L'avvento del Messia VII puntata de " L'eterno e il regno"
San Benedetto del Tronto | La settima puntata del romanzo del Professor Angelo Filipponi
di Angelo Filipponi
I giorni passavano veloci.
La villa funzionava regolarmente: ognuno aveva il suo compito, tutto funzionava perfettamente come ogni fabbrica dell'alabarca: ne aveva tante l'alabarca.
Egli fabbricava tutto: era famoso per la birra, che da Alessandria veniva diffusa in tutto il Mediterraneo e per le stoffe trasparenti, di seta, ora diventate di moda sia per donne che per uomini.
Il lavoro in villa procedeva bene e Jehoshua aveva gia innalzato, dopo aver demolito le vecchie costruzioni, le due torri su due basi circolari più ampie di pietra alessandrina e sopra erano state costruite venti fila di laterizi che giravano all'intorno e sul davanti erano state aperte le tre finestre, arcate: due laterali ed una centrale più grande, tutte con archi: quella centrale guardava verso il porticciolo e le altre due erano a distanza regolare, rivolte una verso Alessandria, l'altra verso l'altra torre già costruita con lo stesso sistema ed anche con tre finestre.
Sopra i laterizi, erano state poste le pietre alessandrine in modo da sporgere di qualche oncia sia fuori che dentro, simmetrica alla base circolare.
Agrippa aveva approvato anche la realizzazione delle aperture fatte nel criptoportico che ora, avendo quaranta finestre con archi ad intervalli regolari, aveva luce ed aria in abbondanza.
Agrippa pensava tra sé che l'opera era regale e se avesse potuto aggiungere statue, cosa proibita ad un giudeo anche se ellenista, sarebbe stata una meraviglia in ogni senso.
Aveva ricevuto dei corrieri che lo avvertivano che presto avrebbe avuto una visita.
Erano già passati due mesi e l'alabarca non era ancora venuto: Agrippa pensava che la sua visita era imminente, anche se dall'ultima lettera non traspariva alcun segno.
Una sera la servitù era in subbuglio, l'oikonomos incerto, il dioichetes della villa spaurito: era arrivato Tiberio Alessandro con amici, il figlio apostata, la pecora nera del gregge oniade. l'innominabile.
Agrippa rimase sorpreso, ma non si agitò.
Rifletté sul da farsi: decise per un'accoglienza filiale: si sarebbe assunto ogni responsabilità.
Fece preparare quanto doveva fare secondo la legge dell'ospitalità giudaica (Ales kai trapeza)27 anche se il dioichetes era frastornato, faceva storie e voleva insinuare che non era il caso di accoglierlo: bisognava riceverlo come uno a cui si davano l'assistenza e l'alloggio per una notte, per carità, dovuta ad ogni creatura umana:suo padre neanche lo nominava.
L'amministratore della villa concludeva servilmente: Il signore decida pure, io però informo l'alabarca dell'arrivo e della sua decisione.
Agrippa disse secco: un padre è sempre un padre e l'alabarca è un padre: un figlio non può non essere accolto e poi la villa per chi la sta preparando?
L'alabarca in cuor suo spera che il figlio torni, che Dio gli tocchi il cuore e lo riunisca alla sua stirpe. Agrippa si vide comparire davanti, di sera, il giovane con un altro giovane, ambedue vestiti da militari romani.
Tiberio Alessandro, dopo i saluti affettuosi, spiegò che egli era passato di nascosto dallo zio Filone per salutarlo ed avendo saputo della presenza di Agrippa a Kanopos era venuto subito: lui conosceva la sua indole tollerante e non rigidamente giudaica, aveva voluto incontrare un'anima che poteva comprenderla: voleva fare tappa nella sua casa o meglio nella casa a lui destinata.
Agrippa ringraziò della fiducia, s'informò della sua missione militare: era chiaro che era in missione perché era in assetto da viaggio militare: un ex militare capisce a volo le situazioni.
Tiberio Alessandro spiegò che doveva riaccompagnare un ostaggio dal padre, con la sua turma di cavalieri, che aveva lettere per il re adiabene: già aveva fatto il piano, segnato le tappe e aveva previsto l'arrivo ad Arbela per il 6 nisan, dopo 15 giorni di viaggio da Alessandria, per ripartire alla volta di Antiochia, per riferire al governatore di Siria.
Mostrò come il viaggio era difficile in oriente dopo la morte di Seiano, in quanto c'era disordine dovunque, mancando una guida sicura.
Agrippa che aveva vissuto i fatti della morte di Seiano si mostrò fiducioso in un ritorno di Tiberio a Roma e in un ripristino di auctoritas, non solo nella capitale ma anche in Oriente.
Comunque non aggiunse parole di commento e cambiando discorso improvvisamente, si rallegrò della visita.
Agrippa fu veramente felice perché quel ragazzo gli era stato sempre caro: vedeva un altro se stesso, gli ricordava la sua storia, la sua romanizzazione, la sua confusione.
Capiva però che Tiberio Alessandro avrebbe avuto un grande avvenire non solo per le doti fisiche eccezionali data la rilevante altezza e la complessione atletica, ma anche per la figura e la funzione paterna e per le grandi doti e personali e familiari.
Certo Tiberio Alessandro era un bellissimo figlio, di cui ogni padre sarebbe stato orgoglioso e lui si augurava in cuor suo che il suo Agrippa diventasse come il figlio dell'alabarca: era un altro esemplare della razza giudaica, un guerriero invincibile come si diceva di Kaleb e dei suoi figli, senza barba, però.
Fece preparare gli alloggi per la notte. Il giorno dopo, ordinò all'oikonomos di far preparare la cena dopo che i giovani, stanchi per il lungo viaggio, si erano riposati.
Nel pomeriggio la cena fra intimi era già stata preparata: Agrippa invitò Tiberio Alessandro e il suo amico, che gli sembrò giovane compito, di belle maniere e dai tratti scuri, ma nobili e naturalmente il davidico Jehoshua.
