Festa del 2 giugno. Intervista al Prof. Dott. Piero Alberto Capotosti
San Benedetto del Tronto | Sanbenedettese DOC. Ex Presidente della Corte Costituzionale. Titolare della cattedra di Giustizia Costituzionale presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Roma La Sapienza.
di Carmine Rozzi

Piero Alberto Capotosti
Certamente. Direi che le garanzie previste dalla carta costituzionale del 1948 si sono progressivamente allargate a favore dei cittadini. In quegli anni i bisogni ai quali lo Stato faceva fronte erano più ridotti rispetto a quelli attuali. Si pensi al problema dell'ambiente. E' una necessità di diritto relativamente recente. Nell'immediato dopoguerra i diritti prioritari erano, tra gli altri, quelli relativi alla sopravvivenza o ad alimentarsi. Adesso ci sono bisogni più sofisticati ma non meno fondamentali come ad esempio quello alla privacy che continuano a trovare le loro radici e la loro fonte nella carta costituzionale.
Privacy e mass media. Confini ancora da definire?
E' chiaro che i mass media penetrano negli aspetti più riservati della vita umana. Allo stesso tempo essi assolvono alla funzione di tutela e cura dell'informazione. Il diritto ad essere correttamente informato rientra nella casistica di quelli considerati di nuova generazione. Le nuove tecnologie ed il bisogno di soddisfare una platea sempre più vasta può provocare dei danni se l'informazione non è corretta. Si pensi che la Corte Costituzionale in una sentenza il diritto all'informazione è il presupposto dello Stato Democratico.
Guardando alll'Italia di oggi le facce dei padri della Costituzione che non sono più tra noi le appaiono dubbiose, soddisfatte o deluse?
Probabilmente corrucciate. In certi casi dobbiamo ammettere che le intenzioni dei nostri costituenti si sono rovesciate. In certe parti la Carta si è sviluppata in senso positivo per il cittadino in altre, purtroppo, in quello negativo. Proprio perché è un testo che ha diverse potenzialità di sviluppo. Il tutto dipende un po' dalle interpretazioni che le diverse forze politiche e sociali hanno effettuate negli ultimi sessant'anni.
Dal punto di vista istituzionale siamo così "dormiglioni" come a volte ci rimproverano di essere altre nazioni europee quali Francia o Inghilterra?
Non direi proprio. Il problema è che noi abbiamo delle specificità e peculiarità di popolo che sono diverse da quelle inglesi o francesi che hanno dalla loro una lunga tradizione nazionale. Si pensi che quando l'Italia, a partire dal milleottocentosessant'uno, è diventata una nazione tanto per fare un'esempio l'Inghilterra aveva già millenni sulle spalle che hanno prodotto una coesione e una fusione di popolo e di società civile molto più ampia di quella italiana. Questo ritardo, se così vogliamo chiamarlo, influisce su alcuni aspetti negativi della società. In ogni caso non penso si debbano dare giudizi di valore negativo perché i nostri modelli di sviluppo sono necessariamente diversi da alcuni altri ma non peggiori.
Un ricordo di quel dott. Roberto Ruffilli, suo amico e collaboratore di saggi, ucciso diciannove anni fa dalle Brigate Rosse?
Il giorno prima che venisse ucciso lo avevo invitato a cena da me pregandolo di non tornare a Forlì. Lui si scusò dicendo di voler tornare a casa per riposarsi nel weekend ripromettendosi di visitarmi al più presto. La telefonata dello stesso pomeriggio mi lasciò molto scosso. Era una persona di grandissima umanità e vasta cultura. Mai avrebbe pensato di fare una fine del genere. Avrebbe sicuramente detto: "Ma io cosa conto nella vita politica del paese?". Si riteneva un normale professore e non una figura così importante quale invece era nell'apparato istituzionale.
Da figlio del piceno come vede la spartizione della provincia tra Ascoli e Fermo?
Questo è un punto dolente. Mi sono occupato di questo problema in quanto consulente della Regione Marche fin dagli anni settanta quando già si pensava di istituire a Fermo un circondario che, in un certo senso, anticipava la futura provincia. Ci sono sempre state al riguardo delle lotte intestine. La proliferazione delle province, anche se in qualche modo favorita da una pronuncia della Corte Costituzionale, crea innanzitutto un aumento dei costi pubblici. Dall'altro lato è fonte di spezzettamenti, intrecci e conflitti di competenze per cui non sono affatto favorevole allo smembramento delle province.
Presidente, da sanbenedettese DOC, dove sta andando questa città dal punto di vista sociale, economico ed altro?
Innanzitutto è una grande città. Piena d'inventiva ed amore per il rischio, quello economico ma in senso del tutto positivo. Non dimentichiamo che all'inizio del novecento era un piccolo paese ed ha avuto un grande sviluppo grazie all'elevato spirito di sacrificio e di intraprendenza dei suoi abitanti. Ho un giudizio altamente positivo della mia città perché la vedo destinata ad uno sviluppo futuro ancora più accentuato. Tutto questo può provocare qualche disagio nella società ma è un costo che va pagato in nome del progresso.
PROFILO
Prof.Dott Piero Alberto Capotosti:
Nato a San Benedetto del Tronto, siede alla Consulta dal 1996: venne nominato dall'allora capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro, quando era vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura. Avvocato di diritto amministrativo e componente dell'Associazione italiana dei costituzionalisti, Capotosti ha fatto parte di numerose commissioni ministeriali di studio sulla riforma dell'ordinamento giudiziario, sulla disciplina dei rapporti tra Stato e Regioni, sull'ordinamento della presidenza del Consiglio dei ministri, sulla modernizzazione delle istituzioni e sui procedimenti per la delegificazione.
E' autore di numerosi saggi e monografie sull'organizzazione costituzionale dello Stato e della forma di governo, sulla giustizia costituzionale e sulla disciplina della libertà di informazione; tra i suoi libri, "Il cittadino come arbitro" scritto con Roberto Ruffilli, ucciso dalle Brigate Rosse. E' stato anche uno dei consiglieri di diritto costituzionale più ascoltati all'interno della Dc prima e del Ppi poi. A Palazzo dei marescialli Capotosti era approdato due anni prima, eletto dal Parlamento su indicazione dei Popolari.
Al vertice dell'organo di autogoverno dei giudici fu nominato a maggioranza, alla terza votazione, e alla fine di un testa a testa con l'avvocato Carlo Federico Grosso, allora laico dei Ds. E' titolare della cattedra di GIUSTIZIA COSTITUZIONALE presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Roma La Sapienza.
(Tratto da "La Repubblica" 10 marzo 2005)
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01/06/2007
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