Allarme sulla liquidità delle imprese: gli studi di settore sono da rivedere
Ascoli Piceno | Questo è quanto dichiara il presidente della CNA di Ascoli Piceno Gino Sabatini.

Gino Sabatini, Presidente CNA Ascoli Piceno
Sono molto discussi e spesso odiati perché vissuti dagli artigiani non come uno strumento di indagine ma come un elemento coercitivo rispetto al calcolo delle imposte da pagare. Un approccio estremamente conflittuale, quello con gli Studi di Settore, determinato soprattutto dal fatto che ne è stato fatto un utilizzo a volte improprio anche da parte degli organismi ispettivi.
"E’ importante ricordare - sottolinea un comunicato inviato dalla CNA - che gli studi di settore sono un indicatore molto utile al fine di stabilire se, rispetto al cluster di appartenenza, l’azienda è più o meno in linea con i parametri. Ma l’attuale crisi rende poco credibili i parametri stessi e questo rende ancora più urgente e indispensabile una revisione globale degli Studi di Settore: a tal fine sono stati allertati gli Osservatori regionali che dovranno raccogliere i dati inviati dai commercialisti su appositi moduli che si possono scaricare dal sito della “Sose”. La Cna, dal canto suo, esorta gli imprenditori a inviare i propri dati tramite i propri commercialisti, in quanto più saranno gli elementi di valutazione e più sarà facile che le stime vengano riviste al ribasso".
Gino Sabatini, presidente della Cna di Ascoli Piceno lancia un accorato allarme: “Il fatto è che molti parametri di valutazione, con la crisi, sono stati modificati in modo sostanziale rendono gli Studi di Settore non reali e consoni al periodo che stiamo attraversando. Senza contare che a questo dobbiamo aggiungere che il vero problema sarà il pagamento degli oneri contributivi e delle imposte, essendo ormai chiaro che le imprese soffrono per la mancanza di liquidità anche riguardo alla gestione ordinaria”.
“Come associazione di categoria – prosegue il presidente Sabatini - non ci stancheremo di rinnovare un appello alle banche affinché non continuino con l’atteggiamento di chiusura, fin qui tenuto, rispetto alle concessioni del fido alle Pmi. Atteggiamento di chiusura che si somma a un deficit di liquidità determinato dai mancati incassi e dall’incertezza di una riscossione sicura. Un mix di problematiche che determina per le imprese gravissime difficoltà che possono degenerare fino a diventare irreversibili causando gravi squilibri, non solo a livello di singoli, ma a tutto il tessuto sociale”.
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27/02/2009
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Betto Liberati