Egli si pose al centro e fece accomodare al suo fianco destro il maestro e il suo pupillo a sinistra ed accanto Izate, così si chiamava il giovane, che era un principe dell'Adiabene, figlio di Monobazo e di Elena.
La villa all'interno era ancora più bella che all'esterno, anche se non c'erano né dipinti, né statue, ma la sala tricliniare era tutta mossa perché gli architetti avevano creato serre di fiori ad ogni angolo ed avevano collocato vasche e vasconi, in cui cadevano acque da pseudo-sorgenti, da fontane che formavano piccole cascate: era tutto un gorgoglio sonoro piacevole, simile ad un concerto.
Agrippa aveva fatto preparare il triclinium basso quello semicircolare, posto alla base della collina che si congiungeva con il criptoportico.
Era un ampio salone, coperto solo per 6 cubiti all'intorno, per cui al centro c'era un semicerchio di circa 8 cubiti di raggio, che corrispondeva ad una piscina, in cui confluivano le acque di tutto il salone e quelle del salone superiore e di tutta la casa.
Intorno a questa piscina era stata disposta la sala tricliniare coi tre letti a tre posti con la mensa (il tavolo da pranzo) centrale.
Agrippa si era fatto porre da solo nel lectus summus, al centro, ed aveva ordinato di far sedere Jehoshua, coi due giovani a fianco, nel lectus medius mentre rimaneva libero tutto il lectus imus opposto a quello in cui sedeva Agrippa.
Essendo pochi gli invitati quella sera, nella sala i quattro commensali si perdevano: furono rallegrati per tutta le serata da musiche giudaiche ed egizie e da danze di giovani e giovinette, vestite sobriamente che cantavano e danzavano nello spazio oltre la piscina e che lasciavano un corridoio a destra e a sinistra per il servizio delle portate.
Agrippa fece sentire a suo agio il giovane Tiberio che, pur essendo normalmente poco loquace, riscaldato dal vino greco e dal clima familiare, si lasciò prendere dalla voglia di raccontare le sue imprese, come ogni giovane militare.
Raccontò la sua campagna britannica e con la partecipazione di Izate, faceva schizzi col vino per situare gli accampamenti o si faceva portare tabulae per la descrizione dei luoghi.
I due giovani erano brillanti nel parlare, l'adiabene ancora di più perché più sobrio e meno coinvolto: in pochi tratti rendeva l'idea e sintetizzava spesso in modo ironico e pungente le battute dell'alessandrino.
Agrippa subito notò che il giovane Tiberio Alessandro era timido, come tutti i giudei repressi dall'autorità paterna e che parlava solo se aveva un argomento caro, che lo entusiasmava: capì che era determinato nella sua azione tanto da essere ostinato, caparbio perfino rigido ed inflessibile.
Ma al di là di queste inezie il giovane era perfetto perché dimostrava di avere assimilato perfettamente la cultura romana con quella greco-alessandrina e con quella giudaica, anzi le aveva sublimate: era pratico e funzionale, ma filosofo come un occidentale, ed anche mistico e sognante come un orientale.
Aveva raccontato di un sua impresa tra i barbari valorosi e temerari, che li avevano sconfitti e rinchiusi in una gola.
Dopo la sconfitta, la sua coorte era spaventata e i barbari urlarono bestialmente, fino a notte.
Verso la terza vigilia Tiberio attaccò fascine alle criniere di una diecina di cavalli e sterpaglia alle loro code, poi accese le fascine, che trascinate facevano un polverone mentre lui e i suoi cavalieri con urla li spingevano in avanti.
Le tenebre della notte furono squarciate dai cavalli imbizzarriti, dal fumo e dalla puzza di carne bruciata: si creò improvvisamente una ridda infernale tanto che i barbari, assonnati, sbigottiti e frastornati non riuscirono a bloccare la loro sortita.
Noi apparivamo come dei della vendetta a quei barbari superstiziosi, concluse il giovane esultante.
Lui parlava da romano con la certezza che la vittoria era sempre del più forte e del più colto: il barbaro ignorante doveva essere sottomesso con la forza, doveva pagare tributi e poi lasciarsi avviare alla civiltà.
Agrippa comprendeva che le sue parole, romane, non erano miele per l'adiabene e che il giovane alessandrino neanche notava il silenzio e l'irrigidimento del volto del compagno.
Comunque, Agrippa ammirava quel ragazzo, che però aveva un sorriso mesto: gli ricordava il suo stesso travaglio giovanile.
Cominciava a guardare sempre di più con simpatia il giovane Izate, più preciso, meno impulsivo, più cauto e più accondiscendente.
Ed Izate cominciò a parlare della sua educazione e dei costumi adiabeni: suo padre l'aveva dato in ostaggio per cinque anni ed aveva conosciuto Tiberio Alessandro: non aveva detto altro su un periodo di cinque anni: sapeva che era in casa di romanizzati e amici della famiglia imperiale.
Aveva grande nostalgia della patria e specie di suo fratello, maggiore, Monobazo: ricordava pure un suo maestro alessandrino, Anania, di fede giudaica, parente dei Kantara, che lo aveva orientato verso la legge e verso il Dio di Abraham, ma egli seguiva ancora la fede dei suoi padri.
Un uomo deve prima apprendere molto per decidere e scegliere: la valutazione è l'atto finale e richiede sempre, nella decisione, un grande sacrificio.
Con queste parole aveva chiuso il suo intervento e sembrava intenzionato ad ascoltare, ma poi aggiunse: io penso che il vostro Dio sia un dio giusto, un padre buono, che ama il suo popolo, ma il mio maestro mostra solo e sempre l'aspetto severo e duro, facendo apparire i nostri dei, che partecipano delle vicende umane, più tolleranti e pacati.
E chiedeva all'amico come avesse fatto a fare la scelta inversa da giudeo a pagano lui, che aveva avuto una educazione così perfetta, in senso ebraico, da un padre alabarca, da uno zio filosofo, da uomini santi come i terapeuti e da tanti altri sapienti selezionati secondo criteri di giustizia e di pietà.
