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L'UDC lancia la sfida del Piceno

Ascoli Piceno | Il lavoro innanzitutto

Amedeo Ciccanti

La grave crisi finanziaria che ha colpito l'Italia nel settembre 2008, si è riversata su tutto il territorio nazionale, con effetti devastanti in quelle aree in ritardo di sviluppo, trasformandosi in crisi economica e sociale ad alta tensione. L'UDC ritiene che "il territorio piceno, caratterizzato da uno sviluppo "assistito" dall'intervento della Cassa per il Mezzogiorno fino al 1990, ha visto svilupparsi l'insediamento di grandi aziende di produzione che non erano state germinate da un processo spontaneo locale. Esse rispondevano ad un processo di "delocalizzazioni" dove i costi delle clausole sociali ed ambientali erano bassi o inesistenti e la concorrenza veniva giocata sul lato del prezzo piuttosto che dalla qualità. Con tale vizio genetico, il sistema di industrializzazione del piceno, segnatamente della Vallata del Tronto, ha subito da una parte uno smorzamento naturale con l'allargamento del mercato interno europeo verso i paesi dell'ex area sovietico-socialista, e, dall'altra, uno smorzamento accelerato determinato dalla crisi economico-finanziaria del 2008. Sul Piceno, quindi, si sono sommate due crisi: quella interna e più lontana e quella esterna più impetuosa e ravvicinata".

"Di fronte allo scenario di un sistema produttivo che evaporava, il sistema delle pubbliche amministrazioni non ha saputo reagire. La filiera istituzionale (Stato-Regione-Provincia e Comuni) si è rivelata incapace a funzionare come "catena della solidarietà". La chiusura di importanti aziende manifatturiere, tra le più grandi del tessuto produttivo locale, è stata accompagnata dai tradizionali ammortizzatori sociali (cassa integrazione guadagni), ma non ha visto nascere, parallelamente, una politica di sviluppo che riassorbisse nel medio e lungo periodo la rarefazione occupazionale. La prossima fine degli ammortizzatori sociali segnerà tensioni sociali enormi, con inevitabili conseguenze sul sistema dell'assistenza pubblica, già fiaccata dai tagli dei trasferimenti di bilancio, provocando una ulteriore sfiducia tra cittadini (soprattutto meno abbienti) e istituzioni".

"La responsabilità della Provincia" prosegue l'UDC, "quale ente di programmazione sub regionale, su questi ritardi di strategia è enorme e su di essa cade la più grande responsabilità della crisi, soprattutto per non averne delineato una via di uscita. La Provincia si è chiusa in una politica autoreferenziale e di gestione del potere fine a se stesso, limitata all'amministrazione ordinaria, priva di iniziative e progettualità, ha ignorato il Protocollo d'Intesa tra i comuni della Val Vibrata, della Vallata del Tronto, delle Province di Ascoli e Teramo, delle regioni Marche ed Abruzzo e del Ministero per lo Sviluppo Economico, tendente a raccordare i flussi finanziari in una strategia di consolidamento, rilancio e nuove opportunità per il tessuto produttivo piceno".

"Il Piceno è isolato politicamente ed istituzionalmente. I referenti istituzionali (parlamentari e consiglieri regionali) vivono senza alcun collegamento con gli enti esponenziali (comuni e province) degli interessi locali. E' necessario, pertanto, che l'UDC sviluppi con forza e decisione un nuovo corso politico realizzando un forte polo moderato, il quale riesca a parlare agli elettori per aggregare quel consenso che lo faccia essere determinante per nuovi equilibri tra destra e sinistra, che possono essere giocati su un terreno politico di dialogo e collaborazione".

"Il rinnovo della sua classe dirigente, con i congressi in atto, mira a superare questa visione strabica del sistema politico italiano e locale, per posizionare in modo chiaro il partito piceno in una posizione autonoma rispetto alla destra ed alla sinistra. Questo riposizionamento è stato reso possibile dal nuovo tesseramento 2010-2011, rispetto ad una gestione del Partito che scaturiva dal tesseramento del 2007, quando l'UDC era organicamente alleato con i partiti della Casa delle Libertà, ossia di una fase storica che fa parte ormai dell'archeologia politica".

"La fine del ciclo berlusconiano, con l'avvento del Governo Monti, il cambiamento dei rapporti politici tra destra e sinistra, costrette a misurarsi con i problemi reali del Paese piuttosto che su rendite di posizioni ideologiche e propagandistiche, apre nuove e più entusiasmanti prospettive all'UDC e ad altre ipotesi di riaggregazione intorno ai suoi valori, al fine di costruire un nuovo "polo moderato" che sia di pacificazione e di cambiamento. Una tale prospettiva richiede una nuova classe dirigente, soprattutto motivata culturalmente e spiritualmente, affinché sappia interpretare nuovi e vecchi bisogni della società italiana e locale, con la sensibilità e lo spirito della Dottrina sociale cristiana, di cui le settimane sociali ne sono state un'interpretazione fedele ed operosa rispetto alla realtà sociale del Paese".

 

05/12/2011





        
  



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