Fare libri (e leggerli)
San Benedetto del Tronto | San Benedetto ospita la seconda edizione di "Piceno d'autore", con ospiti straordinari, organizzata dall'Associazione Culturale" I Luoghi della scrittura".
di Giovanni Desideri
Piceno d'autore 2011 i partecipanti alla 1° giornata
Del resto, ogni volta che si parla di statistiche sulla lettura, demerito italiano tra gli altri, si presuppone implicitamente qualcosa come una "consapevolezza" che i libri avrebbero il potere di conferire a quanti ne fanno una presenza più o meno costante lungo i binari della propria vita, un vero e proprio arredo mentale attraverso cui interpretare il mondo.
E proprio intorno al mondo dei libri, dell'editoria e della scrittura in generale si svolge in questi giorni a San Benedetto un'iniziativa di straordinario livello: la seconda edizione di "Piceno d'autore", promossa dalla giovane associazione "I luoghi della scrittura" e impossibile senza una figura di libraio come Mimmo Minuto.
La rassegna si è aperta nella sala smeraldo dell'hotel Calabresi nella mattinata di sabato 4 giugno con un convegno dal titolo sufficientemente pragmatico: "Fare i libri nel XXI secolo", coordinato dal critico letterario Filippo La Porta e idealmente delimitato da interventi di scrittori, un esordiente come Alessandro Mari, autore di "Troppo umana speranza" (Feltrinelli), e il "veterano" Roberto Pazzi ("Mi spiacerà morire per non vederti più" tra i suoi ultimi titoli, per l'editore Corbo).
"Le donne, i cavallier, l'arme e gli amori", elenca con ritmo incalzante uno dei versi più celebri della letteratura italiana. E con un ritmo simile, non senza grande lucidità, si è parlato durante il convegno di vari aspetti del mondo dei libri, dalla scrittura, alle questioni che nascono intorno alla traduzione, al lavoro editoriale vero e proprio, alla distribuzione.
«Quando scrivi hai in mente un lettore ideale, come lo immaginava Calvino, in grado di guidare il tuo stesso stile?», chiede La Porta ad Alessandro Mari. La risposta è tecnica quant'altre mai: no, nessun destinatario ideale, perché sin da subito ce ne sono due in carne ed ossa: lo scrittore come lettore di se stesso, e l'editor, che "suggerisce" modifiche al testo, con l'esperienza di chi conosce il mercato dei libri. Un intervento che Mari non soltanto non condanna, ma quasi elogia, ripensando alla genesi del proprio romanzo: settecentocinquanta pagine sul Risorgimento italiano, che non avrebbero mai visto la luce senza la guida della casa editrice.
«E quanto è "democratica" una libreria, nel promuovere la sorte di ogni singolo testo?», chiede La Porta ad Alberto Rollo della Feltrinelli, premio "Piceno d'autore" 2011 al miglior editor, e "scopritore" dello stesso Mari. Ecco allora un discorso sulle strategie di promozione da parte delle case editrici, su autori famosi o meno famosi, sul successo dei libri in virtù delle loro qualità o del gradimento soggettivo del pubblico, sul marketing e il passaparola, sulla volontà degli editori di assecondare in qualche modo il gusto corrente, orientarlo o contrastarlo. E sul fenomeno dei "libri faziati", come dicono ormai gli addetti ai lavori, ovvero quei testi che conoscono forti balzi nelle vendite grazie al "passaggio" degli autori a "Che tempo che fa" di Fabio Fazio.
Si parla di molte sfaccettature del mondo dei libri all'hotel Calabresi, ma un'immagine si incomincia ad intravedere, come se emergesse lentamente dalla chimica di una camera oscura, costante in tutti gli interventi, onnipresente sullo sfondo di tutti i discorsi. Scriveva Borges: "Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d'isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Proco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l'immagine del suo volto".
Il volto che emerge parlando di libri è proprio quello del lettore. Anche senza dirlo, sembra si parli costantemente di questa figura ideale e dei processi mentali che lo mettono in relazione ad un testo scritto. Ecco allora Ilide Carmignani, che parla dei problemi legati alla traduzione e all'interpretazione della parola scritta. Non sembra distante l'ermeneutica di Gadamer, peraltro non citato.
Tutti gli interventi vengono seguiti con attenzione dal pubblico. Su traduzione e editing interviene Alfredo Luzi, docente di Sociologia della letteratura all'Università di Macerata. Filippo La Porta rilancia la sua idea di "decrescita": pubblicare meno libri, sperando che una letteratura meno "affollata" riacquisti il suo "pungiglione": la capacità critica, l'attitudine a porre interrogativi morali.
Daniela Albanese, grafica Marsilio, racconta il suo lavoro, così esposto al parere del "commerciale" di una casa editrice. Paolo Fagnani (Anarpe Marche) riferisce sul legame tra lettura e scuola, forte alle elementari, più debole in seguito. Sergio Marchioro (Pde) espone questioni legati alla distribuzione, mentre Paolo Pisanti (presidente nazionale dell'Associazione Librai) annuncia il 66° congresso tra quindici giorni a San Benedetto, prima di un accurato intervento su vari problemi connessi con il libro, dagli sconti alle strategie per diffondere la lettura in Italia, alcuni affrontati da una legge ormai in fase di approvazione. È poi la volta di Giampaolo Fornasiero sul successo e il fallimento dei libri.
Infine Roberto Pazzi, autore di un vulcanico intervento conclusivo. «È importante scrivere per il piacere delle cose che si scrivono», ha esordito Pazzi «Sarà anche vero che il gusto cambia, ma non è bella la tendenza attuale, di una scrittura fatta di frasi brevi, con pensieri elementari, non "anfrattuosi". La letteratura di oggi sembra dipendere dalla vista ed essere motivata più dai film visti che dai libri letti, come se si scrivesse una sceneggiatura televisiva. E invece la letteratura è visione, non vista. Basta una frase di Proust, "Longtemps je me suis couché de bonne heure", e si accende il vero film, fatto dal lettore».
L'idea conclusiva non è nuova, ma per uno strano ossimoro è animata da entusiasmo e convinzione: «Cos'è la letteratura? È conoscenza della morte, che non dobbiamo lasciare solo ai preti, ai teologi, ai filosofi».
Sipario, pausa pranzo.
"Piceno d'autore" prosegue, e promette altrettanta vitalità ad ogni appuntamento: www.picenodautore.com
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05/06/2011
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