Il giovane Tiberio Alessandro parlò di una crisi durante l'efebia a contatto con gli altri giovinetti, non ebrei, greci ed egizi ed aggiungeva: Noi frequentavamo le stesse palestre e gli stessi campi: sembravamo eguali in tutto accomunati dalla stessa civiltà ellenistica.
Avevamo però momenti di pietas diversi perché differenti erano i nostri culti e perché i nostri padri avevano dato diverse impostazioni: essi erano liberi nelle loro scelte, liberi nelle loro azioni, senza prescrizioni rituali che invece continuamente mi limitavano.
Cominciai a sentirmi diverso: la diversità comporta o un senso di frustrazione o uno di superiorità: Io scelsi la seconda linea e mi dicevo: mio padre è l'alabarca, amico dell'imperatore, noi siamo i migliori di Alessandria, congiunti dei re di Israel, familiari della gens Iulia, noi giudei siamo il primo popolo in Egitto, il popolo eletto tra i popoli.
E cosi pensando mi esaltavo, mi isolavo e mi sentivo solo.
I giovani sono spietati nel vedere i difetti e sono ancora più spietati nel dirli: "tu sei figlio dell'alabarca! Oh che bello! Sei figlio di un usuraio che è anche gran sacerdote! Sei figlio di, un santo che affama gli altri, un euergetes (benefattore) che non tende alla aletheia (verità), ma al suo profitto!
Li sentivo ridere ed ero rabbioso contro di loro.
Spesso li colpivo con pugni, ma non risolvevo il problema: il giorno dopo, un altro mi derideva.
Cominciai a guardare la nostra famiglia e la nostra ricchezza da un'altra angolazione: "meglio conquistare la ricchezza come fanno i romani con la spada che con l'usura" mi dissi.
Inoltre mi innamorai: una giovane greca, sorella di un greco, che astutamente me la poneva davanti agli occhi, me la spingeva tra le braccia: ero continuamente turbato ed agitato dalla passione per la sua nudità e la sua bocca ardente.
A noi è vietata la donna prima dei venti anni ed io dovevo fuggire: noi vergini dobbiamo sposarci ocn donne vergini; ma io ero sempre là verso quella vergine e nella casa del greco, attirato dall'eros, assetato, affamato, bramavo quell'unione, ma ero trattenuto e dalla circoncisione e dalla inibizione paterna.
La circoncisione quanto l'ho odiata! Mi ricordava sempre la mia origine ed io volevo essere alessandrino soltanto, disse nervosamente Tiberio Alessandro.
"Tutti noi ellenisti abbiamo patito per la nostra diversità, stando tra gli altri popoli: è bello essere giudei circoncisi, se si accetta la bellezza della nostra fede e se guardiamo alla elezione del nostro popolo: Dio ha con la circoncisione scelto il suo popolo e l'ha separato dagli altri: noi dobbiamo essere fieri" fece Agrippa d'impulso.
Chiese scusa per l'intervento, come pentito.
Il giovane riprese: Beh! Io peccai con la giovane e da quel peccato iniziò il mio progressivo allontanamento dalla legge e poi dalla casa e dalla famiglia.
Io, oniade, lentamente mi snaturai, senza tornare a casa e vivendo da greco, ad Alessandria, sfuggendo mio padre e le sue guardie.
Abbandonai le pratiche rituali mattutine, non recitai le preghiere, non santificai il sabato, aborrivo il contatto con i giudei: vivevo di sesso e godevo della giovinezza e dell'amore affogavo nei piaceri, mi stordivo nelle bevande, seguivo i culti greco-egizi.
Neanche badavo più ai cibi: mi sembravano saporite le carni impure, perfino quelle dei sacrifici o quelle condite con latte!
Abbassò la testa ricciuta Tiberio Alessandro, vergognoso.
Ed Izate vedendo il turbamento aggiunse: però hai mantenuto alto il nome di Israel come soldato invitto, quasi un Sansone di fronte ai nemici.
Afflitto, rispose il giovane Alessandrino: certo, se avessi avuto il coraggio di proclamarmi giudeo almeno nelle ovazioni militari: Io Tiberi Alexander, alessandrine, gridavano i commilitoni, non Iudaee.
Allora parlò Jehoshua, che fino a quel punto era stato silenzioso: non importa chi siamo né dove siamo nati, ma solo ciò che vuole JHWH: lui ha un piano per ognuno di noi: noi dobbiamo leggerlo tra tanti segni e seguirlo: lui destina ognuno di noi a qualcosa.
Dio riserva ad Agrippa una missione, a te Izate un'altra, a Tiberio Alessandro un'altra, a me un'altra: noi viviamo e noi saremo quel che lui vuole: noi non possiamo fare altro che vivere e peccare; noi uomini viviamo e pecchiamo: Dio sa ricavare dal male il bene; Dio fa raccogliere ai suoi servi la messe e la fa dividere dalla zizzania, piantata dal suo nemico: ognuno di noi è scritto nel suo libro e se ne accorge, chi prima chi dopo.
Agrippa intervenne sorridendo ed ammiccando: chi alla prima ora, chi alla sesta, chi all'undicesima, vero, Maestro! E tutti hanno il denaro pattuito!
Si, Agrippa, il padre, che è nei Cieli, segue ognuno di noi, peccatori.
Anche me, oniade, apostata! Fece Tiberio, poco convinto.
Anche me, disse Izate, pagano adiabene, barbaro!
Tutti sono chiamati, fece Agrippa ,interpretando il pensiero del maestro: anzi gli ultimi saranno i primi.
Le parole di Jehoshua erano scese su tutti come pioggia benefica su un campo secco, come balsamo sulle ferite, come medicina per il malato.
Jehoshua aveva conquistato i suoi nobili amici e tutti attendevano la sua parola, come un oracolo.
