Naturalmente Filippo Massacci con le sue domande ha dato ai presenti e ai lettori una serie di motivazioni varie anche per promuovere la ricerca su Eduardo che io ritengo non si debba mai fermare.
Perché?
Cercherò di rispondere più avanti. Per comprendere meglio un po' di dati sono essenziali. Eduardo è nato a Napoli il 24 maggio del 1900 ed è morto a Roma il 31 ottobre del 1984. Per i suoi alti meriti artistici e i suoi notevoli contributi alla cultura fu nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini e fu anche candidato al Premio Nobel per la letteratura. Ormai sono 30 anni che è morto ma nel nostro ricordo per quelli che lo hanno visto a teatro e in televisione e quelli che lo hanno conosciuto di persona non è stato soltanto il grande attore, regista, scrittore. Ha rappresentato la nostra coscienza nascosta che con le sue commedie è stata sollecitata a presentarsi in pubblico e ancora si discute sugli effetti che ha avuto sulla società dell'epoca. Le opere più significative che meritano una citazione particolare sono Napoli milionaria (1945), Questi fantasmi e Filumena Marturano, entrambi del 1946, Mia famiglia (1953), Bene mio e core mio (1956), De Pretore Vincenzo (1957), Sabato, domenica e lunedì (1959) scritto apposta a quanto pare per l'attrice Pupella Maggio che ne è stata la protagonista.
Il lavoro secondo me più vicino alla nostra fase contemporanea è stato "Gli esami non finiscono mai" che è una commedia in un prologo e tre atti, scritta e interpretata da Eduardo nel 1973 e inserita nel gruppo di opere che ha chiamato Cantata dei giorni dispari e questa è stata l'ultima commedia scritta da Eduardo, nel 1977 è stata presentata al teatro Vachtangov di Mosca. S'invita a vederla in video s'intende e al di là della trama rappresenta con le relazioni tra i profili dei personaggi e l'ambiente in scena un quadro della borghesia corrente che anche se è di quella degli anni precedenti ha idealizzato sotto certi aspetti anche quella degli anni settanta. Guglielmo Speranza è il protagonista da lui interpretato che si è appena laureato nel 1922 e inizia la sua vita certo ordinaria ma non proprio per il percorso che si presenta non lineare anche se sembra regolare ma - attenzione - non lo è per situazioni varie che Eduardo ben mette in scena. Gli esami continuano ed è una sintesi delle vicende umane che ha riferimenti come io colgo con la situazione socioeconomica anche attuale.
Sono passati tre decenni e il ricordo di Eduardo non si è spento, e anzi aumenta, e con esso anche il desiderio che Napoli, i dintorni, il Paese, possano vivere ancora giorni diversi. L'equilibrio tra economia e società non lo si raggiunge mai ma conoscere le evoluzioni del nostro passato ci aiuta e il Teatro di Eduardo ci dà un aiuto quanto meno a comprendere le distanze. E, questo libro di Italo Moscati offre risposte alle nostre aspettative di comprendere almeno. In prevalenza ha due obiettivi: presentare nuovi racconti - poco celebrativi, inquieti, provocatori - di persone che lo hanno conosciuto e a partire da essi iniziare a comporre un "ritratto" delle trasformazioni che Eduardo aveva intuito e proposto nei suoi lavori, fra teatro, cinema e televisione.
Il titolo è un programma: «Scavalcamontagne», ovvero artista che rivela di essersi misurato fin da giovanissimo con il pubblico nelle zone lontane; «Cattivo», nel senso di esigente, un forte carattere nei rapporti sulle scene e nella vita. «Genio consapevole», per la sicurezza e misura con cui scriveva e rappresentava le sue idee. Eduardo è stato una sorta di moderno «viaggiatore», originale e spregiudicato nell'Italia del Novecento, un paese che conosceva spostamenti di milioni di persone dal Sud al Nord e viceversa, e anche incontri e scontri di linguaggi e di convinzioni.
