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San Benedetto del Tronto | Il silenzio e il dolore della morte restano solo nel cuore di chi dovrà ricucire prima di tutto i brandelli della propria anima e della propria mente, mentre intorno le grancasse battono in grande stile per accaparrarsi tribune.

di Maria Teresa Rosini

Le ricerche dei superstiti alla casa dello stuente

E' rassicurante in questo incerto inizio di primavera ritrovare tutti gli elementi che tracciano una mappa della nostra appartenenza nazionale: c'è l'ennesimo terremoto, la corona suggestiva delle polemiche, le dietrologie inquietanti, i "si poteva", "è una vergogna", la "mafia", la "ricostruzione", le piazzate della politica, la censura.
Il silenzio e il dolore della morte restano solo nel cuore di chi dovrà ricucire prima di tutto i brandelli della propria anima e della propria mente, mentre intorno le grancasse battono in grande stile per accaparrarsi tribune.

Si vuole, si vuole con tutte le proprie forze credere che questa non sarà "la solita storia", che ci deve essere un limite alla decenza, che anche noi prima o poi diventeremo UNA NAZIONE, UN POPOLO, che ci verrà data finalmente una "patente europea" di credibilità. Che ci deve essere una strada diversa, "altra", tra il minimizzare per bieco ottimismo dei furbi, e il razionale cupo pessimismo delle consapevoli "cassandre".

Ma poi ci sono il sole e il caldo in arrivo, i pensieri infiammati da tanto sdegno diventano più vaghi, molli e cedevoli al "destino" la volontà e il coraggio. Riapriranno spiagge e discoteche estive e chiuderanno le scuole, arriveranno le ferie e sarà di nuovo la crisi economica la protagonista per chi non può fare a meno di tenerne conto.

Ci saranno le elezioni europee, il referendum, le amministrative e chissà quanto altro....
"Eppur non si muove".
Non si dissolve questo senso di estraneità alla storia. La storia che altrove sembra camminare più velocemente, tracciando trame più fitte e consistenti, riagganciando fili spezzati, creando unità di intenti.

La Casa dello studente dell'Aquila, che ha seppellito tanti giovani, sembra una metafora efficace della nazione: un edificio solido all'apparenza, abitato dalle speranze, dalle fatiche, dai sogni, dalle battaglie, dalla resistenza, dal futuro di molte persone perbene, ma corroso da una fragilità essenziale che ne mina le prospettive e di cui qualcuno prova a dire, mostrando i segnali inquietanti di un possibile disfacimento e restando inascoltato.

E' più rasserenante non vedere crepe, non udire scricchiolii sospetti, affidarsi alla benevolenza del destino, pensare positivo.
In fondo è anche di emergenze che questo paese è vissuto fino ad oggi: inutile elencarle ognuno le conosce. Anche catastrofi ed emergenze possono essere una "manna dal cielo" per chi il sapore del cielo non sa neppure cosa sia perché preferisce gli affari della terra, le contrattazioni e le vittorie personali, il sapore dei soldi, il qui e ora.

Non resta davvero che augurarsi un destino benevolo se costruire un futuro condiviso non sembra ancora essere l'interesse prevalente di questo paese.

18/04/2009





        
  



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