Allora il maestro aggiungeva: L'uomo che pecca, cresce perché, macerato dal dolore, tende verso Dio; chi pecca cerca una via migliore; anche l'abisso più profondo finisce e dal fondo s'intravede una luce per risalire e per essere figlio del Padre; guai al fariseo altezzoso, che crede di non sbagliare, è gia nel precipizio; lode al fariseo buono, cosciente di essere peccatore e timido davanti a Dio, incapace di giudicare il fratello, solidale nell'aiuto fraterno verso chi ha bisogno, desideroso di dire la parola che conforta.
Mio padre Yosip mi raccontava sempre la parabola della pecorella smarrita per mostrarmi la bontà di Dio.
Un pastore aveva cento pecore, ma una si era smarrita: a sera se ne accorse. Era notte. Egli lasciò le novantanove e si mise sulle tracce della pecorella smarrita. Appena la ritrovò, se la caricò sulle spalle e giunto a casa, chiamò gli amici e i vicini dicendo: fate festa come me, perché ho ritrovato la mia pecora, che era smarrita.
Il maestro concluse dicendo: In cielo ci sarà più gioia per un peccatore che si converte che non per i novantanove giusti, i quali non hanno bisogno di convertirsi.
Izate allora guardò con affetto Jehoshua e disse: ora capisco quel che intuivo: il vostro dio è un dio che ama e certo sarà un padre, che perdona qualunque colpa e dolce sarà il suo giogo.
Certo, fece il giovane Tiberio Alessandro, la parola di Jehoshua mostra un altro aspetto della nostra legge, un altro volto del nostro Dio, un Dio pastore che ama le sue pecorelle specie quelle che deviano dalle retta via.
Un padre, infinitamente più grande di ogni padre, o signore, fece Jehoshua e di nuovo cominciò a narrare.
Un uomo aveva due figli e il più giovane disse al padre: "padre dammi la parte dei miei beni che mi spetta". Ed egli spartì tra di loro il suo patrimonio.
Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, riunita ogni cosa, partì per una regione lontana, dove sperperò i suoi beni vivendo asotos (dissolutamente). Ma quando ebbe dilapidato tutto, venne una gran fame in quella regione ed egli si trovò nel bisogno.
Si allontanò dunque da quella regione e si mise al servizio di uno dei cittadini, il quale lo mandò a badare ai porci nei suoi campi. Avrebbe voluto riempirsi la pancia con le carrube che i porci mangiavano, ma nessuno gliele dava.
Allora rientrò in se stesso e disse: "Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza, io, invece, qui muoio di fame!" Mi alzerò,andrò da mio padre e gli dirò: "Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te: Non sono più degno di essere chiamato tuo figlio, trattami come uno dei tuoi salariati."
Ed alzatosi, andò da suo padre.
Ora mentre egli era ancora lontano, suo padre lo vide, si commosse e correndo gli si gettò al collo e lo baciò.
Allora il figlio gli disse: "Padre ho peccato contro il cielo e contro di te: non sono degno di esser chiamato tuo figlio.."
Ma il padre disse ai suoi servi: "presto, tirate fuori l'abito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi, portate poi il vitello ingrassato, scannatelo e banchettiamo allegramente perché questo figlio era morto ed è resuscitato, era perduto ed è stato ritrovato."
E cominciarono a far festa....
I tre pendevano, come bambini, dalle labbra del maestro, che narrava.
E Tiberio Alessandro esclamò: Maestro, grande è la misericordia di Dio padre!
Izate commentò: Dio creatore è necessariamente padre della creatura: è la paternità stessa.
Agrippa si fece interprete e disse: solo un padre può capire la gioia di un ritorno del figlio, e un figlio che ha peccato, può veramente anelare al ritorno tra le braccia del padre: Teudione mi accolse paternamente al mio ritorno da Roma, mi tenne con sé, mi aiutò nella mia metanoia.
Jehoshua aveva precisato: YHWH è giusto ed è misericordioso, giustizia e misericordia solo in Dio si contemperano, si fondono per il bene dell'uomo e del creato.
E faceva esempi dell'aspetto paterno di Dio: YHWH ha creato l'uomo, lo sostiene in vita e gli è accanto per tutta l'esistenza e poi lo ricompensa se ha cercato di seguire la via dell'amore,se ha condiviso col povero il pane, se ha lenito il dolore altrui, se ha rinnegato se stesso.
Il tuo amico,Agrippa, è un uomo pio, che parla saggiamente e sicuramente agisce bene: dissero quasi all'unisono i due giovani, turbati.
Io, aggiunse Tiberio, ho avuto i migliori maestri di Alessandria oltre a mio padre, alcuni in comune con i giovani nipoti dell'imperatore, ma nessuno parla come il tuo amico, o zio.
Io mi sento invaso dentro da una forza misteriosa: le sue parole scendono fino al cuore, le sue parabole sono invito al ritorno.
Jehoshua era impacciato di fronte alle lodi e si schermì dicendo: le mie parole penetrano nel vostro cuore, ma non sono mie: è il padre che è nei cieli che me le fa dire: io sono solo la voce che voi udite: Dio si serve di me per mandarvi un messaggio di amore.
E poi concluse: voi siete cari ad Jhvh: Dio vi mostra il Regno dei cieli, il suo regno e la vostra funzione; un giorno capirete il suo disegno e lo loderete per la benevolenza che vi ha mostrato.
Allora i due giovani si entusiasmarono e gridarono: sia lui la nostra guida: noi con un tal maestro, o Agrippa, potremmo accettare qualsiasi pericolo ed affrontare anche la morte.
Bene! Nobili giovani, disse sorridendo Agrippa, andiamo a dormire: la notte porta consiglio; domani sarà un altro giorno: per Jehoshua di lavoro, per voi di cammino, per me di meditazione
La cena ormai era conclusa e la notte avanzata : fecero l' ultimo simposio.
Agrippa alzò il suo calice ed esclamò: Al regno dei cieli, amici!
La visita dell'alabarca
Izate promise, salutando Jehoshua, che avrebbe approfondito il discorso col suo maestro giudeo, ed andandosene, si girò più volte, quasi desideroso di portarsi con sé la figura del Maestro.