Ovviamente è stato anche come è stato riconosciuto da diversi critici «sperimentatore» curioso, sensibile ricercatore di nuove competenze tra le arti e la comunicazione la quale è stata continua verso il suo pubblico: a Napoli spesso si metteva insieme la cena con il pranzo per pagare il biglietto per entrare in teatro e godersi le sue commedie. Lui lo sapeva ed è stato sempre pronto a trasferire nei vari drammi, commedie, film, pensieri e sentimenti quei valori/disvalori capaci di parlare agli spettatori proprio nel segno di una rigorosa e umanissima lezione che continua ancora.
Io penso che oggi Eduardo è un mito che si sta facendo carne e questo libro è un ponte verso le nuove generazioni anche per promuovere una verifica corrente dei suoi messaggi e dei profili dei suoi personaggi che penso debbano ancora essere analizzati in chiave contemporanea s'intende. Per chi ha soggiornato almeno qualche settimana a Napoli mi può comprendere non ho dubbi, invito a chi non c'è mai stato ad avere pazienza nella lettura di quest'articolo al di là s'intende delle opinioni sui napoletani e sulla città che com'è noto è il crocevia delle contraddizioni della modernità in generale e di questa nostra fase contemporanea che stiamo vivendo.
Fare ricerca sul teatro di Eduardo significa certo studiare Napoli ma significa anche relazionarsi con le politiche nazionali che sono restate spesso solo intenzioni e operazioni di dialettica della politica. La ricerca non si deve mai fermare perché ci fa conoscere il peso delle nostre scelte politiche che si voglia o no facciamo tutti i giorni e di quell'economia nascosta fatta di attività purtroppo non legali ma lecite per chi deve sbarcare il lunario. Studiare Eduardo ci porta inevitabilmente a ripercorrere le varie fasi della nostra storia certo meno recente e anche passata.
Ovviamente le nostre analisi non debbono essere solo psicologiche e sociologiche ma anche economiche mirate ad esempio sui flussi di denaro pubblico investiti su Napoli e sul sud che di certo non hanno avuto in generale neanche lontanamente i ritorni previsti o comunque, obiettivamente, quando ci sono stati sono stati, e ripeto, sono stati appena leggermente oltre lo zero e virgola. Il teatro non può essere inteso solo come spettacolo che finisce quando il sipario si chiude! Quello di Eduardo comunque continua e questo libro è anche un invito a non fermarsi mai.
Penso che non sarà male presentare qui anche la ricostruzione del Teatro San Ferdinando di Napoli che si trova in zona di Ponte Nuovo al centro della città, oggi Piazza Eduardo De Filippo. Nel 1948 Eduardo acquistò il semidistrutto "Cinema Teatro Principe" investendo tutti i suoi guadagni e per quanto ho letto anche indebitandosi con le banche. Era stato un antico teatro Costruito alla fine del Settecento e venne inaugurato il 22 gennaio del 1954 con l'opera "Palummella zompa e vola". Interpretò in questo teatro le sue opere ma mise in scena anche testi di autori napoletani per recuperare la tradizione e farne un "trampolino" per un nuovo Teatro, voleva farne anche la sede di una Accademia del teatro napoletano. Riuscì con innovazioni varie sulla lingua napoletana, che come i cultori sanno non è un dialetto, a fare in modo che il linguaggio popolare ne diventasse una lingua universale. Oggi non vi è dubbio che l'azione e l'opera di Eduardo siano state decisive per il teatro dialettale napoletano, precedentemente era stato giudicato di second'ordine dai critici, con lui è diventato un teatro d'arte.
Piace ricordare Eduardo insieme a Totò nel film "Napoli milionaria", la commedia era stata presentata nel 1950 ma è stata scritta e messa in scena prima della Liberazione. È una commedia di svolta nata dall'esigenza di mostrare come gli eventi bellici non consentissero più un teatro come era stato il suo, essenzialmente umoristico, comunque comico. L'attenzione fu messa sull'arte dell'arrangiarsi e sul mondo dei "bassi", "quartieri", "rioni", e la miseria diventò spettacolo. Naturalmente, oggi non è che sia cambiata moltissimo ma cambiamenti reali ce ne sono stati e speriamo che ce ne siano ancora e anche per la Nostra Italia.
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15/10/2015
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