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Daniele Primavera: avanguardie di progresso

San Benedetto del Tronto | "È inutile chiudersi in una stanza piena di buone idee che restano tra pochi amici, ma è invece necessario che un’idea di progresso si formi e sedimenti nelle menti e nei cuori dei cittadini".

di Martina Oddi

Daniele Primavera

Nella rosa degli uomini che potrebbero mettersi in gioco per il futuro di San Benedetto ci sono nomi che non sono emersi ufficialmente dalle segreterie dei partiti ma a nostro avviso sono fondamentali per l'esperienza politica della città: anche a questi uomini chiediamo di far luce sulla strada che porta verso le elezioni comunali di maggio. Fra essi c'è Daniele Primavera.
 

Perché scenderebbe in campo?
Per dare continuità a quanto praticato fino ad oggi, e far pesare di più le nostre idee. In questi anni il gruppo consiliare di Rifondazione è stato tra i più attivi, rendendosi protagonista di numerosissimi interventi, proposte e critiche. Grazie al costante impegno ed alla coerenza dei compagni del circolo di San Benedetto e della Federazione Picena abbiamo dato forti segnali di rinnovamento politico - rifiutando le lottizzazioni partitiche, chiedendo sobrietà nella spesa pubblica, denunciando la subalternità della giunta agli interessi forti - che dovranno essere consolidati e confermati da una adesione più ampia.

Se il percorso è questo, non posso che mettermi a disposizione delle forze cittadine che fino ad oggi si sono riconosciute nella nostra azione quotidiana; e sono a disposizione, per intenderci, in qualunque veste. In città ci sono già fin troppi sindaci autocandidati, bisogna recuperare umiltà e la sana ambizione di mettersi al servizio di un progetto, non mettendo un progetto al proprio servizio. E' invece necessario costruire subito un gruppo compatto, decidendo soltanto dopo chi è in grado di rappresentarlo.

Quali saranno i punti salienti del programma?
Chi, come noi di Rifondazione, ha sempre sostenuto la necessità di una partecipazione ampia e matura non può e non deve pensare di essere l'unico depositario delle esigenze della città; per questo non potremmo certo definire, in questa fase, un programma monolitico. Abbiamo però voluto lanciare alla città la sfida di undici tesi - undici idee, principi, progetti - che iniziano a disegnare la città del futuro. Ci abbiamo costruito sopra una piccola campagna di affissioni tuttora in corso ed un sito internet (www.undicitesi.it), in cui chiediamo ai cittadini di leggere, di criticare, di integrare; perché è inutile chiudersi in una stanza piena di buone idee che restano tra pochi amici, ma è invece necessario che un'idea di progresso si formi e sedimenti nelle menti e nei cuori dei cittadini. Solo così si ottengono dei frutti reali, che vanno ben oltre un possibile risultato elettorale.

Con quali alleati pensa di realizzarlo?
Con tutti quelli che, portando con sè una storia coerente, saranno disponibili; con coloro che hanno condiviso le nostre battaglie, e hanno voglia di dire la loro, senza imporre nulla ma partecipando a un percorso condiviso. Se parliamo di forze politiche già organizzate, è evidente come il nostro primo e naturale interlocutore sia Sinistra, Libertà ed Ecologia e quindi gli amici Giorgio Mancini e Luca Spadoni. Con loro si è avviato un percorso di collaborazione che, pur fuori dal consiglio, ci ha permesso di lavorare a una battaglia comune per una urbanistica di riqualificazione e non più di speculazione; una posizione di autentica avanguardia per la nostra città, un percorso nato fuori dall'istituzione, tra i cittadini. Ci lega inoltre un percorso sostanzialmente unitario: entrambi abbiamo creduto all'amministrazione Gaspari ed entrambi ne abbiamo preso le distanze, condividendo critiche da una prospettiva di sinistra.

Imboccare oggi due strade diverse sarebbe, magari in virtù di una rivendicazione identitaria, sarebbe ben poco comprensibile al nostro elettorato, dopo tanta strada fatta in sintonia. Se invece ci riferiamo a forze civiche organizzate, finora ho letto di molte candidature ma ben poche idee; quando cominceranno a circolare quelle, con chi lo vorrà, potremmo aprire un percorso di confronto e decidere di conseguenza. Ma è principalmente ai cittadini disillusi che puntiamo, a chi ormai crede che i propri problemi non possano essere affrontati e risolti in una dimensione politica e collettiva. Noi vogliamo sovvertire questa sfiducia, aprire nuovi orizzonti di progresso.