Tiberio Alessandro, al mattino aveva voluto vedere il maestro al lavoro ed era stato pensieroso, mentre lo guardava, esaminava e notava ogni suo atto e poi si era avvicinato circospetto, ed aveva detto, dopo aver lodato la sua perizia architettonica: "Maestro, tu alzi mura e costruisci con pietre e mattoni, ma sai anche creare l'immagine di Dio in chi ti accosta: dimmi, può un peccatore, come me, essere iscritto nel libro di Dio?"
Sorrise Jehoshua e serenamente rispose: sei nel libro di YHWH; tu sei un suo eletto: stai già sulla via del ritorno, già il padre ti accoglie.
L'alessandrino, turbato, commosso, fece il saluto romano, come difesa estrema della sua debolezza, e si allontanò a gran passi per imbarcarsi, mentre dalla barca Izate, ancora salutava Agrippa, che abbracciò il nipote e gli augurò un buon viaggio.
I due giovani erano ripartiti, accompagnati anche da Sila, che li avrebbe guidati fino a Yericho e che doveva svolgere una missione nei dintorni della città, presso gli esseni.
Agrippa, rimasto solo, rifletteva sulle parole di Jehoshua.
Agrippa aveva qualche dubbio e voleva la spiegazione su gli ultimi saranno i primi e i primi ultimi (eschatoi oi esontai protoi kai protoi eschatoi).
Allora il maestro cessò per un istante di lavorare,si sedette sulla finestra centrale e raccontò un'altra parabola: Il regno dei cieli è simile ad un re, il quale fece una grande festa nuziale in onore del figlio. Mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma quelli non vollero venire. Di nuovo inviò altri servi dicendo: "dite agli invitati: Ecco ho preparato il mio banchetto; i miei tori e gli animali grassi sono stati uccisi, tutto è pronto, venite alle nozze": Quelli invece non curandosene, andarono chi al proprio campo, chi al proprio commercio, altri poi impadronitisi dei suoi servi, li maltrattarono e li uccisero. Il re allora si indignò, e inviate le sue truppe, fece perire quegli omicidi e incendiare la loro città. Quindi dice ai suoi servi: "la festa nuziale è stata preparata, ma gli invitati non ne sono degni. Andate perciò ai crocicchi delle strade e quanti vi troverete, invitateli alle nozze".
E quei servi uscirono per le strade, radunarono tutti quelli che trovarono, buoni e cattivi e la sala nuziale si riempì di convitati.
Ora il re, entrato per osservare i convitati, vide un uomo che non aveva l'abito di nozze.
Gli dice: "amico, come sei entrato qui, senza avere la veste nuziale?" e quello restò muto.
Allora il re ordinò ai suoi ministri: legategli i piedi e le mani, gettatelo fuori nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti.
E poi Jehoshua concluse: molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti.
Agrippa ora era ancora più confuso: prima aveva intuito che Dio rovesciava i ruoli e che quindi lui era l'eletto, anche se era delle ultime ore, ma adesso era chiaro che gli ultimi, chiamati, anche tra i plebei dovevano avere la veste nuziale per entrare nel Regno dei Cieli, per essere partecipi del banchetto nuziale.
Ma lui aveva la veste nuziale? Lui certo era stato chiamato, ma era uno dei pochi eletti?
Jehoshua, vedendolo cogitando ed insicuro, lo guardò e sorrise: tu hai la veste nuziale.
Così aveva detto il maestro e lui allora dedusse che lui era un eletto, come Izate, come Tiberio Alessandro.
Si rallegrò molto di essere un eletto.
Sette settimane dopo la partenza di Tiberio Alessandro, era giunto preceduto da suoi agenti finanziari, con una grande barca, che aveva attraccato al piccolo molo del porticciolo, l'alabarca.
La sua figura alta e maschia, i capelli ormai completamente bianchi, la sua barba bianca squadrata, incutevano timore a chiunque.
I modi austeri e la voce grave e cavernosa, le grandi pieghe della fonte, che formavano come un lamed, due profonde insenature sulle gote longitudinali, marcate dalla barba, davano un aspetto sofferente ad un uomo, che tutti immaginavano come panciuto mercante, grasso Creso.
Agrippa era stato sollecito a salutarlo e rendere conto del suo operato e della sua conduzione.
L'aveva accompagnato a vedere i lavori, senza commenti personali: l'alabarca sapeva valutare e non amava essere disturbato nel suo esame.
Lui seguiva sempre ogni arte e sotto la sua direzione ogni artista svolgeva il suo compito. L'alabarca era il poietes per eccellenza in quanto aveva capacità tecniche e scientifiche e sapeva progettare sulla base dell'opera dei singoli demiourgoi di diversa natura. Convinto della superiorità sacerdotale e dell'inferiorità di tutte le altre classi, dei banausoi e di ogni tecton in genere, affermava il principio che ogni artigiano doveva essere alle dipendenze dei religiosi. L'arte individuale in quanto organizzata e disposta nel sistema religioso era uno dei tanti servizi da rendere a Dio. Egli soleva dire: il laico non è creato per una vita teoretica conoscitiva contemplativa, è creato invece per una vita nell'obbedienza perché è come un bambino, naturalmente orientato al male.
Egli aveva visto l'opera di Jehoshua e ne aveva letto la funzione ed era arrivato a leggere oltre la forma, quasi a comprenderne il valore nella luce della storia e di JHWH : aveva letto oltre la forma del tecton, oltre la banausurgia , rilevava un disegno divino in lui e si era rabbuiato.
Jehoshua aveva quasi finito la volta del tholos vicino al porticciolo, mentre già alcuni carpentieri stavano allestendo il lavoro per l'altro.
L'alabarca aveva visto tutto, esaminato e, dopo un po', aveva mostrato la sua soddisfazione: si era congratulato con Agrippa e con il tecton, da giudice aveva misurato e valutato ogni cosa ed aveva espresso il suo giudizio favorevole, convinto che uomini da lui scelti sono sempre all'altezza del compito affidato.
L'alabarca se sceglie, sceglie i migliori, soleva dire, ed Agrippa lo sapeva.
