Vincenzo Di Bonaventura ed il teatro dell'essenza
San Benedetto del Tronto | Ci avviciniamo all'inaugurazione della stagione teatrale che si aprirà con una rivisitazione del dramma della Shoah, ed andrà poi ad abbracciare i capisaldi del suo solido ed inedito repertorio letterario (Fo, Hochhuth, Majakowskij, Pirandello, Sofocle)
di Alceo Lucidi

Vincenzo Di Bonaventura
Forse converrebbe dire che egli si è posto, senza indugi e compressi, fedelmente e, direi, con religioso rigore, a fianco dei suoi modelli di vita e di arte. Li ha fatti suoi; né ha carpito la dimensione spirituale più intima, piuttosto che risolverli in una semplice messa in scena. Da qui le sue ardite e spiazzanti rassegne, tutte improntare ad un teatro che, prima ancora che colto, o sarebbe meglio dire culturalmente e spiritualmente edificante, è teatro della parola e del gesto, in un intreccio inestricabile e fecondo di sperimentazioni e risultati.
Nessuna indulgenza allora ad abbellimenti estetici o a divulgazioni mercantilistiche, ma sempre l'esatta misura di un tempo interno, fatto di essenza e non di oggettività realistica. E' un teatro che, nel migliore insegnamento del suo maestro e teorico di riferimento Jacques Lecoq (1921-1999), procede dall'esperienza del contatto dell'attore con l'opera, ma, al contempo, "precede" la parola teatrale e la sua reintrepretazione, l'azione drammatica ed il suo svolgimento.
Vive, come direbbe lo stesso Lecoq, in una dimensione diluita ed in uno spazio neutrale, dove l'attore concentra e sintetizza il suo spirito drammatico, fatto di mimica, impulsi sensoriali, carica verbale e da qui parte per (ri)disegnare la sua interpretazione. E' l'idea della maschera nella migliore tradizione della Commedia d'arte e da cui Di Bonavenuta attinge a piene mani sulla scia dell'amato regista francese, il quale dovette avvicinarsi in maniera decisiva a tale tradizione del teatro italiano a seguito della sua permanenza nel nostro paese durata otto anni (1948-1956).
Questo oggetto che si mette sul viso deve permettere a chi lo indossa di raggiungere uno stato di neutralità che precede l'azione, uno stato di ricettività riguardante ciò che ci circonda, senza conflitti interiori. Si tratta di una maschera di riferimento, una maschera di base [...]. Sotto ogni maschera ne esiste un'altra che regge l'insieme" (Lecoq, Il corpo poetico). Attraverso la maschera quindi l'attore ritrova la sua centralità sulla scena, in un'idea totalizzante di rappresentazione, dove egli si vede coinvolto con tutte le sue facoltà ed i suoi sensi nel gioco teatrale. Gioco, appunto, ovvero libero riadattamento delle regole, gusto e senso dell'improvvisazione, propensione alla gestualità.
Un teatro dunque che fonde saperi ed esperienze in un unicum di rara potenza espressiva: dalla pantomima, alla musica, alla prossemica scenica, al canto, alla recitazione. Questo lavoro di continua reinvenzione del testo alla luce della capacità e della sensibilità interpretative, quasi che l'opera fosse un canovaccio, un luogo dell'anima su cui l'autore debba provarsi, pone sempre lo spettatore in una posizione di interrogazione e di dubbio.
Su tutta questa architettura domina a mio parere la figura di Jacques Copeau (1879-1949). Afflitto da problemi economici, transfuga a New York, egli è uno dei fondatori del teatro contemporaneo: spoglio, essenzializzato, tutto piegato alle esigenze intime del testo drammatico, in continua evoluzione alla luce delle influenze delle varie espressività artistiche a cui viene sottoposto.
Copeau è uno dei primi a ripensare la messa in scena e la formazione dell'attore secondo una visione, come si diceva in precedenza, totalizzate e capace di spaziare dalla cultura generale, alla ginnastica, alla musica, all'improvvisazione, al mimo e all'uso delle maschere. Pur avendo avuto al suo attivo degli attori straordinari del calibro di Charles Dullin, Louis Jouvet, Blance Albane, egli riformulò lo spazio scenico, sgonfiandolo di ogni riempimento ed assommando nella figura dell'attore tutte le sfumature date alla rappresentazione. Ne fece per così dire una maschera nuda di grande ed assoluta forza recitativa.
Partecipe della vita culturale del suo tempo, fu uno dei fondatori della Novelle Revue Française, sicuramente la rivista che impresse un impulso decisivo alla formazione di un gusto estetico e letterario nella Francia della prima metà del Novecento, fondatore di uno storico teatro parigino chiamato "Il Vieux Colombiers", egli è alla base di questa nuova figura di artista-attore-regista. Un'immagine a tutto tondo, intellettualmente complessa, che è quella poi che abbiamo anche di Vincenzo.
Forse per comprendere a pieno Di Bonaventura dovremmo avere occhi nuovi, e porci sommessamente al seguito di questa sua stupefacente impresa, azzerando tutti i retaggi di una concezione del teatro che ci è stata suggerita o, talvolta, imposta dai canali istituzionali di diffusione del sapere. Vorremmo anzi avvicinarci a lui, sicuramente con il migliore armamentario di conoscenze di quello che ci va proponendo per non restare spiazzati dalla difficoltà dell'impegno al qual ci chiama, ma anche guardandolo con quel senso di ricerca e di attesa crescenti, scevre da preconcetti ed incrostazioni culturali, che ce lo renderebbero nella sua reale statura intellettuale.
Con gli occhi, come ebbe a dirmi una volta, di quel guardiano di un piccolo teatro di provincia, che, rimasto folgorato per la prima volta da una delle sue esibizioni rivelatrici, ebbe a dirgli grosso modo così: "ma lei chi è veramente? Voglio capire". Capire, capire e non per partito preso, è quello che nuovamente, in occasione dell'apertura della sua stagione teatrale, in un piccolo teatro da lui completamente allestito, in via Fileni a San Benedetto del Tronto, altra sua mirabolante invenzione, torneremo con forza a chiedergli.
"Quell'amore che le cose ci dimostrano quando operiamo in armonia con lo Spirito, bisognerebbe riuscire a Farne la carne della nostra opera." (Jacques Copeau dai Cahiers).
|
14/01/2010
Altri articoli di...
Cultura e Spettacolo
Una serata di emozioni e scoperte (segue)
Il Belvedere dedicato a Don Giuseppe Caselli (segue)
TEDxFermo sorprende a FermHamente (segue)
53 anni di Macerata Jazz (segue)
Il recupero della memoria collettiva (segue)
Giostra della Quintana di Ascoli Piceno (segue)
A RisorgiMarche il Premio "Cultura in Verde" (segue)
Porto San Giorgio torna a gareggiare al Palio dei Comuni (segue)
San Benedetto
Una serata di emozioni e scoperte (segue)
Studenti omaggiano il Milite Ignoto (segue)
Samb: Serafino è il nuovo presidente! (segue)
Istituto Professionale di Cupra Marittima: innovazione a tutto campo. (segue)
Open Day a Cupra Marittima, al via il nuovo corso Web Community – Web Marketing (segue)
GROTTAMMARE - ANCONITANA 1 - 3 (segue)
SAN MARCO LORESE - GROTTAMMARE 1 - 0 (segue)
UGL Medici:"Riteniamo che gli infermieri e i medici debbano essere retribuiti dalla ASUR5" (segue)
Le strade musicali dell'Ebraismo nel compendio cinematografico di David Krakauer

Una serata di emozioni e scoperte

Betto Liberati