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Le Marche fuori dalla crisi e meglio dell’Italia.

San Benedetto del Tronto | Gli imprenditori marchigiani sono più ottimisti sulle Marche che non sull’Italia nel suo complesso. E’ quanto emerge dal VI Rapporto UniCredit sulle Piccole Imprese.

di Redazione

E' proprio la fiducia nel futuro, che è maggiore nella capacità di reazione del sistema produttivo locale che non di quella dell'Italia, a contraddistinguere le Pmi marchigiane.

Tanto ottimismo e fiducia è sostenuta dall'esperienza e dalla forza del sistema produttivo locale nonostante la crisi. L'analisi condotta nel Rapporto si sviluppa lungo tre filoni: la valorizzazione del territorio, l'internazionalizzazione e l'innovazione. Tre aspetti legati fra loro, dai quali dipendono il futuro e la prosperità del sistema produttivo marchigiano.

Tornando alla fiducia, la crisi ha soffiato forte sulle imprese del territorio ma nonostante i timori per l'andamento dell'economia reale, per gli imprenditori il peggio sembra ormai alle spalle e l'indice di fiducia risulta essere superiore rispetto al 2008, in particolare su investimenti, occupazione e tempi di incasso.

"Da parte dei piccoli imprenditori - spiega Zeno Rotondi, Responsabile dell'Ufficio Studi Divisione Retail di UniCredit - emerge comunque la consapevolezza della necessità di un cambiamento strutturale, anche al di là della congiuntura negativa legata alla crisi, per cui si rende necessario azionare tutte le leve competitive disponibili: la qualità è individuata quale strategia competitiva, tanto nel breve quanto nel medio-lungo periodo. Nell'immediato gli imprenditori hanno risposto contenendo i costi, mentre per il futuro mirano a migliorare la commercializzazione".

I comportamenti però si differenziano per area: nel breve periodo per gli imprenditori marchigiani l'aspetto più importante è costituito dall'aumento della qualità di prodotti e servizi con una attenzione particolare per i contenuti tecnologici delle offerte.

A proposito dei crediti, la minore crescita degli impieghi registrata nelle Marche, che il Rapporto mette in evidenza, sarebbe dovuta al congelamento dei piani di investimento oltre che da tensioni nella gestione finanziaria dell'azienda a causa dell'allungamento dei tempi di pagamento da parte dei clienti, del calo delle vendite in Italia, dell'aumento dei costi delle materie prime.

Il settore bancario, comunque, ha saputo sostenere l'economia produttiva. Gli istituti di credito italiani, di fronte alla crisi, hanno saputo dimostrarsi flessibili in termini di valutazione del rischio di credito.

20/02/2010





        
  



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