Quando aveva convocato Jehoshua e lui a passeggiare lungo il viale di platani, che si apriva dietro le vasche di murene e portava verso la pianura, coltivata a grano, Agrippa parlò del lavoro del mastro e lodò la sua meticolosa operatività e bravura tecnica, ma lo portava a dire la solita frase sui suoi collaboratori, che doveva essere da una parte il riconoscimento per sé e per Jehoshua e da un'altra gli avrebbe dato la possibilità di spostare il suo discorso verso il Regno dei cieli, sulla chiamata e sull'elezione.
Egli voleva sentire l'alabarca sul problema.
Alessandro capì subito dove volesse arrivare e stette al gioco: cominciò col dire che lui sceglieva sempre i migliori, quando sceglieva.
Allora Agrippa sottilmente fece notare che Jehoshua distingueva tra chiamata ed elezione di Dio e chiedeva il suo parere.
Alessandro conosceva l'euforia e l'esuberanza del cugino, ma capiva che quello era stato l'oggetto di tante discussioni, perciò parlò cautamente secondo il suo solito: lui era un uomo di affari soprattutto; la religione era un campo privato, anche se lui rappresentava l'ufficialità scismatica giudaica.
Cautamente disse il suo pensiero, proprio degli oniadi: Dio chiama tutti, ma solo pochi rispondono e diventano degni della chiamata.
Ora però comprendeva che ciò che diceva era contraddittorio: c'era di mezzo il fatto che lui sceglieva i migliori e i migliori rispondevano sempre alle attese; Dio infinitamente superiore ad ogni creatura non può non indovinare i chiamati, eletti, e non far coincidere chiamati ed eletti.
Capì allora che essendoci di mezzo il libero arbitrio umano e la prescienza divina, la sua risposta era mutila ed aggiunse: Dio sceglie tra i chiamati ed elegge i suoi giusti, come dicono i farisei.
Quel riferimento ai farisei, significava che la sua risposta era stata buttata lì, non chiara come era suo costume, era spia di una meditazione non approfondita, testimonianza di un vuoto culturale segno di ambiguità interpretativa della tradizione alessandrina.
Agrippa ora attendeva l'intervento di Jehoshua, che tardava.
Allora lo invitò espressamente a dire il suo pensiero sul Regno dei cieli.
Il tecton parlò del Regno dei cieli, come il regno del padre, e disse: nella sua scelta Adonai può anche accettare l'ingiusto, chi per noi uomini non segue la via della giustizia e nella sua elezione sceglie chi vuole, anche il peggiore.
YHWH è il padrone: la sua logica giusta non può esser valutata dalla sua creatura, che vede un istante del processo, non l'insieme: noi dobbiamo solo essere fiduciosi nel padre Poi precisò ed aggiunse: il regno dei Cieli è simile ad un uomo ricco, che aveva un amministratore, il quale fu accusato davanti a lui di dissipare i suoi beni.
Allora lo chiamò e disse:"che cosa è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione perché non potrai più amministrare" . E l'oikonomos disse tra sé:" che cosa farò adesso che il mio signore (kùrios) mi toglie l'amministrazione?"
"Io non ho la forza di zappare, mi vergogno a mendicare.
Ho pensato che cosa farò perché, quando io non avrò più l'amministrazione, qualcuno mi possa accogliere nella sua casa".
Chiamati a sé uno ad uno i debitori del suo signore, disse al primo: "quanto devi al mio signore?" quegli rispose: "cento barili d'olio". Gli disse: "prendi la tua ricevuta (ta grammata) e siedi presto e scrivi cinquanta".
Poi al secondo disse: "Tu quanto devi?" Rispose: "cento misure di frumento". Gli disse: "prendi la ricevuta e scrivi ottanta."
Il signore, inaspettatamente, lodò quell'amministratore iniquo, figlio di mammona, perché aveva agito con assennatezza.
Ed Jehoshua concluse: Dio ama gli alessandrini, i figli di questo mondo, emporoi, anche se per i suoi eletti ha scelto un'altra via, e li ritiene migliori dei figli della luce, palestinesi, che sono inflessibili nella loro rettitudine: JHWH accetta chiunque si sappia purificare e che abbia l' abito nuziale per il pranzo.
Agrippa allora entusiasta precisava: noi romanizzati, ellenizzati abbiamo speranza che la nostra azione sia considerata giusta agli occhi di Dio, sia ben valutata da lui, che vede la nostra situazione, che provvede a tutti gli esseri, che cerca la pecorella smarrita, che invita al suo banchetto i poveri e che fa diventare primi gli ultimi.
Nella notte l'alabarca ricordava le parole di Jehoshua, le meditava e le confrontava con quelle di Agrippa, che aveva seguito probabilmente la lezione del maestro, le comparava con quelle inflessibili di Ruben e provava sollievo: la sua condizione ambigua di emporos e iereus era giustificata, la phronesis diventava l'ago della bilancia, la prudenza era la virtù che contava agli occhi del creatore.
E l'alabarca si addormentò pensando: chi è Jehoshua? Un tecton funzionale o un nabi? Dio sceglie anche dalle classi meno privilegiate il suo santo: è Dio che investe: noi dobbiamo scoprire il suo inviato, leggere i segni dell'elezione nostra e degli altri.
Agrippa stimava molto l'alabarca, a lui legato da affetto, che aveva però una stima incerta nei suoi confronti: certo lo considerava uomo nobile, ma troppo liberale e troppo romanizzato, bravo ma troppo euforico e scarso operativamente.
A lui Agrippa appariva come un sognatore, un vero orientale, che di conseguenza era affidabile solo a metà per compiti generici, di forma: poteva avere solo funzioni rappresentative.
Con lui però si confidava più che con altri perché il cugino era carnale, passionale, espansivo, di sicuro affetto, minimamente contaminato dalla filosofia e dallo scetticismo.
Di quel figlio lui parlava spesso, evitava il suo nome, ma voleva sapere come stava, come parlava, coma agiva, se c'era qualche segno nuovo, qualche speranza di redenzione.
