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“Nozze di Figaro” sotto il segno dell’eleganza

Ancona | Cronaca dello spettacolo allestito da Pier Luigi Pizzi alle Muse di Ancona, venerdì 27 gennaio, “compleanno” di Mozart

di Giovanni Desideri

figaro

Chi ama la musica dovrebbe ascoltarla dal vivo, prendersi una pausa dalla "riproducibilità tecnica" analizzata da Benjamin, nella quale siamo immersi: vedere la musica, vedere il teatro in musica, e tra le altre cose non passare su questa terra senza aver conosciuto il signor Mozart, vivo e vegeto in un'opera come "Le nozze di Figaro", per l'aggraziata vivacità, elegantemente rispettata nell'allestimento di Pier Luigi Pizzi (regia-scene-costumi) al Teatro delle Muse di Ancona, cui abbiamo assistito venerdì 27 gennaio, "compleanno" del compositore, con l'Orchestra Filarmonica Marchigiana diretta dal francese Guillaume Tourniaire.

Un'opera in cui sono esaltate le parti d'insieme tra i cantanti, dai duetti al settimino del grandioso finale del secondo atto (e in molti punti dello spettacolo), che fanno una tra le principali difficoltà per gli artisti e la gioia per le orecchie del pubblico.

La scena era delimitata da alte pareti di legno chiaro, per le stanze dei primi tre atti: lo spazio riservato ai promessi sposi Figaro (Riccardo Novaro) e Susanna (Adriana Kučerová) nel primo; la stanza della Contessa (Carmela Remigio) nel secondo, con sontuoso drappo rosso spiovente dall'alto sul suo letto nuziale; il luogo delle nozze nel terzo, pullulante di enormi specchi, con un lungo tavolo al centro e la finestra aperta su un albero in giardino; infine il giardino e l'albero medesimi, per l'appuntamento tra il Conte (Alessandro Luongo) e Susanna, e la ritrovata felicità tra i personaggi, al termine di una serie mirabolante di manovre, per ricondurre il conte sui binari della fedeltà coniugale e salvare Figaro dalla proposta di matrimonio dell'attempata Marcellina (Giacinta Nicotra), che poi si scopre essere sua madre (e suo padre don Bartolo, qui Luca Dall'Amico), come previsto dal testo del "Mariage de Figaro" di Beaumarchais, da cui come noto Mozart e il librettista Lorenzo Da Ponte trassero questa prima perla della loro trilogia, appunto completata da Pizzi, dopo i precedenti allestimenti di "Don Giovanni" e "Così fan tutte", sempre tra la stagione estiva di Macerata e quella invernale di Ancona.

I quattro atti vanno via rapidi, i personaggi entrano ed escono montando un meccanismo perfetto di intrighi, poi smontato come una bolla di sapone: quella del caotico inseguimento delle donne da parte del Conte; un atteggiamento più consono all'adolescente Cherubino (Elena Belfiore), che le corteggia tutte, contribuendo non poco alla freschezza dell'opera.

Colpiscono le voci, certo, e i colori distribuiti da Pizzi tra scenografie e costumi (il giallo di Marcellina, il nero di don Bartolo, il viola del "maldicente" maestro di canto don Basilio, impersonato da Luca Canonici, stesso colore per il personaggio del giudice don Curzio interpretato dallo stesso Canonici).Senza stilare classifiche, convince in pieno Novaro, per una vocalità piena e agile come la sua stessa recitazione; la Remigio ha innato il focoso temperamento di donna Anna nel "Don Giovanni"; qui rispecchia con energia la malinconia della Contessa (anche per scelte di regia, per esempio nel secondo atto, quando sul drappo rosso "lotta" col Conte, per aprire la porta della stanza in cui si trova Cherubino, quasi un suo giovanile alter ego, di cui è geloso); in ogni caso la Remigio esibisce qui un canto più pulito e comunque ben strutturato. Un passo indietro la Kučerová e Luongo, la prima non sempre al meglio delle sue possibilità, il secondo bravo ma discontinuo e a tratti un po' statico, anche qui, forse, per scelte di regia dettate dalla nobiltà del personaggio (piccolo inciso: colpisce il costume del terzo atto, quello rosso impiegato nel "Don Giovanni").

Con lievi screziature, bravissimi i "malvagi", specie Dall'Amico e Canonici, ma anche la Nicotra; apprezzabili il personaggio del contadino Antonio impersonato da William Corrò, come la Barbarina di Maria Abbate, le "due donne" (Yuliya Poleshchuk e Tatia Jibladze) e il Coro Lirico Marchigiano "Bellini" diretto da Simone Baiocchi. Meno convincente un personaggio così centrale come il Cherubino della Belfiore, dalla vocalità un po' chiusa, poco chiara in teatro.

Al termine, prolungati applausi del pubblico, per l'ottima prova dell'Orchestra e del suo direttore e le scelte di Pizzi (immancabili calzini rossi), oltre che per gli interpreti, che hanno centrato l'obiettivo di restituire una leggerezza come ammirevole superficie di una straripante ricchezza musicale. Pizzi lascia le Marche per scadenza del contratto. Restano memorabili i suoi spettacoli all'insegna della gioventù e non del giovanilismo, l'eleganza, lo stile.

30/01/2012





        
  



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