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Il topo III parte. Il racconto del Professor Francesco Tranquilli

San Benedetto del Tronto | La nuova amica di Augusto si rivela meno sprovveduta del previsto...

di Francesco Tranquilli

eclissi di luna

"C'è un punto che mi piace moltissimo, da dove si vede il mare aperto. Vieni, passiamo attraverso il porto."
Mi prende la mano. E' calda.
"Ma è buio pesto..."
"C'è la luna. Non avrai paura?"
Paura Augusto, bella? Tu, devi averne. Sei tutta di bianco, i tuoi punti strategici li vedo bene.
"Scherzi?"
"Facciamo una corsa?"
"Ehi, salve..."
Un'ombra scivolata fuori dal buio. Ci sbarra il passo. Puzza. Ci blocchiamo sul posto.
Il mio cuore riprende a funzionare.
"Amico, che..."
"Io non s... sono amico tuo, s...stronzo. Dammi i soldi."
E' un bastardo strafatto, lo metterei giù in un secondo, se non fossero quei quindici centimetri di coltello che lampeggiano alla luna. Guardo lei: ha le mani già alzate, sembra paralizzata dal terrore.
"Te li do, ma stai calmo..."
"Tu s...stai calmo, p...pezzo di merda, e s...sbrigati."
"Posso tenere i documenti?"
Il tossico fa due passi verso di me, puzza di pesce marcio, e la mano gli trema veloce, lo sento quando mi appoggia la punta del coltello sulla pancia.
"Cazzo, cazzo, cazzo! Dammi il p...portafoglio, tutto!, adesso!"
Glielo do, lo vuole prendere ma, non so come, gli sfugge, e il contenuto si sparpaglia per terra.
Il tossico fa una specie di rantolo, poi si rivolge a lei.
"Stronza, vieni qua e raccoglilo. In ginocchio."
Lei sembra ancora paralizzata, ma la lingua le funziona bene.
"Vieni tu da me, se ce la fai."
Oddio, è pazza. Questo ci sbudella.
Qui comincia un balletto di ombre, una bianca e una nera..
L'ombra nera sogghigna e si slancia con la punta del coltello verso la pancia dell'ombra bianca.
L'ombra bianca fa un mezzo passo all'indietro, afferra il polso dell'ombra nera, glielo torce verso l'interno, l'ombra nera impreca, l'ombra bianca torce ancora finché la lama vola e lampeggia via qualche metro più in là. L'ombra nera riceve una ginocchiata in faccia, mentre cade giù anche una gomitata alla nuca. Il suono di qualcosa che s'incrina, poi dell'ombra nera che colpisce l'asfalto di faccia. L'ombra nera emette un lamento ruvido e soffocato. L'ombra bianca gli si avvicina e la zittisce sferrandogli un potente calcio allo stomaco. Poi uno in faccia. L'ombra nera non si muove e non fiata più.
A qualche metro la lama riflette ancora la luna. L'ombra bianca carica un altro calcio, e il coltello vola per dieci metri direttamente in mare.
Io sono una statua di sale. Non oso riprendere a respirare, ma devo.
Ce l'ho duro come il bronzo.
Lei si muove decisa verso di me, mi si accovaccia davanti.
"Ecco qua, spero che ci sia tutto."
Mi sbatte fra le mani portafogli, carte, contanti.
Ma ce l'ha con me?
"Io... tu..."
"Dove hai la macchina? Sarà meglio che ti accompagni..."
Sbuffa di rabbia.
"Non c'è bisogn... Insomma, grazie... di tutto. Ma che hai?"
"Non ho niente. E' l'adrenalina. Ora mi calmo. Andiamo."
"E quello? Lo lasciamo qui? La Polizia forse..."
"Tanto fra due giorni è fuori. Vieni. Una lezione l'ha avuta."

"Come ti senti? Ti vedo pallido."
"No, sto bene."
Sono anche riuscito a sedermi al posto di guida.
"Ma quest'auto è nuova. Quella che ho tamponato di chi era, di tua moglie?"
"Moglie? Ma quale moglie? E' a noleggio. La mia è dal carrozziere."
Non posso andare dai clienti col bagagliaio tenuto insieme da uno spago.
"Te la senti di guidare?"
"Tu, piuttosto, vuoi che ti accompagni a casa?"
"Me la cavo da sola."
"L'ho visto. Ma..."
"Devo scaricarmi."
C'è modo e modo di scaricarsi. Io ne avrei in mente uno.
"Allora..."
"Non metterti nei guai, ok? Non posso esserci sempre io a proteggerti."
Mi saluta con una pacca sul tettino dell'auto. Si allontana a passo svelto.
Mi prende ancora per il culo, la stronza. A me! Ma non finisce qui.
Metto in moto e sgommo dietro di lei.
Al primo incrocio non la vedo più.
Ma so il suo indirizzo.
Arrivo in tre minuti. Parcheggio davanti al suo portone, dall'altro lato.
Si accende una luce al secondo piano. Una donna si affaccia alla finestra e guarda giù. E' lei. Mi ha preceduto.
Ora scendo e mi faccio aprire.
D'un tratto mi sento debolissimo, non ce la faccio a muovere un dito.
Starà facendo la doccia.
Resto in auto a pensare intensamente a lei.

***

Un'ombra nera mi copre la visuale. L'immensa pantegana si è alzata sulle orripilanti zampe di dietro, e deve essersi appoggiata sulla mia guancia. Sento l'odore marcio del suo ventre, mentre mi usa come davanzale per scrutare oltre.
La vista non dev'essere molto interessante, perché il mostro rimette i piedi a terra, mi ridà un po' di luce, anche se solo per mostrami la coda e il culo. Si allontana.
Si volta di scatto. Ci ha ripensato.
Snuda gli incisivi.
E' il tuo modo di sorridermi?

 

28/07/2009





        
  



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