Peppino Impastato, Marco Tullio Giordana, Montefiore, la Bellezza . Cronaca di una bella serata
San Benedetto del Tronto | La proiezione del film I cento passi ha aperto la serata dedicata al regista Marco Tullio Giordana cui è stato assegnato il premio Aspromonte da parte dellAmministrazione Comunale in occasione della Anteprima Sinfonie di Cinema.
di Maria Teresa Rosini

In un paese troppo incline a dimenticare, forse per la saturazione provocata da una infinita successione di notizie sconfortanti, rivedere la storia di Peppino Impastato è stata una boccata d'ossigeno, di buona aria pulita, in un presente di nebbie mefitiche e asfissianti. E pulita e fresca era, sabato sera, anche l'aria di Montefiore, piccolo comune della nostra provincia particolarmente attivo nella promozione della cultura e nell'organizzazione di eventi di qualità.
La proiezione del film "I cento passi" ha aperto la serata dedicata al regista Marco Tullio Giordana cui è stato assegnato il premio "Aspromonte" dell'Amministrazione Comunale in occasione della "Anteprima Sinfonie di Cinema", rassegna che si terrà dal 23 al 27 luglio a Montefiore.
Presente alla serata anche lo scenografo Basili, originario del piccolo comune piceno, che col regista collabora stabilmente e che, al termine della proiezione, ha introdotto una conversazione con l'autore che ha registrato una notevole partecipazione del pubblico presente.
"Stasera" ha esordito il regista " ho rivisto il film dopo molto tempo e ne ho ricavato una sensazione particolare, quasi che il film non lo avessi fatto io, e mi è piaciuto." "Nonostante i mezzi limitati con cui è stato realizzato mi sembra che riesca a trasmettere un'energia positiva, dovuta a tutti coloro che vi hanno partecipato, che riesce efficacemente ed autenticamente ad arrivare al pubblico".
Realizzato su proposta di un allora giovanissimo produttore, Fabrizio Mosca, sulla sceneggiatura scritta da Claudio Fava (figlio del giornalista assassinato dalla mafia) e sua moglie Monica Zappelli, il film testimonia della partecipazione e della visione dall'interno che poteva essere garantita dai due sceneggiatori.
E' una vicenda siciliana che all'inizio aveva suscitato qualche perplessità all'autore nell'accettarne la regia per il proprio sentirsi al di fuori di una "sicilianità" che era il presupposto del racconto.
Fu Francesco Rosi a incoraggiare Giordana, suggerendogli di cercare proprio in Sicilia le persone con le quali realizzare il film e invitandolo a stabilire un rapporto diretto e autentico con la gente e l'ambiente. Girato nei luoghi reali della vita di Peppino Impastato (sua la casa, reali il paese, le strade, l'abitazione di Badalamenti) il film si è avvalso anche della sentita partecipazione della maggioranza degli abitanti, nonostante la scontata ostilità di una parte residua.
Esperienza particolarmente riuscita in tutti i suoi aspetti, aggiunge il regista, il film ha segnato anche uno spartiacque nella sua carriera, definendo, attraverso il grande successo ottenuto, un prima e un dopo nella sua attività cinematografica.
Grazie all'efficacia del messaggio che il film è in grado di trasmettere ai più giovani, esso è ancora oggi proiettato nelle scuole nell'ambito delle iniziative didattiche relative all'educazione alla legalità.
Tale risultato è dovuto, spiega il regista, anche alla determinazione della famiglia Impastato, la madre, mancata alcuni anni fa, e il fratello. Sono loro ad aver voluto per primi che la vita di Peppino diventatasse un'efficace strumento di consapevolezza e lotta contro l'illegalità.
Il regista ci svela anche, a questo proposito, la difficoltà della madre di Peppino Impastato a recarsi ad assistere alla proiezione del film. Per lei era molto duro probabilmente ripercorrere gli eventi e il tragico epilogo della storia di suo figlio. Sorprendentemente poi, decise di assistervi insieme a un gruppo di scolaresche, diversi mesi dopo l'uscita ufficiale, probabilmente perché in lei era ben chiaro il valore educativo e la "presa" sui più giovani dell'opera.
E a proposito di giovani il discorso arriva inevitabilmente all'attualità di una società, la nostra, che sembra dei giovani voglia proprio dimenticarsi.