Agrippa diceva quello che aveva scritto: il figlio era cresciuto e bene e presto sarebbe tornato all'ovile: l'animo di un oniade era puro, anche se impuro ,e le parole di Jehoshua l'avevano turbato. Ma ora, pressato dal cugino, che lo guardava fisso, aggiungeva anche le sue impressioni circa Izate e il positivo effetto dell'adiabene sul suo gigante e concludeva: un oniade trova sempre la strada giusta.
Quel mattino però, lui, Agrippa, voleva confidarsi i e raccontare un suo sogno, strano per lui: forse l'alabarca, più acuto, poteva leggere il messaggio. inviato da Dio.
Aveva sognato che era arrivato, coronato come un re, in un villaggio giudaico, vicino ad un lago, ed era entrato in una capanna, misera e sgangherata, ai piedi di un dirupo inaccessibile: lì aveva visto Jehoshua, immerso nella luce, che era rivestito dei rotoli della Torah, anzi Jehoshua era la Legge ed una folla immensa di greci, di romani, di galli, germani, egizi, perfino di parti, l'adorava.
Jehoshua in quel mare di luce leggeva le parole: alcune erano limpidissime stelle e sprofondavano nel cielo, altre era basiliche ornate di segni scritti in varie lingue; alcune penetravano nelle profondità inaccessibili dell'oceano, altre erano cunicoli che sprofondavano nel ventre della terra, altre formavano una scala che sembrava portare verso un monte infiammato: il monte era quello di Sion, senza più tempio ed il monte di Sion ora era un monte di Roma ..
Non sapeva come spiegarselo: intuiva che la grandezza di Jehoshua non era umana, arrivava perfinoa a parlare di Messia
L'alabarca rimase perplesso, poi si fece ripetere il sogno.
I sogni vengono da Dio ed hanno un loro significato disse cogitabondo.
Il tecton non è un tecton, ma è l' inviato di Dio, il santo intermediario tra Dio e l'uomo, il suo profeta, che forse ancora non ha piena coscienza della sua funzione e vive sconosciuto: presto si rivelerà alle genti.
Noi dobbiamo aiutarlo a comprendere la sua missione, la sua funzione.
Questo è il messaggio primario che Dio ci invia.
A questo è collegato in subordine la tua elezione, a re di Giudea e una nuova funzione di Roma, come sostituta di Gerusalemme. .
Tu, cugino sarai re- sentenziò gravemente l'alabarca - Tu sarai re , non so come sia possibile, ma sarai re, il nostro re.
Dio ha scelto voi due: due scelte diverse, due destini quasi opposti.
Agrippa rimase interdetto e disse mettendo a nudo la sua anima e facendo amara confessione del suo fallimento: ma io sono nessuno in Israele, sono considerato un romanizzato, un degenere, giustamente mio cognato mi umilia continuamente e mia sorella mi fa l'elemosina di camparmi e di darmi una casa; mia moglie mi ha quasi rinnegato e se non fosse giudea, sarebbe fuggita da me, giustamente.
Tu solo mi hai onorato e mi onori.
Eppure, sentenziò l'alabarca, io leggo questo, Agrippa, e anche io sono convinto come Cipro e come tanti altri della tua non linearità, della tua vita contraddittoria: Dio ha però un altro metro di misurazione e non guarda la nostra indegnità: sia fatta la sua volontà.. Io favorirò Jehoshua con tutto il mio cuore e con tutta la mia ricchezza e sarò al tuo fianco e i tuoi nemici saranno i miei, sarò ancor di più tuo congiunto.
E l'alabarca andò lui stesso a chiamare Jehoshua: gli si inchinò, lo riverì e disse solennemente: il tuo lavoro finisce qui; tu devi predicare e fare cose grandi per cui Dio ti ha scelto: dall'Egitto viene una luce, dall'Egitto arriva la salvezza: Adonai sia con te, Jehoshua.
Jehoshua guardò fisso l'alabarca e disse: Dio è con te, signore, la verità te l'ha rivelata il padre, che è nei cieli e ti ha fatto profeta veritiero.
Il Padre mi aveva fatto verme reietto, bavoso baco che fila il suo bozzolo e costruisce la sua tomba ed ora è tempo di mostrarmi: il padre manda il figlio dell'uomo, per redimere il suo popolo, nella sua terra e tu hai preparato per me, filugello, il bosco, steli di betulla e di erica, che mi hanno permesso di dormire e di mutare: tu hai svolto il tuo compito, alabarca.
L'alabarca capì il messaggio di Dio e disse: sia fatta la sua volontà,la volontà di Shaddai, l'altissimo; noi uomini possiamo contrastare il volere di Dio? Noi ti seguiremo: per ora accetta la nostra ricompensa e i doni dovuti per il lavoro e l'occorrente per il viaggio: torna a casa insieme ad Agrippa ed ai tuoi oikodomoi: a presto, rabbi Jehoshua.
Spontaneo gli era venuto rabbi, come se una forza misteriosa gli avesse suggerito e mentre se ne andava volle girarsi per vedere Jehoshua il davidico, volle guardare attentamente l'inviato di Dio, esaminarlo anche nella sua umanità: uomo migliore la razza giudaica non poteva partorire!
NOTE II Parte
1. Di Alessandro Lisimaco Alabarca si conoscono la patria (Alessandria), la stirpe (quella di Onia IV), il fratello, Filone, il figlio (Tiberio Alessandro, futuro procuratore della Giudea, governatore di Egitto ed elettore di Vespasiano oltre che distruttore del tempio di Gerusalemme, come comandante, insieme a Tito, delle truppe imperiali) e la professione di emporos (commerciante) e di sacerdote e di epitropos dei beni di Antonia.
2 Germanico figlio di Druso e di Antonia minor, era destinato all'impero come successore di Tiberio. Morì nel 19 a.c. lasciando la moglie Agrippina e sei figli, uno dei quali Caio Caligola fu poi imperatore. Fu un grande condottiero militare tanto da essere comparato con Alessandro Magno Fu anche buon scrittore di storia.
