Il suono di Sohn
San Benedetto del Tronto | Sohn "Tremors"
di
Sohn
"Tremors"
Immaginate un moderno elettronico Brian Eno mescolato con le sonorità di James Blake e del belga australiano Gotye e avrete subito il quadro della situazione per questo bell'esordio di Sohn, al secolo Christopher Taylor, londinese innamorato del beat elettronico e della scuola tedesca che da qualche anno ha scelto Vienna come città di residenza.
La copertina di questo esordio rimanda agli spazi ghiacciati di un mondo lontano come l'Islanda e in un certo qual modo tra i colori di questi suoni non è lontana quell'atmosfera cara ad Asgeir, Bjork, Sigur Ros e Olafur Arnalds. L'inizio di "Tremors" è un po' da gospel originale e lascerebbe pensare ad un diverso sviluppo dell'intero lavoro uscito per la prestigiosa 4AD ma il prosieguo del disco lascia intendere come la voce, per Sohn, non è altro che uno strumento da campionare e usare a corollario di un soundscape che mano a mano diventa sempre più peculiare. Dietro al cantante, all'autore e al musicista Sohn c'è un perfetto maestro di cerimonie da sala d'incisione, un esperto tecnico del suono che riesce a modificare, ricampionare, gestire tutto il lavoro con una banco mix di prim'ordine. "Tremors", al di là dei tecnicismi è ricco di emozioni e di colori che fuoriescono da un buio che a tratti sembra esistenziale e mai solo artificiale. La voce è spesso un "Bloodflows", come recita il titolo di un brano, un continuo movimento di vita, una luce per emergere, segno dell'artista che cerca di non essere ingabbiato dai suoi marchingegni elettronici. I crescendo sono spesso esaltanti, come nel caso di "Ransom notes" e molto coinvolgenti come in un moderno prog e l'uso spesso ossessivo dell'eco e della ripetitività non è altro che una rete, una tela di ragno che avvolge e si appiccica sulla pelle senza però mai soffocare.
Sohn non disdegna certe atmosfere di classicismo o decadentismo che vengono opportunamente rivestite di effetti umoristici mai invadenti grazie a linee melodiche che non passano mai in secondo piano. E' in definitiva una bella lotta tra il poeta melodico e il tecnico che "sporca" il suono con i suoi artifizi. E non ci sono mai vincitori. Quello che emerge è un sapiente amalgama e un perfetto bilanciamento delle parti. La visione "nordica" di molte composizioni non è scevra da un senso di forte spiritualità evidenziato da un tappeto sonoro creato dall'organo e dalle tastiere. Le pulsioni elettroniche vibrano dall'inizio alla fine e danno al lavoro di Sohn una bella magia che, ascolto dopo ascolto, cattura anche il più distratto e traduce un forte senso di magia, segno evidente che dietro l'esperto tecnico del suono, esiste l'uomo e l'autore di spessore.
Voto 8/10
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21/04/2014
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