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Ribalta picena, anzi sambenedettese, itinerante in Mitteleuropa, per Sturba, Lucidi e Zazzetta.

San Benedetto del Tronto | Si è inaugurata il 22 maggio u. s. nella città di Genk in Belgio una esposizione esclusiva delle opere di tre artisti sambenedettesi, curata dalla prestigiosa Associazione "Marchigiani in Europa".

di Giuseppe Giardina

Va dato merito alla instancabile e creativa Lorena Noè, presidente dell'Associazione, che in Belgio si specifica come F.A.M.E.B., la scelta degli artisti marchigiani, ormai affermati e apprezzati a livelli veramente europei, quali Emidio Sturba, Pietro Zazzetta e Francesco Lucidi.

EMIDIO STURBA, nato nel 1955, è già conosciuto in un panorama dall'ampio orizzonte, attestato da innumerevoli sue apprezzate e premiate presenze continentali, che comprendono la Svizzera, la Fondazione della Compagnia di San Paolo a Torino ed in Toscana, a Pontedera, la Fondazione Piaggio e a Roma il Vaticano.

Che cosa si può dire di più peculiare alla sua espressione artistica?
Che penetra la materia, sia essa l'alabastro o il travertino ascolano, l'acciaio il bronzo l'albero, e trova in essi riconoscibili e non solo astratti riflessi del mondo, del vivere quotidiano, della bellezza, che sempre emerge da tutto ciò che ci circonda. Anzi, si può constatare con mano e con un minimo di sensibilità (per il bello, ovviamente) che nelle sue composizioni scultoree aleggia la leggerezza dell'armonia, che l'artista ed il poeta sanno cogliere.

Si può, dunque, immaginare uno Sturba "affabulatore", che vuole creare nuove e personali versioni del mito, creature scavate o intraviste nella trasparenza del marmo, "silhouettes", che sono la moderna ma immutabile espressione dell'eterno femminino del goethiano Faust.

Del resto, i titoli delle sue opere hanno rimandi e assonanze poetiche e fanno un tuttuno con le stesse, perché è sempre la poesia che conduce la mano dell'artista: La fonte, Il bacio, Piacere del vento, Materia forma e colore, Genesi, L'albero dei miei sogni, Sur les pointes des pieds, Effetto inquinamento, Deposizione...

FRANCESCO LUCIDI, nato nel 1950. è specializzato nella fusione artistica ed ha, quindi, una personale fonderia in cui realizza le sue opere con la fusione a cera persa (ha, a tal proposito, scritto un rarissimo manuale - sembra l'unico conosciuto, oltre a quello ricordato come il primo sull'argomento, dovuto a Benvenuto Cellini - edito da Hoepli, con il titolo "Fonderia artistica a cera persa".

Questo scultore sambenedettese ha fatto una scelta più che coraggiosa, una sfida si direbbe, perché vuole attualizzare e imporre all'attenzione di tutti, all'universale interesse ed apprezzamento, le sue sculture in bronzo, che sono perfette quanto alla tecnica, secondo la più rigorosa e consolidata tradizione della fusione a cera persa, come avviene da millenni.

Ma, oltre a ciò, c'è qualcosa che lo distingue e ne fa un protagonista, in un mondo il cui l'interesse per le cose dell'arte sembra quasi spento e rassegnato, tale e tanto è il conformismo nell'accettare (o respingere, perché "incomprensibili") le proposte della modernità ad ogni costo, e sottolineiamo, ad ogni costo.

Ecco, Lucidi - che ha l'innegabile merito di aver fuso in bronzo l'opera più bella dell'indimenticabile artista Mario Lupo, "Il gabbiano Jonathan Livingston" che eretto sul molo sud, da anni ormai ed anche da lontano ci fa riconoscere San Benedetto del Tronto - Lucidi reinventa il bassorilievo, unendo il bronzo alla pietra.

Ed è, sì, originale ma nello stesso tempo non sembra voler uscire dal solco della tradizione, dove la luce, la levigatezza ed il modellato assolvono ai compiti irrinunciabili di sempre, e così i suoi bassorilievi ci coinvolgono perché appartengono ad "un mondo stravolto, già antico ed irrimediabilmente perduto che egli cataloga come reperti archeologici. Posseggono quel sapore arcaico in cui la luce esalta le superfici mai troppo levigate dell'opera assecondando l'andamento graffiato delle sue forme" come scrive il suo critico Andrea Romoli.

Terzo artista invitato alla mostra "itinerante" è PIETRO ZAZZETTA, nato nel 1934 - terzo, ma potrebbe essere il primo, al pari dei due colleghi, già presentati.
Diplomato all'Accademia di Belle Arti di Roma nel 1957, si trasferisce nel 1962 in Canada e partecipa attivamente ai circoli artistici e culturali di Toronto, affermandosi come esponente di spicco, non solo per la sua pittura, ma anche per la grafica e la scultura.

Tanto è vero che delle sue opere si sono occupati poeti e critici d'arte di fama internazionale, come John Goldfarb, mentre le sue numerose personali in Canada ne accrescono l'apprezzamento, sicché sue opere sono esposte nel Museo di Ottawa ed in quello di Arti Grafiche di New York.
Ma è forte il richiamo della terra natale e così ritorna in Italia nel 1982, forte delle acquisizioni e della notorietà conseguita.

La sua pittura certamente ha spiccati i caratteri surreali e metafici, ma è nello stesso tempo originale e personalissima.
Ha luce e nitore - che tradiscono le radici adriatiche e marinare della sua personalità - ed una forza " poetica" coinvolgente.
Che supera gli stravolgimenti della modernità, di un mondo che altrimenti ti trascinerebbe negli abissi inesplorati dell'esistere.

Ma tale è la forza della musica e dei musicisti - che siedono nei suoi quadri - e la quiete che ispirano, da darti la tregua ed il riposo, da consegnarti la speranza, anzi la certezza che una "fuga" è possibile, anzi è sicura e la caravella a vele spiegate è lì che ti attende, pronta per partire, con un orizzonte limpido e azzurro intravisto dal balcone, basta decidere di andare oltre, di continuare, come accade da sempre...
La mostra itinerante parte dalla città di Genk, e di seguito sarà a Bruxelles - per tutto il mese di giugno - poi si fermerà a Lussemburgo ed in altre sedi dell'Associazione Marchigiani in Francia, Svizzera, Olanda, Danimarca e Germania, dove si concluderà nel mese di dicembre 2009.

Buon viaggio allora e ad majora !

 

20/05/2009





        
  



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