Giordana ha sempre manifestato un'attenzione particolare all'entusiasmo, all'energia, alle passioni dei giovani. Anche nel suo film "La meglio gioventù", riesce a ripercorrere un'intera epoca, le sue passioni, le sue disillusioni, il suo approdo ad un presente nel quale, nonostante l'aridità, il cinismo, la perdita di orizzonti di senso, qualcuno è riuscito a mantenere la propria coerenza, e, una volta chiusa la fase dei grandi movimenti collettivi, è ancora capace, all'interno degli angusti confini della propria esistenza individuale, di coltivare verità e bellezza. Due parole che dal film, attraverso le parole di Peppino, si collegano alla nostra attualità per la voce di Roberto Saviano e che dei giovani rappresentano il connotato più significativo.
A partire dalla considerazione dell'età media della nostra classe dirigente, Giordana condivide poi con i presenti una riflessione sul rapporto tra generazioni: sembra che la società adulta voglia mantenere le giovani generazioni in una marginalità che non sembra giustificata dai risultati devastanti ottenuti finora da una gestione cinica, utilitaristica e fallimentare del paese.
Non si amano i giovani, si tende sempre a considerarli inaffidabili, ad evidenziarne gli errori. Tutto questo testimonia quanto la passione e l'entusiasmo dei giovani, la loro radicalità nelle scelte sia ancora considerata un potenziale da controllare, del quale avere timore anziché una risorsa su cui fondare una rinascita del paese.
" Il nostro paese farà un grande passo avanti quando deciderà di affidarsi alle generazioni più giovani, ai trentenni, ai trentacinquenni....io spero nei giovani, sono sicuro che sono meglio di come appaiono o di come vogliamo farli apparire" afferma il regista.
Peppino Impastato ne è un esempio: un ragazzo come tanti, non una figura irraggiungibile, un eroe, ma un ragazzo intelligente che ha saputo vedere e capire, cercare strumenti per comunicare, mettersi a disposizione della comunità. Un "eroismo possibile" lo definisce una signora intervenuta durante il dibattito, è questo che ha determinato il successo del film e la popolarità che la figura di Impastato ottiene tra i ragazzi.
Dal pubblico ci si chiede a questo punto se può essere accostato alla considerazione sull'esistenza di una questione generazionale anche un significativo problema culturale in Italia, e, purtroppo non si può certo smentirlo.
Il regista afferma con chiarezza che attribuire a ragioni storiche l'affermarsi del potere mafioso e delle sue collusioni all'interno delle amministrazioni e dello stesso Stato, è, come minimo, riduttivo. Spesso si usa questa argomentazione per rassegnarsi a ciò che sembra immutabile.
In realtà la mafia è un potere criminale che prospera e si arricchisce alle spalle dell'intera comunità, una forma parassitaria di vivere stabilendo regole funzionali alla conservazione del proprio potere. Nel tempo essa ha attraversato varie fasi e oggi, il suo problema è come "ripulirsi" rendendo la propria ricchezza fruibile alla luce del sole, "pulita". Ed sul territorio e sulla sua esasperata edificazione e cementificazione che si intende ripulire quel denaro, sugli affari legati allo sfruttamento indiscriminato del suolo.
"Personalmente" afferma il regista "sono approdato ad un così profondo pessimismo da non riuscire e non volere più schierarmi con nessuno, non ho più eroi in cui credere"... mi sembra che oggi sia appunto il paesaggio italiano, la sua bellezza, la sua irripetibilità, ciò per cui vale la pena di combattere.
"L'incendio di una fattoria è una tragedia, la rovina della patria solo una frase" afferma il regista citando Goethe.
E' la difesa del territorio, del paese fisicamente inteso, secondo il regista, la battaglia da combattere. E le amministrazioni locali il fronte su cui questa battaglia va combattuta, contro la speculazione e gli "affari",attraverso la conservazione di ciò che natura e storia hanno prodotto e che in questi luoghi marchigiani così particolari e ancora così a misura d'uomo, come li definisce il regista, appare compito ancora più urgente e doveroso.
Non a caso ne "I cento passi" si vede sullo schermo di un cinema in cui Peppino Impastato è spettatore, il film di Francesco Rosi "Le mani sulla città", e non a caso, aggiungerei, Impastato parla in un momento molto intenso del film della "bellezza".
Dice Impastato al suo amico mentre osservano lo scempio di un aereoporto costruito in una vallata fuori il paese: - Tutte le cose, anche le peggiori, una volta fatte si trovano una logica e una giustificazione per il solo fatto di esistere...e nessuno si ricorda più di com'era prima... -
- Non ci vuole niente a distruggere la bellezza....Bisognerebbe ricordare alla gente cos'è la bellezza, aiutarla a riconoscerla e a difenderla... da quello scende giù tutto il resto! -
E noi, in questa serata fresca, affascinati dal paesaggio che ci circonda, non possiamo che essere d'accordo con lui.
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31/05/2010
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