3 Amenofis IV fu un grande faraone (1370-1352 a.B,) ma, avendo riformato il culto, ebbe l'opposizione dei sacerdoti di Amon, che determinarono lotte civili, che debilitarono l'Egitto.
4 Ramses II (1298-1235) figlio di Sethi I è il faraone che crea uno stato unificato conglobante tutta la Siria fino all'Eufrate. Dopo l'intesa con gli ittiti nel 1278, tende alla pacificazione del suo regno, che raggiunge l'apice della sua fortuna. E' il faraone costruttore più famoso.
5 Memnone, nome greco per indicare Amenofis III (1408-1372)
6 Nefertari è la moglie prediletta di Ramses II.
7Atshepsut, dopo la morte di Tutmosis II, nel 1505, per ventidue anni, regnò come sua sorella e divina sposa fino al 1483 anno, in cui prende il potere Tutmosis III, favorito dal clero di Amon.
8 Druso, figlio di Tiberio, buon comandante militare, marito di Livilla, figlia di Druso e di Antonia Minor, amante di Seiano, probabile suo avvelenatore nel 23 d-c.
9 Si tratta di San Giuseppe, padre putativo di Gesù, per noi cristiani, che fu un tekton e forse sacerdote di secondo ordine
10 "C'è un'isola nel mare nodoso, dinanzi all'Egitto, la chiamano Faro" Odissea,IV, 355
11 Si tratta di Cesare Nerone, figlio di Agrippina e di Germanico , non di Nerone imperatore (54-68 d.c.)
12 Arieo Didimo, filosofo alessandrino, un maestro di vita per Augusto e la sua famiglia, vissuto a corte, amato e riverito da tutti i membri della famiglia Giulio-claudia. Cfr Seneca Consolatio ad Marciam, 4-5 La sua importanza letteraria e politica è tutta da evidenziare, visti i non molti frammenti stoicheggianti.
13 Apione grammatico ellenista,grande studioso di Omero, amato da Tiberio che lo definì cembalo del mondo E' conosciuto come scrittore di Cose memorabili cfr. Plinio Storia Naturale XXX,18,99; XXXI,22;XXXII,19 Giuseppe Flavio ci ha lasciato un'opera contro di lui Contra Apionem
14. L. Anneo Seneca (4 a.C.-65 d.C.) famoso filosofo stoico, fu in Egitto sicuramente dal 26 al 31 d.C., accanto alla zia materna, moglie del governatore,Gaio Valerio ma si pensa che fu inviato molto prima dal padre nel 14 per curare l'asma.
15. Il sintagma significa mediante allegoria e quindi rimanda ad una lettura propria dei terapeuti.
16. Il termine significa fuga dalla civiltà per amore di solitudine, come ricerca di un metodo nuovo di vita, tipico degli esseni.
17 Si chiamano oniadi i discendenti di Onia IV, un sommo sacerdote fuggito in Egitto che ottenne dai lagidi di creare un tempio a Leontopoli nel 146. L'alabarca era un suo discendente in linea maschile, primogenito.
18 G. Cornelio Gallo (69-26 a..c.) l'inventore dell'elegia latina, fu amico di Ottaviano e da lui fatto prefetto di Egitto dopo Azio . Morì suicida per screzi con l'imperatore.
19 Vitruvio Pollione (tra il I sec.a.c I sec. d.C.), scrittore del De architettura, opera scritta tra il 27 e il 23 a.c. sotto Augusto.
20. Col termine Kasher (che vale idoneo ) si indicano le norme alimentari che mostrano gli animali permessi, il sistema di cottura dei cibi, il divieto di mangiare carne e latte, l'uso delle posate.
21 Erone di Alessandria, ingegnere e matematico del I sec. d.C. Diresse la scuola di meccanica e studiò i sifoni e li applicò alla costruzione di giuochi di acqua. E'famosa la formula di Erone
22. Il cubito vale mt. o,443
23. L'aroura vale mq. 2520,6 La villa perciò aveva intorno quasi 253 ettari di terreno
24. Lo stadio vale mt.185.
25 Methorios è un termine filoniano. Il filosofo intende un uomo che vive al confine tra bene e male, un intermediario tra Dio e la natura volendo significare un esemplare progrediente, come Giacobbe, avviato al cammino verso l'ascesi .
26. .Era l'atto di prostrarsi di fronte al sovrano, proprio degli orientali, che lo facevano anche con i governatori romani
27 Per i giudei ellenisti la cena di lavoro era un' occasione di fare affari. Dare ospitalità perciò era un atto di commercio e rientrava nella tzedaqah La formula del dare Ales kai trapezan (sale e mensa) è secondo la tradizione giudaica più che egizia
|
24/12/2009
Altri articoli di...
Cultura e Spettacolo
Una serata di emozioni e scoperte (segue)
Il Belvedere dedicato a Don Giuseppe Caselli (segue)
TEDxFermo sorprende a FermHamente (segue)
53 anni di Macerata Jazz (segue)
Il recupero della memoria collettiva (segue)
Giostra della Quintana di Ascoli Piceno (segue)
A RisorgiMarche il Premio "Cultura in Verde" (segue)
Porto San Giorgio torna a gareggiare al Palio dei Comuni (segue)
San Benedetto
Una serata di emozioni e scoperte (segue)
Studenti omaggiano il Milite Ignoto (segue)
Samb: Serafino è il nuovo presidente! (segue)
Istituto Professionale di Cupra Marittima: innovazione a tutto campo. (segue)
Open Day a Cupra Marittima, al via il nuovo corso Web Community – Web Marketing (segue)
GROTTAMMARE - ANCONITANA 1 - 3 (segue)
SAN MARCO LORESE - GROTTAMMARE 1 - 0 (segue)
UGL Medici:"Riteniamo che gli infermieri e i medici debbano essere retribuiti dalla ASUR5" (segue)
Le strade musicali dell'Ebraismo nel compendio cinematografico di David Krakauer

Una serata di emozioni e scoperte

Betto Liberati