E' ambizioso, ma non ha senso impegnarsi per un obiettivo di semplice governo; abbiamo tutti un lavoro, una famiglia, impegni e passioni che meritano il nostro tempo più di un eventuale sterile ruolo istituzionale. Se la nostra politica non avesse l'ambizione di cambiare lo status quo, anche radicalmente, il nostro impegno sarebbe inutile; e diventerebbe invece naturale votare un governo perché si crede all'agopuntura, come Scillipoti pochi giorni fa, o un bilancio comunale per spostare una fila di parcheggi, come Felicetti e l'UDC a San Benedetto, che anticiparono un anno fa lo schema del calciomercato parlamentare.

Uno sguardo alla San Benedetto del futuro, tra Porto e Sentina, cosa vede?
Vedo una città in forte difficoltà, e non soltanto per colpa delle amministrazioni che si sono succedute, ma per una mancanza diffusa di progettualità che investe tutti i soggetti politici, istituzionali e sociali. Una città che non sa in che direzione trovare il proprio futuro, non ha scelto in quali settori investire, non ha obiettivi strategici. Certo, è difficile programmare urbanisticamente un'area già compromessa da pessime scelte praticate nei decenni, ma lo è di più se manca un minimo di capacità di analisi.

Basta sentire che ancora c'è chi confronta il mercato turistico sambenedettese con quello di Rimini: si tratta di persone che non sanno quel che dicono, dato che sarebbe ridicolo ragionare su Cupra o Massignano come fossero San Benedetto, e allo stesso modo è ridicolo pensare a una competizione (se non ad una emulazione) diretta di Rimini, che ha strutture e capacità almeno dieci volte superiori. Bisogna invece studiare e implementare un modello nostro, basato sulle nostre esigenze e peculiarità che ancora ci sono. Ma forse non c'è la volontà e la consapevolezza per farlo; allora, lavoreremo per costruire questa volontà e questa consapevolezza, perché l'unica alternativa sarebbe la progressiva decadenza che stiamo vivendo da anni.

Come evolverà lo scenario politico nazionale?
E' difficile da prevedere, quando i meccanismi sono quelli che abbiamo visto. Io temo però che il peggio debba ancora venire, le tensioni ed i conflitti sociali sono destinati ad aumentare. Se la politica resterà quello che è oggi, delle case a Montecarlo, dei festini e delle imboscate, la situazione può diventare potenzialmente esplosiva. Sul piano della dialettica dei partiti, che pure mi appassiona meno, vedo una forte tendenza all'implosione del bipolarismo, che a dispetto dei suoi sostenitori non ha mai funzionato in Italia.

Il PD ha una cronica emorragia di consensi ed è sull'orlo dell'autodistruzione, il PDL si è spaccato e i centristi sono tornati ad essere determinanti. L'attuale legge elettorale, poi, è una autentica truffa. Anche se - a volte demagogicamente - l'attenzione delle critiche è stata concentrata alla pur odiosa sottrazione del voto di preferenza, la vera truffa sta nel fatto che chi prende anche solo il 35% dei consensi dei cittadini votanti, una parte ridotta dei cittadini totali, ottiene il 60% dei deputati. In pratica, tenendo conto dell'astensione, ottiene la maggioranza chi ha il consenso di elettore su quattro; come si fa a chiamare questo sistema "democrazia", se chi governa lo fa contro tre quarti del paese?

O si ritorna a una reale rappresentanza dei cittadini in parlamento, o le manifestazioni delle ultime settimane saranno prodromi di movimenti ben più rilevanti, che vedranno in prima linea i cassintegrati, i precari, i disoccupati, i piccoli artigiani e commercianti, da anni sottoposti a un cappio sempre più stretto.

Una crisi economica che sembra ancora lunga, un'idea per uscirne?
Non esistono ricette miracolose; bisognerà, però, che cominciamo a considerare come gli indicatori economici non rappresentano il livello del nostro reale benessere, anzi. Se ad esempio riuscissimo a ridurre la spesa sanitaria e farmaceutica perché prestiamo maggiore attenzione alle cause ambientali delle malattie, all'inquinamento, a quello che mangiamo, al nostro stile di vita, e quindi se stessimo meglio senza medicine ed interventi, questo enorme miglioramento delle condizioni di vita delle persone sarebbe registrato dal PIL come un autentico tracollo. Allora noi diciamo: cominciamo ad investire in ciò che crea qualità ambientale e della vita.

Saranno le qualità che riusciremo a preservare del nostro territorio e della nostra città che ci porteranno benessere, facendoci vivere bene e salvaguardando una attrattività che ancora c'è e che ha comprovate ricadute economiche, non soltanto nel mercato turistico. Questo è l'unico vero sviluppo possibile.

22/12/2010





        
  



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